Gli scrittori della porta accanto

#nongiustificaremai: ritratto d'artista

#nongiustificaremai: ritratto d'artista

Di Stefania Bergo. #nongiustificaremai: donne che si sono distinte nella letteratura e nell'arte, spesso con vite travagliate, che hanno fatto della personale drammaticità l'essenza della loro ispirazione. 

Terzo editoriale dedicato alla nostra modesta campagna contro la violenza sulle donne, rivolta in particolar modo a quelle fidanzate/mogli incapaci di ribellarsi al convivente, a volte per paura, a volte per quello specialissimo modo che abbiamo noi donne di giustificare anche gli atti più primitivi di sopruso, concedendo il beneficio del dubbio e soprattutto una seconda occasione. A tutte queste donne un grande abbraccio pieno di energia positiva e un consiglio: non giustificare mai!.
Questo terzo editoriale è dedicato alle donne che si sono distinte nella letteratura e nell'arte in genere. Donne con vite travagliate che hanno fatto della drammaticità l'essenza della loro ispirazione o che hanno preso posizione a favore di un'emancipazione e una ricerca della libertà tipiche dell'animo dell'artista. Donne coraggiose che hanno influenzato intere epoche, in grado di lasciare profonde impronte non solo in campo artistico ma anche e soprattutto sociale.
Qui solo alcune di loro, senza nulla togliere a quelle che non sono state menzionate solo per questione di spazio. Lasciamo la parola a voi lettori, per ricordarci, attraverso i vostri commenti, tutte le donne che abbiamo dimenticato...

Le donne nella letteratura


SIBILLA ALERAMO

Pseudonimo di Marta Felicina Faccio detta Rina, scrittrice e poetessa italiana.
Alessandria, 14 agosto 1876 | Roma, 13 gennaio 1960

A quindici anni, Rina fu violentata da un impiegato della fabbrica: rimase incinta ma perdette il bambino, e tuttavia nel 1893 fu costretta dalla famiglia a un matrimonio riparatore. Prigioniera in una convivenza squallida con un marito non stimato, il suo impegno femminista non si limitò alla scrittura ma si concretizzò nel tentativo di costituire sezioni del movimento delle donne e nella partecipazione a manifestazioni per il diritto di voto e per la lotta contro la prostituzione.
UNA DONNA. È un romanzo, composto tra il 1901 e il 1904, che ebbe immediata fortuna soprattutto per il tema affrontato. Si tratta infatti di uno dei primi libri femministi apparsi in Italia.
Il romanzo è chiaramente autobiografico ed in esso la protagonista narra in prima persona la sua vita, partendo dagli anni della fanciullezza fino alla maturità, facendone una spietata autoanalisi in forma letteraria, descrivendo la dolorosa decisione di lasciare il marito e il figlio per ritrovare se stessa e realizzare la propria vita. Sta tutto qui lo scandalo di un libro imbarazzante e provocatorio per l'epoca, diventato negli anni per alcuni testimonianza anzitempo del percorso di liberazione indicato dalle femministe negli anni '70, per altri soltanto l'asserzione di un percorso sofferto e crudele di emancipazione personale: l'irriducibile dicotomia tra la maternità vissuta pienamente e la decisione di abbandonare il figlio per bisogno di autodeterminazione, di liberazione dal dover essere.

DACIA MARAINI

Scrittrice, poetessa,saggista, drammaturga e sceneggiatrice italiana.
Fiesole, 13 novembre 1936

Dacia Maraini trascorse l'infanzia in Giappone dove la famiglia si stabilì. Lì, dal 1943 al 1946, fu internata in un campo di concentramento giapponese, dove patì fame estrema. Si è occupata molto anche di teatro; nel 1973 ha fondato a Roma il Teatro della Maddalena, gestito e diretto soltanto da donne. I grandi temi sociali, la vita delle donne e la violenza su di esse, i problemi dell'infanzia sono al centro delle sue opere.
L'AMORE RUBATO. Sono tutte qui le donne raccontate da Dacia Maraini, in questo piccolo libro importante. Sono qui a mostrarci qualcosa di intimo, qualcosa di necessario e doloroso. Le donne di Dacia sono forti, hanno lottato, a volte hanno perso ma non si sono mai arrese. Le protagoniste de L'amore rubato combattono una battaglia antica e sempre attuale, contro gli uomini amati che sempre più spesso si dimostrano incapaci di ricambiarle, di confrontarsi con il rifiuto, il desiderio. Davanti a queste donne, mariti, amanti, compagni si rivelano ragazzini che stentano a crescere e confondono la passione con il possesso e, per questo, l'amore lo rubano: alle bambine che non sanno, alle donne che si donano troppo.

VIRGINIA WOOLF

Scrittrice, saggista e attivista britannica.
Londra, 25 gennaio 1882 | Rodmell, 28 marzo 1941

Considerata come una delle principali figure della letteratura del XX secolo, attivamente impegnata nella lotta per la parità di diritti tra i due sessi. Nel racconto autobiografico Momenti di essere e altri racconti riportò che lei e la sorella subirono abusi sessuali da parte dei fratellastri. Questo ha sicuramente influito sui frequenti esaurimenti nervosi, sulle crisi depressive e sui forti sbalzi d'umore che hanno caratterizzato la vita della scrittrice e che la portarono, dopo diversi tentativi, al suicidio.
LE TRE GHINEE. Le tre ghinee (Three Guineas) è un lungo saggio scritto da Virginia Woolf, pubblicato nel giugno 1938, quando in Europa si annunciava una nuova, grande guerra. L'autrice lo scrisse immaginando che un'associazione pacifista maschile le avesse chiesto un contributo per finanziare iniziative che scongiurassero le minacce di guerra.
Possedendo tre ghinee, la Woolf decide di ripartirle in tre opere di beneficenza che potrebbero ottenere il risultato di prevenire la guerra. Una ghinea andrà a un college femminile povero di mezzi, a condizione che vi si insegnino "la medicina, la matematica, la musica, la pittura, la letteratura". La seconda ghinea andrà a un'associazione che favorisca l'ingresso delle donne alle libere professioni, purché non siano professioni gestite o influenzate direttamente da uomini. La terza ghinea andrà all'associazione pacifista maschile.
«Sarebbe però opportuno che esistesse anche un'associazione femminile pacifista: la si potrebbe chiamare la Società delle Estranee e non avrà alcuna sede, alcun comitato, alcuna segreteria; non convocherà riunioni, non organizzerà convegni. Non vi si terranno cerimonie e non si presteranno giuramenti, e il primo dovere delle aderenti sarà quello di non combattere mai con le armi e di rifiutarsi, in caso di guerra, di fabbricare armi e di prestarsi a fare le infermiere, come accadde nella guerra precedente. Si tratta di mantenere un atteggiamento di totale indifferenza»

ALDA MERINI

Poetessa, aforista e scrittrice italiana.
Milano, 21 marzo 1931 | Milano, 1º novembre 2009

Considerata una delle maggiori poetesse del novecento la sua vita e la sua produzione letteraria sono segnate dalle esperienze del disagio fisico ed economico, oltre che dalla follia. Attiva in campo letterario fin dall'età di 15 anni, conosce ben presto quelle che definirà "prime ombre della sua mente" venendo internata in un'ospedale psichiatrico per un mese.
«Non capisco proprio il femminismo. La donna che vuole diventare uomo sovverte tutta la cultura passata. La donna deve essere se stessa. [...] mai mi sognerei di annoverare l’aborto tra i diritti. Semmai posso arrivare ad accettare che sia una dolorosa necessità in casi davvero estremi. [...] Il vero diritto di una donna è quello alla maternità.»
A TUTTE LE DONNE
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra.

SIMONE DE BEAUVOIR

Scrittrice, saggista, filosofa, insegnante e femminista francese.
Parigi, 9 gennaio 1908 | Parigi, 14 aprile 1986

Dopo il suo viaggio negli Stati Uniti, pubblica Il secondo sesso, un saggio fondamentale che da un lato fa il punto sulle conoscenze biologiche, psicoanalitiche, storiche, antropologiche esistenti sulla donna, e dall'altro apre la strada a quella discussione radicale sulla condizione femminile che avrebbe caratterizzato i decenni successivi. È considerata la madre del movimento femminista, nato in occasione della contestazione studentesca del maggio 1968, che seguirà con partecipazione e simpatia. Gli anni settanta la vedono fervidamente in prima linea in varie cause: la dissidenza sovietica, il conflitto arabo-israeliano, l'aborto, il Cile, la donna.
MEMORIE DI UNA RAGAZZA PERBENE. È un'autobiografia. L’ultima parte del libro è probabilmente la più appassionante. Simone contro ogni convenzione non pensa al matrimonio, continua a dedicarsi allo studio iscrivendosi alla Sorbona. Qui entra in contatto con il fermento culturale e anticonformista del mondo degli intellettuali francesi. Conosce e studia, tra gli altri, con Sartre. Nel filosofo la donna troverà il compagno perfetto, quasi un alter-ego grazie al quale rimettere in discussione una certa superbia e con cui poter condividere pensieri e passioni senza dover scendere a patti con la propria femminilità. La libertà intellettuale e l’intensa cultura da lei conquistate sono diventate un esempio contro le discriminazioni e il femminismo più arido. La de Beauvoir credeva fortemente nella possibilità per le donne di raggiungere gli stessi risultati degli uomini e nell’importanza di un loro ruolo sociale al di là del matrimonio.

ORIANA FALLACI

Scrittrice, giornalista e attivista italiana.
Firenze, 29 giugno 1929 | Firenze, 15 settembre 2006

Partecipò giovanissima alla Resistenza italiana e fu la prima donna in Italia ad andare al fronte in qualità di inviata speciale. Durante gli ultimi anni di vita fecero discutere le sue dure prese di posizione contro l'Islam, in seguito agli attentati dell'11 settembre 2001 a New York, città dove viveva. Come scrittrice, con i suoi dodici libri ha venduto venti milioni di copie in tutto il mondo.
IL SESSO INUTILE. Non fu semplice, per una donna combattiva e indipendente come la Fallaci, proiettarsi psicologicamente in una ricerca simile. Nella prefazione al libro, scriveva infatti: «Per quanto mi è possibile, evito sempre di scrivere sulle donne e sui problemi che riguardano le donne. Non so perché, la cosa mi mette a disagio, mi appare ridicola. Le donne non sono una fauna speciale e non capisco per quale ragione esse debbano costituire, specialmente sui giornali, un argomento a parte: come lo sport, la politica e il bollettino meteorologico».
Ma se in alcune parti del mondo quello femminile era considerato un sesso di second’ordine, magari addirittura inutile, valeva forse la pena di indagare… Da Karachi a New York, passando per India, Indonesia, Hong Kong e Giappone: dopo circa cinquantamila chilometri di viaggio in compagnia del fotografo Duilio Pallottelli, Oriana è tornata con un rapporto originale, imprevedibile e divertente, che apparve in parte sulle colonne dell’«Europeo». E il risultato si spinge al di là delle più cupe aspettative: la donna, in decine di Paesi nel mondo, altro non è che un complemento dell’uomo e della casa, un oggetto senza dignità, senza diritti, e soprattutto senza pretese.
Il suo reportage intorno alla donna non ha nulla del saggio etnologico o folkloristico: è un sorprendente racconto, reso irresistibile dalla sua verve giornalistica, di persone, tradizioni e cose.
Donne d’ogni pelle e sorriso narrano la loro condizione senza remore e ipocrisie, mescolando quel candore e quel tocco di malizia che rendono Il sesso inutile un documento straordinario.

ANNA BANTI

Pseudonimo di Lucia Lopresti, è stata una scrittrice e traduttrice italiana.
Firenze, 27 giugno 1895 | Ronchi di Massa, 2 settembre 1985

Ha scritto storie complesse a sfondo principalmente psicologico in cui parla della condizione delle donne nella società del tempo, analizzando, attraverso la convergenza di punti di vista diversi, personaggi femminili colti con grande acutezza nei loro momenti di crisi morale ed esistenziale.
Uno dei suoi libri più famosi è Artemisia dove narra dell'artista in lotta con i pregiudizi del suo tempo, sostenendo il diritto al lavoro congeniale e a una parità di spirito fra i due sessi.
ARTEMISIA. È il suo romanzo più famoso e sofferto - dovette riscriverlo due volte, avendo perduto la prima stesura in un bombardamento del 1944 a Firenze - e rievoca la vita della pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi, "donna eccezionale, né sposa né fanciulla", narrando una vocazione artistica di donna in lotta con i pregiudizi del suo tempo, "una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale e a una parità di spirito fra i due sessi". Una vita in cerca dell'affermazione di sé e del riconoscimento della propria abilità al di là dell'esser donna. Dal romanzo la Banti trasse l'opera teatrale La Corte Savella(1960).
La Banti ci fa incontrare Artemisia all’età di dieci anni, quando giuoca con la sua amica Cecilia Nari (figura di riferimento che rappresenterà sempre la innocenza e la purezza), paralitica e costretta a vivere reclusa nel suo palazzo, alla quale racconta anche di quando il padre dipinge, meravigliandola con le sue storie mezzo vere e mezzo fantastiche. L’autrice ci racconta ricordando del manoscritto su Artemisia perso negli anni della guerra (“Se penso alle pagine distrutte”). Il passato rappresentato dalla vicenda vissuta dal personaggio storico di Artemisia si mescola, dunque, al presente del dopoguerra. Si può dire che sia proprio il ricordo del manoscritto perduto il motore della storia.

Le donne nell'arte.


LEONOR FINI

Scrittrice, pittrice, scenografa e illustratrice italiana.
Trieste, 1907 | Parigi, 1996

Trovo giusto che le donne siano indipendenti e non sottomesse. Ma vedo anche in questo campo una grandissima confusione. Detesto il termine uguaglianza, perché non esiste. Le donne non sono uguali. Spesso, trovo che nel voler essere uguali agli uomini diventano molto modeste. Non fanno che rendere omaggio ai maschi. Le donne dovrebbero avere la fierezza di inventare altre glorie, altri onori, rimanendo, così, sovrane.
Artista poliedrica ed anticonformista, Leonor Fini ha basato la sua carriera di scrittrice, pittrice, scenografa e illustratrice sull’unicità del suo sentire, lontano da qualsiasi corrente a lei contemporanea. Vicina ad alcuni aspetti del surrealismo, non ha mai accettato di essere incanalata in un gruppo ben definito, poiché le sue molteplici forme di espressione assumevano un valore inestimabile proprio perché impregnate dell’io di questa artiste fuori dagli schemi. Affine ad una cultura del differenzialismo, per cui le donne sono esseri speciali per il loro sentire femminile, il suo mondo onirico è popolato da sfingi, creature metamorfiche, appartenenti ad un mondo altro, inaccessibile, se non da chi ha una sensibilità fuori dal comune, quasi soprannaturale. La femminilità, la sinuosità del corpo della donna, spesso in atto di trasmigrarsi nella misteriosa corporalità dei felini è onnipresente nelle sue raffigurazioni, spesso autobiografiche.
La vita, per Leonor, è un palcoscenico, dove ciò che si vede, non sempre corrisponde a ciò che è: amava mascherarsi, travestirsi, mostrarsi nella sua bellezza, per confondere, svelare e mistificare la sua più profonda esistenza.

FRIDA KAHLO

Pittrice messicana.
Coyoacán, 6 luglio 1907 | Coyoacán, 13 luglio 1954

Affetta da spina bifida, che i genitori e le persone intorno a lei scambiarono per poliomielite (ne era affetta anche sua sorella minore), fin dall'adolescenza manifestò una personalità molto forte, unita a un singolare talento artistico e uno spirito indipendente e passionale, riluttante verso ogni convenzione sociale. Studiò inizialmente al Colegio Alemán, una scuola tedesca, e nel 1922, aspirando a diventare medico, s'iscrisse alla Escuela Nacional preparatoria. Qui si lega ai Cachuchas, un gruppo di studenti con un berretto come segno distintivo, sostenitori del socialismo nazionale, e inizia a dipingere per divertimento i ritratti dei compagni di studio.
Un evento terribile, il 17 settembre 1925 all'età di 18 anni, cambiò drasticamente la sua vita e la rinchiuse in una profonda solitudine. All'uscita di scuola salì su un autobus per tornare a casa e pochi minuti dopo rimase vittima dell'incidente causato dall'autobus su cui viaggiava e un tram. L'autobus finì schiacciato contro un muro. Le conseguenze dell'incidente furono gravissime per Frida. Nel corso della sua vita dovrà subire ben 32 operazioni chirurgiche. Dimessa dall'ospedale, fu costretta ad anni di riposo nel letto di casa, col busto ingessato. Questa situazione la spinse a leggere libri sul movimento comunista e a dipingere. Il suo primo soggetto fu un autoritratto che donò al ragazzo di cui era innamorata. Da ciò la scelta dei genitori di regalarle un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto, in modo che potesse vedersi, e dei colori. Iniziò così la serie di autoritratti.

ARTEMISIA GENTILESCHI

Pittrice italiana vissuta durante la prima metà del XVII secolo.
Roma, 8 luglio 1593 | Napoli, 1653

Negli anni settanta del secolo scorso, Artemisia, a partire dalla notorietà assunta dal processo per stupro da essa intentato, diventò un simbolo del femminismo internazionale, con numerose associazioni e circoli ad essa intitolate.
Contribuirono all'affermazione di tale immagine la sua figura di donna impegnata a perseguire la propria indipendenza e la propria affermazione artistica contro le molteplici difficoltà e pregiudizi incontrati nella sua vita travagliata.
Per la critica, è stato impossibile non associare la tela Susanna e i vecchioni al complesso rapporto di Artemisia con il padre e con Agostino Tassi, il pittore che nel maggio 1611 la stuprò. Durante il processo, Tassi affermò che Artemisia si era spesso lamentata con lui della morbosità del padre, svelandogli che egli la trattava come fosse sua moglie. Artemisia accettò di deporre le accuse sotto tortura, consistita nello schiacciamento dei pollici con uno strumento usato ampiamente all'epoca.
Gli atti del processo (conclusosi con una lieve condanna del Tassi) hanno avuto grande influenza sulla lettura in chiave femminista delle sue opere, la forza espressiva che il suo linguaggio pittorico assume quando i soggetti rappresentati sono le famose eroine bibliche, che pare vogliano manifestare la ribellione alla condizione in cui le condanna il loro sesso.

DOROTHEA LANGE

Fotografa documentaria statunitense.
Hoboken, 26 maggio 1895 | San Francisco, 11 ottobre 1965

A soli 7 anni, fu colpita dalla poliomielite, che le causò un deficit permanente alla gamba destra. Reagì al suo handicap con estrema determinazione, studiando fotografia a New York con Clarence White e collaborando con diversi studi. Tra il 1935 e il 1939, fece un gran numero reportage, sempre sulla condizione di immigrati, braccianti e operai. Alcuni scatti di Dorothea Lange, diventarono molto famosi. Su tutte, Migrant mother fu probabilmente quella che tutt'oggi viene considerata un'icona della storia della fotografia: il soggetto è Florence Owens Thompson, una donna di 32 anni, madre di sette figli, immortalata nei pressi di un campo di piselli in California (il titolo originale, infatti, è Destitute Pea Picker).


FRANCA RAME

Attrice teatrale e drammaturga italiana.
Parabiago, 18 luglio 1929 | Milano, 29 maggio 2013

A recitare cominciò sin da bambina negli spettacoli dei genitori. Poi a partire dagli anni Cinquanta il debutto sui palcoscenici ufficiali milanesi per spettacoli tradizionali, con Tino Scotti e Marcello Marchesi prima, poi con la Compagnia Dario Fo Franca Rame.
Brillante, ironica arguta, oltre che molto bella, con quel senso per i tempi del teatro, la capacità di stare in scena recitando un testo e quella di improvvisare. Poi gli anni dell’impegno politico vissuto sempre attraverso il teatro perché era quello che sapeva fare e quello era il suo modo di esprimersi.
Era il 9 marzo 1973, quando a Milano Franca Rame venne rapita da cinque uomini, fatta salire a forza su un camioncino, stuprata per ore. Le spaccarono gli occhiali, la tagliarono con una lametta, la bruciarono con le sigarette. Un piano nato negli ambienti di estrema destra, per colpire «la compagna di Dario Fo», che collaborava con Soccorso Rosso nelle carceri, che si era esposta sul caso Pinelli. Per quello stupro - secondo alcuni esponenti neofascisti, che parlarono al giudice istruttore Guido Salvini, ispirato da alcuni ufficiali dei carabinieri - non c'è mai stata nessuna condanna: a 25 anni dal fatto, solo la prescrizione. La beffa. Ma Franca Rame non ha mai smesso di difendere le donne violentate, di denunciare lo schifo di chi ruba qualcosa che non si può vedere: la dignità.
Nel 1975 ricorre a un'«analisi teatrale»: non sul lettino dello psichiatra, ma su un palco, per raccontare in un monologo (Lo stupro) quelle ore terribili. È l'unico modo per esorcizzare quello che le è successo, finirà nello spettacolo Tutta casa, letto e chiesa, e le parole sono dure, precise, chirurgiche: chi le ascolta non può non vergognarsi.
- da Vanityfair

KETTY LA ROCCA

Artista italiana.
La Spezia, 14 luglio 1938 | Firenze, 7 febbraio 1976

Ketty La Rocca è un’artista fiorentina che ha militato per alcuni anni con i più noti Eugenio Miccini e Luciano Ori nel Gruppo ’70, nato agli albori del Sessantotto, periodo di cui condivideva la rivolta e l’intento ribelle.
Inizio' come poetessa e aggiunse immagini quando le parole non bastavano, lavorando nell’ambito della “poesia visiva”, analizzando lo stereotipo femminile offerto dai media e dalla pubblicità. La sua è un’interpretazione ironica ma allo stesso tempo tagliente, l’artista si concentra sulle parole e su i segni, realizzando una sorta di collage. La poesia visiva, nasce da tutte quelle sperimentazioni artistiche e letterarie compiute nel clima della Neoavanguardia, a partire dall’inizio degli anni sessanta.
Attenta alla condizione della donna, ha iniziato la sua opera con dei collages che denunciavano lo sfruttamento dell’immagine femminile da parte dei messaggi pubblicitari, in cui la donna appariva come essere perfetto, ma ingabbiato nel suo ruolo di moglie e madre. Artista impegnata anche nell’affrontare le tematiche del periodo, quali il conflitto tra Vietnam e Stati Uniti, il dibattito sul divorzio, sull’aborto sui lati negativi di un consumismo che pareva avanzare troppo in fretta, ha mostrato incomprensione nei confronti di una società con cieca fiducia verso il futuro ed il progresso illimitato.
La seconda parte della sua vita è stata scandita dalla terribile scoperta di essere afflitta da una forma non curabile di tumore al cervello: in questa fase Ketty La Rocca ha deciso di universalizzare l’intimità del dolore e la sofferenza per la fine imminente, lavorando sulle sue proprie craniografie, modificandole con sovrapponi menti di immagini e scritte. Pugni chiusi, simbolo di lotta, mani intrecciate, parole ripetute all’infinito si mescolavano alle immagini mediche ed oggettive del progredire della malattia, infliggendo un duro colpo ed esorcizzando anche il tabù della decadenza fisica.
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Con la collaborazione di: Ilaria Gabrieli | Ornella Nalon | Gianna Gambini


Stefania Bergo


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