Gli scrittori della porta accanto

Anteprima | 0111 Oreste Brondo racconta "I gatti negli armadi"



cartaceo 12,75€ 
La banda del book
Ibs
ebook 3,99€
Bookrepublic
data di pubblicazione 30/06/2015 

I GATTI NEGLI ARMADI 
di Oreste Brondo 
0111Edizioni 
Fantastico
ISBN 9788863079050 


Una bella favola per adulti.
Il Cavalier Baggiani è il datore di lavoro della maggior parte degli abitanti di Bagnamare ed è anche proprietario della maggior parte delle abitazioni, sicché i bagnamaresi sono in buona parte allo stesso tempo suoi dipendenti e suoi affittuari. Un giorno il cavaliere aumenta gli affitti del 30%. Per molte delle famiglie si profila la
rovina. A partire da questo evento ha inizio una ribellione pacifica ma inesorabile, che comincia con una serie di visite misteriose da parte di gatti dotati di parola che convincono gli inquilini a lasciare gli appartamenti. Intere famiglie si trasferiscono con il loro armadio nell'isola ecologica dove nasce un villaggio dalle strane regole, la cui vita sembra guidata dal buon senso, ma anche da qualcosa di magico.



Raccontaci qualcosa di te: chi è Oreste Brondo nella vita di tutti i giorni?
Sono un insegnante di scuola primaria felice di fare questo lavoro. Ho due bambini, Maia di sette anni e Davide di due, e anche di questo sono felice. Diciamo che penso di possedere un nucleo di felicità, fino ad ora abbastanza solido, da permettermi di affrontare serenamente le difficoltà che la vita presenta e condividere quelle degli altri in modo il più possibile generoso.
Anche mia moglie Pina è un’insegnante della primaria. Condivido con lei, insieme ad una rete composta da altri educatori, insegnanti e genitori, l’idea che la scuola sia una delle grandi opportunità, fino ad ora in buona parte sprecate, di riscatto e di miglioramento della società.
Mi occupo di formazione degli insegnanti, in particolare di didattica della scienza e della matematica, e costruisco giocattoli; ma soprattutto: mi piace avere a che fare con i bambini e con i ragazzi, lavorare con loro, sentire le loro idee e fare cose insieme a loro.
Una delle mie grandi fortune, inoltre, è che faccio un lavoro che mi permette di trascorrere un tempo abbastanza lungo con la mia famiglia. Abbiamo una libreria notevole di letteratura per bambini: leggiamo storie, gironzoliamo per le campagne Umbre, andiamo in giro per l’Italia a trovare amici, costruiamo giocattoli e facciamo pasticci nel laboratorio giù in garage.

Questo è il primo romanzo che pubblichi?
Sì, è il primo romanzo. Prima di adesso avevo pubblicato due libri di storie per ragazzi diffuse come allegati di libri per le vacanze e poi una lunga sequela di eserciziari di matematica e scienze per la primaria e per le medie.

Veniamo al libro “I gatti negli armadi”. Com’è nata l’idea?
E’ nato da una difficoltà: mi trovavo senza soldi e non riuscivo a sostenere senza grandi privazioni, grandi per me si intende, l’affitto di un normale appartamento.
E’ nato anche da un immagine: due uomini seduti ad un tavolo in un’isola ecologica dove erano raccolte mobilie abbandonate, che giocavano a carte con una birra poggiata sul tavolo. Sembrava che quella fosse la loro serena residenza fissa e ho immaginato che a sera si ritirassero a dormire in uno dei mobili abbandonati in quel luogo.
E’ nato, inoltre, dalla visione di un film, Miracolo a Milano di Vittorio de Sica, che racconta di come un gruppo di diseredati, che vivono in un villaggio di catapecchie in una Milano in via di disumanizzazione, riescono a tenere testa ad un esercito.
Queste sono le suggestioni principali che combinandosi insieme mi hanno portato ad immaginare questa storia.

Ci racconti di che cosa parla? A quale genere appartiene?
La storia parla di un Imprenditore piuttosto potente, il Cavalier Baggiani, che possiede, letteralmente, un intero e popoloso quartiere. La maggior parte della gente che vive in questo quartiere è sua affittuaria e lavora nelle sue fabbriche, nelle sue ricevitorie e nei suoi negozi.
Ad un tratto, per congiunture economiche non ben precisate, il Cavaliere aumenta gli affitti del 30%. Ciò che ne consegue è che la maggior parte degli abitanti di Bagnamare, così si chiama questo quartiere, va in bancarotta.
E’ la disperazione. Ma da questa disperazione sorge un focolaio di resistenza.
Le famiglie colpite da questa contingenza cominciano a ricevere visite dagli armadi. Si tratta di gatti, gatti che parlano e in modo assai convincente, e che suggeriscono agli afflitti capifamiglia di trasferirsi a vivere con i loro armadi nell’isola ecologica del quartiere.
La storia racconta i ripetuti tentativi dell’imprenditore di riprendere possesso delle esistenze dei suoi ex inquilini che per altro si vanno via via licenziando dai posti lavoro.
Ci prova con le maniere buone, con la polizia, con un famoso degattizzatore, con la mafia e infine con l’esercito, ma ogni tentativo si infrange contro qualcosa di irresistibilmente ironico, magico e sfuggente che alla fine prende il sopravvento.
Lo definirei un racconto fantastico.
Ci sta un re dei gatti che è un essere umano ma anche un felino, ci sono le porte degli armadi che sono ingressi in un mondo che gli ex abitanti di Bagnamare stanno cercando di edificare su nuove regole, possibilmente migliori.
Indubbiamente si tratta di un racconto fantastico.

Qual è il target a cui ti rivolgi? Che tipo di lettori ambisci a conquistare? Si tratta dei bambini con i quali lavori oppure loro in questo caso non c’entrano?
In realtà i bambini, i miei ex alunni di quinta di Napoli, sono quelli che principalmente mi hanno dato una mano a dare forma alla storia ascoltandola. Gliela narravo a puntate, via via che la costruivo. Ma la scrittura non è una scrittura per bambini; è un pò troppo elaborata, barocca direi. E’ una storia nata tra i bambini e destinata agli adulti e forse agli adolescenti che hanno voglia di leggere.

Quanto ti ha coinvolto intimamente la stesura di questo romanzo? C’è qualcosa di autobiografico?
Nella messa a punto del personaggio principale, il Cavalier Baggiani, forse l’unico vero personaggio del racconto, mi sono ispirato al direttore generale della fabbrica dove ho lavorato per dieci anni a Carini, in provincia di Palermo, a pochi chilometri dal tratto di autostrada dove la mafia ha fatto saltare in aria il giudice Falcone e la gente che stava con lui.
Il suo modo di guardare e pensare il mondo come qualcosa che si muove ai suoi piedi, la sua calcolata benevolenza, la sua educazione e raffinatezza manierate, che alla fine rivelano nascondere un’umanità deforme e dolente, sono ispirate a quell’uomo e a buona parte dei suoi collaboratori, che in un modo o in un altro si presentavano come dei cloni mal riusciti del grande maestro.
A influenzarmi c’è anche un senso di insopportazione rispetto ad alcuni vincoli ai quali buona parte degli uomini sono costretti e che ha animato la scrittura.
Lavorare la maggior parte del proprio tempo per pagarsi una casa ed un’automobile che ti serve per andare a lavoro e poi vedere una parte enorme, enorme per chi come noi vive da stipendiati, di ciò che guadagna andare via in tasse di circolazione, assicurazioni, ritenute, interessi bancari e poi ancora: vedere svanire tanti piccoli sogni di felicità da condividere con i propri figli con i propri amici e infine: vedere quanto questa felicità sia effimera, in balia di forze superiori che possono decretare il nostro sprofondare improvviso nella miseria più nera (penso alla Grecia e non solo). Questo lo trovo orribile e profondamente ingiusto, qualcosa rispetto alla quale si deve reagire e non bisogna rassegnarsi.
Un ultima cosa da aggiungere. C’è un personaggio del romanzo che in qualche modo mi somiglia, il signor De Nittis. Sono io nel periodo in cui lavoravo in fabbrica. Un impiegato di officina che partecipava a corsi di astronomia, che si abbandonava appassionatamente a ricerche sulla mitologia greca e americana, che adorava Borges e i racconti di fantasmi.

Per scrivere questo libro hai dovuto svolgere delle ricerche?
Più che altro ho fatto sopralluoghi. Buona parte degli ambienti dove si svolge il romanzo sono mutuati dal quartiere Bagnoli di Napoli, ma alcuni elementi paesaggistici appartengono alla zona intorno all’aeroporto Falcone Borsellino di Palermo.
Il resto è frutto della mia osservazione, costante e a volte ossessiva dei comportamenti umani in contesti diversi. Ho fatto per dieci anni volontariato in un quartiere palermitano ad alta densità mafiosa, ho lavorato a Napoli in una scuola frequentata da figli di persone benestanti, ho fatto laboratori a Secondigliano, ho lavorato in una fabbrica dove ogni mattina confluivano 1200 persone, ho insegnato e continuo ad insegnare a scuola e parlo con i genitori e sto con i bambini ed ho a che fare con presidi ed insegnanti.
Da questo patrimonio attingo continuamente.

Tu sei un autore molto dedito al sociale e lavori in campo educativo. C’è qualche messaggio particolare che speri di comunicare attraverso questo romanzo?
Forse l’idea che da soli non possiamo arrivare a niente nemmeno delegando le cose in modo cieco e rassegnato a chi crediamo sia adatto ad amministrare, governare, comandare.
Ogni conquista importante, degna di questo nome, che sia piccola o grande, passa necessariamente attraverso una riflessione ed un’azione di gruppo.
Oggi sembra che qualsiasi forma di intrattenimento o di passatempo inviti al contrario ognuno di noi a immaginarsi di essere al centro del mondo: unico, solitario, possibilmente vincente.
Nel lavoro in classe per me la prima cosa importante, ancor più della materia che insegno, è la qualità delle relazioni tra gli individui con i quali ho a che fare. La mie tensione principale consiste nel creare un contesto nel quale si vada alla velocità dei più deboli; un contesto dove la forza e la sapienza di ognuno sia a servizio di chi ha meno forza e meno sapienza. Quello che accade, di solito, è che i più bravi diventano ancora più bravi grazie anche a questo esercizio continuo di condivisione con chi ha meno risorse e, in aggiunta, nessuno resta indietro.
Auspico, pertanto, una società in cui nessuno resti indietro, una società nella quale il primo e l’ultimo siano connessi in modo vitale affinché non si possa più parlare né di primi ed ultimi, né di perdenti e di vincenti.
Forse quello che ho detto adesso costituisce il nucleo, la motivazione principale di questo atto di presunzione che è stato scrivere un romanzo e proporlo a dei lettori

Il finale chi l’ha deciso? Tu o i gatti?
Me l’ha fatto venire in mente uno dei miei alunni di Napoli che ad un certo punto, verso la fine della lunga narrazione a cui li avevo crudelmente sottoposti mi ha detto: «Ma questo più che i soldi, ha perso la felicità». Poi ripensandoci ha concluso: «No! Questo la felicità non ce l’ha mai avuta? Come fai ad essere felice se non ti rilassi mai?»
I topi fosforescenti del finale del romanzo forse volevano insegnare al Cavalier Baggiani qualcosa che lui però non ha compreso ne potrà mai comprendere.

Grazie per essere stato con noi, Oreste, e in bocca al lupo per la tua nuova avventura.

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di Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag
L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni
Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni.



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