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Le lacrime di S. Lorenzo

Le lacrime di S. Lorenzo

Di Stefania Bergo. È una notte magica, racchiude in sé il sacro e il profano, la forza dei desideri e la colpa del passato. Ma perché le stelle cadenti sono chiamate anche "lacrime di San Lorenzo"?

Alle nostre latitudini, San Lorenzo è la notte in cui, più di ogni altro momento dell'anno, si possono vedere le stelle cadenti, piccoli monili d'argento che pulsano e lasciano una scia di lustrini nel cielo, una coda di lacrime sospese che svanisce nell'istante di un sospiro. O più propriamente di un desiderio.
Ormai ognuno di noi sa cosa siano, in realtà, le stelle cadenti, non certo degli astri con problemi d'equilibrio. Nella fattispecie, in questo periodo dell'anno, la Terra entra nella scia di una cometa, la 109/Swift Tuttle, i cui frammenti penetrano nell'atmosfera e si incendiano, dando luogo a una scia luminosa. Questi frammenti sono detti Perseidi, dato che il radiante dal quale sembra provenire lo sciame meteorico è collocato all'interno della costellazione di Perseo, e i primi ad osservarli furono i cinesi nel 36 d.C.
Forse la spiegazione scientifica spoglia l'evento del suo intrinseco romanticismo, ma non rende meno magico lo spettacolo nel cielo ed è inevitabile non restare più di qualche minuto col naso all'insù per scorgerne almeno una.

Ma perché, quando si vede una stella cadente, si esprime un desiderio?

L'esprimere un desiderio alla vista delle stelle cadenti, viene tramandato da tempo remoto. Nasce, infatti, proprio con San Lorenzo, diacono di Roma, che morì martire nella notte del 10 agosto del 258, ad opera dell'imperatore Valeriano. Nella sua ultima preghiera, nel dolore del martirio, chiese che venisse esaudito un desiderio per ogni stella cadente (perché?). Le sue lacrime, assimilate a gocce di fuoco dato che fu arso vivo, rappresentano proprio le stelle cadenti che vengono, per questo, chiamate lacrime di San. Lorenzo. Ecco che, ancor più della spiegazione scientifica, il mito cristiano sgretola la magia, dipingendo di dolore la scia luminosa.

Vedere una stella cadente non è raro, anche se scorgerne una ci fa sentire particolarmente fortunati e lo interpretiamo come un lieto segno.

Come se qualcosa di meraviglioso dovesse per forza accaderci per il semplice fatto di aver ricevuto un dono così prezioso, il simbolo di un ponte tra il cielo e la terra, tra il divino e il profano, appunto.
Tuttavia, sempre risalendo la china del tempo, tutti quei fenomeni passeggeri che sembravano alterare l’immutabilità del cielo, erano considerati presagi negativi. Nell'antica mitologia orientale, greca e latina, ad esempio, le stelle cadenti sono lacrime di divinità che piangono a causa di disastri avvenuti o annunciati e questa superstizione si è tramandata attraverso i secoli.
E a estrapolare superbamente tutta la negatività di cui le stelle cadenti sono investite, è la struggente poesia di Giovanni Pascoli, in ricordo del padre assassinato proprio il giorno di San Lorenzo. Una poesia che ho amato fin da subito, da quando, cioè, il mio burbero papà col cuore in rima, me la decantava da piccola.
Sebbene le stelle cadenti siano investite spesso di significato negativo, terribili come presagi, resto sempre con le labbra socchiuse, anzi, spalancate in un'espressione di meraviglia, ogni volta che scorgo una lama di luce che strappa il cielo. E il mio pensiero inevitabilmente va alle notti africane, in cui l'assenza di luce mi regalava una pioggia di stelle quasi ogni notte. E in contemplazione della magia, esprimevo ingenuamente decine di desideri...



Stefania Bergo
Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro.
Con la mia valigia gialla, 0111Edizioni.


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