Gli scrittori della porta accanto

La Venere di Willendorf

Venere, la prima donna

Il salotto di Emma Di Emma Fenu. Benvenuti nel mio salotto. La prima Donna che varca la soglia di questo non-luogo immaginifico è Venere.

Guardatevi pure intorno, è anche casa vostra.
Nel giro di pochi minuti capirete che si tratta di uno spazio magico, in cui tutto subisce una continua metamorfosi. A volte vi troverete  nella sala da ballo del castello fiabesco di una principessa; altre nell’antro oscuro e fumoso di una strega; altre nel bosco incantato di una fata; altre in un angolo di una sala da tè anni trenta; altre in un harem di stoffe damascate e di tappeti pronti a prendere il volo.
Ciò che resta fisso e invariato è il divano, nel quale varie ospiti, in carne o spirito, mi concederanno l’onore di una visita, per raccontarsi a me e a voi.
Non vi resta che iniziare leggere e le parole, una dopo l’altra, diverranno suoni, e il dialogo avrà davvero inizio.

La prima Donna che varca la soglia di questo non-luogo immaginifico, viene direttamente dal Naturhistorisches Museum di Vienna. 

È  la Venere di Willendorf, undici centimetri di altezza in pietra calcarea, risalente al paleolitico. Il viso non è definito in lineamenti, i seni sono otri gonfi di latte, il ventre prominente la identifica come Dea della fertilità da cui tutto prende vita: uomini, animali, alberi, frutti e cereali. Ma ciò che la contraddistingue maggiormente, e che sarà argomento di questa dissertazione, è la vagina scolpita con preciso intento e l’ocra rossa, allusiva al sangue mestruale, con cui fu pittata.
Non è certo sfoggio di bon ton mostrarsi senza veli in un salotto di signore per bene, penserete. E, invece, la grandezza e il potere della femminilità temono odierne immagini strumentalizzanti, da bambola - oggetto, ma si nutrono di memorie sacre e ancestrali, quando Dio era Donna e la vagina non era tabù, ma sacro simbolo di vita.
Vi era un tempo e un luogo in cui essere donne non era condanna all’inferiorità e alla reclusione, mentre gli uomini rapivano prede di guerra e sul loro corpo stabilivano alleanze e negavano loro voce, se non entro la prigionia di un focolare dorato, perché il mondo, con la politica, la letteratura e la scienza, era predominio del maschio. Un maschio cresciuto nella paura di una vagina “dentata”, che porta alla perdizione e alla morte, sulle orme nefaste di Eva, la tentatrice madre di tutte.

Vi era un tempo e un luogo in cui essere donne conferiva un sacro potere apotropaico, per cui era lecito e ritenuto cultuale mostrare gli organi genitali ai campi in attesa di essere arati o ai mari burrascosi avari di pesci o ai demoni in cerca di anime da irretire.

Questa esibizione, che in alcuni contesti contadini si è protratta fino alla metà del secolo scorso, fu definita dai greci anasyromai e perfino Erodoto si soffermò nel descriverla, con toni che eludono totalmente quanto oggi potremo, invece, definire pornografia.
Se pur diverse teorie antiche hanno relegato la donna come solo terra fertile del seme, quindi come componente passiva nella procreazione, fino ad arrivare al modello della Vergine Maria, madre per opera dello Spirito Santo, gli antichi simboli continuano a raccontarci un passato calcato da passi di Dee.
Basti pensare, in ambito cristiano, al triangolo con la base rivolta verso l’alto o all’aureola a forma di mandorla che sovrasta la testa di molte Sante, forme, fin dalla preistoria, associate alla vagina. E che dire delle primigenie sirene bicaudate che ostentano la propria femminilità, poste nelle chiese medievali con il preciso scopo di allontanare il maligno?

Oggi la Venere di Willendord, seduta nel mio salotto, muta ma gravida di significati, potrebbe sembrare anacronistica. 

La condizione delle Donne è cambiata, molte sono state le conquiste e certi retaggi di antiche epoche buie, la cui unica luce sembrava provenire dalle pire sulle quali bruciarono innumerevoli donne, non sono che memoria, da imprimere sulla carta della Storia per ricordarci chi fummo in origine, chi fummo costrette a diventare, chi siamo e chi vogliamo essere, fiere della nostra identità.
Eppure, i modelli femminili imposti dai media e dalla pubblicità ben poco hanno a che fare con il nostro essere divine, ma, ancor più terribile, tutt’oggi, nel mondo, molte bambine subiscono mutilazioni genitali, affinché il piacere sia loro negato, sempre che sopravvivano alla pratica e alle successive infezioni.

Non pensiamo, tuttavia, che la nostra cultura occidentale sia scevra da un rapporto morboso e scientificamente erroneo con la clitoride.

Nell’Ottocento, solo per fare un esempio, se ne eseguirono rimozioni presso la London Surgical Home per curare, ovviamente erroneamente, incontinenza, emorragia, isteria e disturbi mentali che si ritenevano conseguenti all’inclinazione alla masturbazione.
Per la nostra Venere è giunto il momento di salutarci. Non nasce dalle spume del mare, non la circonda una chioma aurea, le sue labbra non sono dischiuse in un sorriso di dolcezza, le sue carni non sono eburnee, i suoi seni non sono piccoli frutti acerbi e nessuna mano si posa, pudica ed elegante, sulla vagina. Eppure è bella, come ogni Donna, sacra e profana al contempo.

Toc Toc.
Bussano alla porta.
È un’altra ospite d’eccezione: le preparo una tisana, così iniziamo a conoscerci meglio. Alla prossima, siete invitati.


Emma Fenu


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