Gli scrittori della porta accanto

[Riflessione] Le recensioni di Elena G. Santoro: "Longbourn House" di Jo Baker, orgoglio, pregiudizio e onore

Chi di noi non conosce, almeno per sentito dire, Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen? Nessuno. Le cinque sorelle Bennet, Jane, Elizabeth, Mary, Kitty e Lydia, con i loro drammi d’amore, sono note ai più. Ma che ne sappiamo della loro servitù?

Il romanzo Longbourn House parte da un’idea davvero originale. Non si può definire uno spin off, perché è opera di un’altra autrice, Jo Baker, contemporanea, per giunta. Forse sarebbe più corretto dire che si tratta di un innesto, o di un romanzo speculare. Gli eventi che accadono in Orgoglio e Pregiudizio costituiscono lo sfondo di tutto ciò che avviene ai reali protagonisti, cioè i servi, che nel libro di Jane Austin erano invece pura scenografia. Questa volta sono le sorelle Bennet ad essere relegate al ruolo di allestimento scenico. Longbourn House dà voce a quelli che nel primo libro sono delle mere presenze secondarie e invisibili.

In Longbourn House, infatti,  avviene il capovolgimento. Il romanzo inizia con la protagonista, la serva Sarah, immersa nella sua quotidianità di duro lavoro. Sarah è intenta a svolgere lavori di fatica e lavare la biancheria e le mutande sporche delle cinque famose signorine, le quali, per chi le deve compiacere nei loro bisogni corporali, appaiono molto meno eteree e immateriali di quanto si possa credere. Le signorine hanno le mestruazioni, le signorine si fanno arricciare i capelli con il ferro caldo che brucia le dita alla povera Sarah. Le signorine pretendono pizzi e merletti. Le signorine hanno un sacco di necessità e sono troppo concentrate a guardare il proprio ombelico per accorgersi che qualcuno si ammazza di lavoro da mane a sera pur di renderle contente. Questo per lo meno è il modo in cui le vediamo attraverso gli occhi di Sarah che le giudica, pur velatamente: Jane è una bella bambola inarrivabile; Elizabeth è distratta e fredda. Il giudizio che traspare su di loro non è positivo come in Orgoglio e Pregiudizio. Anche Mr Bennet, uomo per molti versi accorto, non fa una gran bella figura, attraverso gli occhi di Sarah e della governante Mrs Hill.
Il mondo di chi possiede qualcosa (le signorine e i loro numerosi abiti, le loro scarpe addobbate con rose di stoffa) e quello di chi non possiede nulla (Sarah possiede solamente una scatola) sembrano sfiorarsi appena, senza essere mai destinati a mescolarsi, se non, forse, verso la fine del romanzo.

Ma attenzione, nonostante tutto, Longbourn House non è un libro dissacratore e l’autrice Jo Baker l’ha scritto, dopo aver amato moltissimo Orgoglio e Pregiudizio, con lo scopo di continuare a vivere nell’atmosfera di casa Bennet, Longbourn House, appunto.
Lungi da me voler paragonare due romanzi pubblicati a due secoli esatti di distanza (Orgoglio e Pregiudizio risale al 1813), eppure qualche differenza macroscopica salta all’occhio. Longbourn House non porta con sé nulla dell’ironia di Orgoglio e Pregiudizio, ma in compenso si concentra maggiormente sulla situazione politica e sociale dell’epoca. Racconta della guerra, delle atrocità in Spagna. Affronta temi sociali che nel primo libro sono appena sfiorati.
Apprendiamo dunque che anche i servi hanno i loro segreti, i loro desideri, le loro opinioni e tutta la vicenda in fondo ruota intorno al personaggio meno noto in assoluto, il valletto, che in Orgoglio e Pregiudizio compare, di sfuggita, un’unica volta. In Longbourn House questo ragazzo ha un nome, si chiama James Smith, e ha un passato misterioso...

Da bambina, su “Il Giornalino”, settimanale per ragazzi, leggevo una trasposizione a fumetti dei Delitti di Padre Brown. In uno degli episodi, che ancora ricordo, un tale giurava e spergiurava che non vi fosse “nessuno”, dimenticandosi di annoverare nel conteggio proprio i camerieri, ovvero quegli “invisibili” a cui non viene riconosciuta nemmeno una coscienza. I servi sono coloro che stanno zitti al pari dei mobili che puliscono e che siamo abituati a considerare come suppellettili.
E infatti quando il valletto James Smith scompare improvvisamente portandosi via tutti i suoi segreti, nessuno, tranne Sarah e la governante Mrs Hill, pare farci caso. Non viene scalfita la vita trasognata di Elizabeth, non viene toccata l’esistenza fatua e dissoluta di Lydia, e sembra che della sparizione non importi neppure a Mr Bennet il quale, invece, più di altri farebbe meglio a porsi un paio di domande.

Longbourn House è un libro storico scritto con delicatezza, ma anche con il giusto realismo e senza idealizzazioni. La storia originale, dunque, non viene scalfita, ma viene anzi rispettata, prolungata, approfondita e in parte spiegata. Talvolta giudicata con parametri differenti e, se vogliamo, più attuali.
Un altro tema forte del libro, infatti, è la rinuncia alla felicità pur di salvare la facciata (e qui di nuovo ci accorgiamo che il libro di Jo Baker non avrebbe potuto essere scritto due secoli fa). I protagonisti fanno tutti i conti con la morale dell’epoca e chi più, chi meno, sacrificano la propria felicità in nome delle apparenze. Non credo di fare spoiler menzionando il matrimonio riparatore con cui Mr Bennet cerca di salvare l’onore della sciocca figlia Lydia, incappata tra le braccia di un depravato ai limiti della pedofilia.
In Longbourn House, Wickham è l’unico personaggio su cui il giudizio originale viene mantenuto e, in un certo senso addirittura peggiorato. Wickham non è solo un farfallone che si pavoneggia con le servette, ma è uno che importuna le bambine. In fondo Lydia ha solo quindici anni e Polly, la seconda cameriera di Longbourn House, che l’uomo cerca più volte di abbindolare, non è ancora entrata nella pubertà. Al giorno d’oggi se una minorenne sventata si lasciasse sedurre da un noto pervertito con il doppio dei suoi anni, tutti le suggeriremmo di mollare il disgraziato e scappare il più lontano possibile. E magari denunceremmo il pervertito. Nell’Ottocento inglese non ragionavano così. E purtroppo non solo nell’Ottocento inglese. Anche in Italia, fino all’arrivo di Franca Viola, per rattoppare una fuitina l’unica soluzione era il matrimonio riparatore e pazienza se la donna non era nemmeno consenziente. Meglio sposata con il proprio stupratore che disonorata e single. Comunque tutti sappiamo che Lydia, adolescente con gli ormoni in subbuglio, era più che disposta a prendere marito, a diventare l’orgogliosa signora Wickham. Ma in Longbourn House, più che in Orgoglio e Pregiudizio, intuiamo anche che quel matrimonio messo insieme per forza con un uomo ben poco affidabile non potrà essere felice. Wickham non metterà la testa a posto.
Di facciata è, però, anche l’unione tra il maggiordomo Mr Hill e la governante Mrs Hill, la quale, per salvare l’onore e la rispettabilità del suo padrone Bennet, ha dovuto pagare un prezzo altissimo.
E poi c’è Mr Bennet, che per timore di perdere prestigio e dignità non ha esitato a condizionare le esistenze di tutti quelli che gli stavano intorno...
L’unico personaggio che avrà il coraggio di dare un calcio alla sicurezza e a un relativo agio, sarà Sarah, la quale affronterà mari e monti per ritrovare il suo introverso James, il suo unico e vero amore, mai dimenticato. James è davvero il grande e struggente amore, per il quale vale la pena mettere tutto in discussione, al di là di ogni “ragionevolezza”.

Un romanzo consigliato a tutti, amanti di Jane Austen e non.


LONGBOURN HOUSE 
di Jo Baker 
traduzione  Giulia Boringhieri 
Einaudi  Acquista  
Narrativa 
ISBN 9788806217624 
cartaceo 18,00€

Sarah è a servizio a Longbourn House da quando era bambina, ma non si è ancora rassegnata a certi compiti ingrati quali lavare la biancheria e svuotare i pitali dei signori. Questa pesante routine senza svaghi la opprime: non vuole accontentarsi di mandare avanti la casa d'altri come Mrs Hill, la governante, fa da sempre. Perciò, quando un giorno di settembre Mr Bennet assume a sorpresa un nuovo valletto, la gioia per la novità è grande. James ha il fisico asciutto e gli avambracci scuriti dal sole. Lavora di buon umore, fischiettando, ed è gentile, ma dà poca confidenza. Sembra sapere tante cose, eppure sul suo passato è stranamente vago. Ama i cavalli e dorme nel solaio della stalla: lí, su una mensola, ha dei libri e, sotto il letto, una sacca scolorita piena di conchiglie. È un mondo intero quello che apre per Sarah, una nuova geografia di orridi, vallette in fiore e campi di battaglia.
Ispirato al non detto di Orgoglio e pregiudizio, Longbourn House ricostruisce con tono brioso la vita della servitú nell'Inghilterra di inizio Ottocento, facendo emergere tra le righe la fatica e le disuguaglianze su cui si reggeva il bel mondo. All'interno di questo affresco storico, che oltre alla campagna dell'Hertfordshire include la Spagna sconvolta dalle guerre napoleoniche e i porti commerciali sull'altra sponda dell'Atlantico, Jo Baker dona pensieri ed emozioni autentici alle ombre che nel celebre romanzo di Jane Austen si limitavano a passare sullo sfondo rapide e silenziose.




di Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag
L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni
Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni.



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1 commenti
  1. Ho trovato questo libro semplicemente meraviglioso! Chi ama "Orgoglio e pregiudizio" non ne rimarrà assolutamente deluso, ma anzi ritroverà le atmosfere e i collegamenti alla storia che ama.

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