Gli scrittori della porta accanto

Anteprima: Vito Franchini racconta "Shasmahal - La città meravigliosa", nell'intervista di Elena G. Santoro

SHASMAHAL
La città meravigliosa 
di Vito Franchini 
Narcisuss StreetLib
Avventura | Storia
ASIN B00BAILGRC 
ebook 0,99€ | Amazon  
cartaceo 13,99€ | Acquista

È un romanzo d’avventura. Affronta tematiche delicate, come la tratta degli schiavi, lo scempio delle arene dei gladiatori, i mercenari, la corruzione delle società del XVIII secolo.
Si adagia, poi, su argomenti affascinanti, come la navigazione commerciale delle grandi compagnie delle Indie, l’esodo degli europei per la colonizzazione delle nuove terre promesse a sud dell’equatore e l’esportazione della civiltà in quei luoghi selvaggi.

Shasmahal: un angolo di paradiso isolato dal resto del mondo, popolato da eremiti fuggiti dalla civiltà, prototipo della società perfetta.
Un sogno minacciato da un nemico inaspettato, letale. La disperata fuga del suo frutto più pregiato, pronto a tutto per la salvezza di quell'utopia.
Un'avventura totale, che ha come vera protagonista l'Africa, terra affascinante, fiera, spietata.


L'autore racconta...


Ciao Vito, ti diamo un caloroso benvenuto in questo spazio virtuale. Prima di parlare del tuo libro, presentati ai lettori che ancora non ti conoscono. Raccontaci qualcosa di te: lombardo nato in Persia, cosmopolita, laureato in legge, lettore di romanzi di avventura, scrittore sognatore e appassionato di musica. Chi è Vito Franchini nella vita di tutti i giorni? 
Un tizio che ha vissuto in più posti di quanti una persona normale ne veda in una vita di viaggi “no alpitur”. Lo stesso tizio che adesso ha la fortuna di occupare un buon posto in un’amministrazione prestigiosa, e che tutti i giorni si mette la cravatta facendo il nodo vero.
Un tizio che sfiora i 40, se ne sente 24, non ha radici certe. Che si stanca di percorrere una strada dopo la terza volta, anzi a metà della seconda. Uno che guarda sempre alla strada successiva, meglio se lunga e tortuosa.
Un tizio che, nonostante questa inquietudine, ha punti fissi, e trova gocce d’acqua buona ovunque vada.
Un tizio fortunato, direi.

Questo è il primo romanzo che pubblichi?
E’ il primo che ho pubblicato, ormai qualche anno fa. L’ho scritto poco dopo il liceo, e sistemato più tardi. Nel frattempo è uscito il seguito di quella trama, intitolato “Tigre d’Africa”, nonché un saggio sui Beatles, mia grande passione: “Who was the beatles leader?”. Poi no ho altri 3 o 4 nella capoccia, ma quella è un’altra storia...

Veniamo al libro, “Shasmahal - la città meravigliosa”. Com’è nata l’idea? Qual è stata l’alchimia o turbamento interiore che ha innescato la trama?
Come nei migliori romanzi… ho sognato uno dei punti chiave della trama, attorno al quale ho costruito tutto il resto. Il giorno prima non avrei mai pensato di scrivere, la mattina dopo le mie dita battevano sulla tastiera, inarrestabili.
Bella la cosa del turbamento… i miei ci sono, là tra le righe, inutile negarlo. Ma sono il comburente, non il carburante (tocca aver fatto un corso antincendio per capirla questa…

È un romanzo di avventura e storia. Ci racconti di che cosa parla? Qual è il retroscena storico su cui hai ideato il tuo racconto?
Avuto in regalo il “sogno” di cui ho detto sopra, ho infilato i personaggi in Africa, che è stata casa mia per tanti anni. Il periodo storico l’ho scelto in base alle esigenze narrative: volevo zone costiere ancora inesplorate, e velieri come mezzo di trasporto. Da lì sono partite le ricerche storiche, mirate principalmente a non scrivere baggianate. Il seguito, “Tigre d’Africa”, invece, straborda nell’Inghilterra dei primi del ‘700, quindi le ricerche sono state molto più approfondite e mirate.

Descrivici brevemente i protagonisti e dicci a quale personaggio sei particolarmente legato e perché. Ce n’è uno che in qualche modo ti rappresenta?
C’è un buono che si chiama Madhat. E’ una sorta di eroe ma non sa di esserlo. E’ buono, buonista, forte, destinatario di talenti. A tratti quasi antipatico (a me) da quanto è splendente. C’è un cattivo che si chiama Jacob, ma cattivo di brutto, come quelli dei romanzi d’avventura per capirci. Madhat non mi rappresenta, perchè io di certo non mi sono antipatico. A volte un po’ sì…
Poi c’è Lana, bella e coraggiosa, e Tara… misteriosa come la terra che le ha colorato la pelle.

Qual è il target a cui ti rivolgi? Che tipo di lettori ambisci a conquistare?
Il target è quello degli amanti dell’avventura. Non ambisco di certo ad assurgere a nuovo maestro di vita o di filosofia. Spesso è capitato che gente non avvezza al genere mi abbia letto, perché comunque parlo (ci provo) di utopie, società ideali, famiglia. Questi sono gli aspetti che, in linea di massima, appassionano più le signorine.
Molti lettori mi hanno contattato, per approfondire alcune sfaccettature filantropomorgiche nascenti dalle mie trame. Io li ho assecondati, orgogliosissimo, non mi sottraggo mai. Il problema è che quel termine non esiste.

Hai ambientato il tuo romanzo in Africa, terra affascinante e piena di contraddizioni. Per scrivere questo libro hai dovuto svolgere delle ricerche? Quanto conta per te la documentazione rigorosa, storica e geografica, e quanto invece il sogno? 
Il sogno è alla base, l’ho scritto sopra. Ma io sono troppo pragmatico per darci davvero peso. Le ricerche ci sono state, rigorose quanto basta per non essere attaccato da “quelli che sanno tutto loro”.
Richiami a flora e fauna sono essenziali e mirati, molti dei luoghi citati altro non sono che le mie descrizioni delle diapositive scattate da mio padre negli anni ’60. Era un missionario cristiano, un personaggio da romanzo (guarda un po’ il caso).
Ammetto che c’è qualche esagerazione geografica… quando me lo fanno notare mi difendo tornando a parlare del sogno.

C’è qualche messaggio particolare che speri di comunicare attraverso questo romanzo?
Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Anzi un po’ di più, se c’è uno come me (OPS, come Madhat) nei paraggi.

Quale giudizio hai riscontrato nei lettori da quando questo libro è uscito?
E qui arriviamo alla parte autocelebrativa per la quale ho imparato a far finta di imbarazzarmi che sembro quasi vero. Riferendomi alle recensioni Amazon, principalmente, non mi sembra vero di aver riscontrato tale successo. Tantissimi lettori (ormai parliamo, incredibile ma vero, di migliaia) mi hanno scritto personalmente, ringraziandomi per eventuali e varie, e soprattutto per averli fatti sognare. Che dire? ROCK’N’ROLL!
Per notizia ho ricevuto anche critiche piuttosto pesanti. Se no che gusto c’è?

Perché un lettore che non ama particolarmente il genere dovrebbe scegliere di leggere il tuo romanzo?
Perché un sito come “gli scrittori della porta accanto” ha deciso spontaneamente di intervistarmi. Dici che è sufficiente? 

Il finale è conclusivo o aperto a nuovi sviluppi? Ci sono progetti nuovi che bollono in pentola?
Tigre d’Africa”, naturale proseguimento della trama, è già disponibile, in ebook e cartaceo. “L’odore degli schiavi”, di cui non rivelo il titolo, il terzo della serie, arriverà fra un po’.
La mia pentola è stracolma. Tengo il fuoco lento perché tocca anche lavorare ogni tanto, crescere figli e tagliarsi la barba. Datemi tempo, o rendetemi ricco e famoso in modo che io possa dedicarmicipitivi a tempo pieno e sfornare libri due libri annacquati all’anno e un capolavoro ogni tanto.
A voi la scelta, per me è uguale.

Concludiamo questa presentazione comunicando ai nostri lettori i link dove si possono trovare informazioni su di te, sui tuoi libri.
Sul mio sito personale c’è quanto serve a rendermi ricco e famoso.

Grazie per essere stato con noi, Vito. In bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.
Grazie Elena della porta accanto. E’ stato un piacere, almeno per me.

Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag
L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni
Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni.
Il tesoro dentro, 0111 Edizioni.



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