Gli scrittori della porta accanto

Oriana Fallaci, una vita in prima linea

Oriana Fallaci, una vita in prima linea

Di Tamara Marcelli. Oriana Fallaci: giornalista e scrittrice, un’italiana coraggiosa, una vita vissuta senza sfumature, tra amore e odio. Una donna che non ha fatto sconti a nessuno, nemmeno a se stessa.

«Una sacerdotessa dello scontro tra civiltà», così è stata definita.
Ci ha lasciati un sabato, era il 15 settembre 2006. Giornalista e scrittrice, Oriana Fallaci salutò questo mondo nella stanza al quarto piano della clinica Santa Chiara di Firenze da cui poteva volgere l’ultimo sguardo alla cupola di Santa Maria in Fiore, al campanile di Giotto, alla Firenze che amava.
La si può amare oppure odiare, una donna che non ha fatto sconti a nessuno, nemmeno a se stessa.
A 14 anni visse il dramma della Seconda Guerra Mondiale, dell’occupazione nazista della sua Firenze. Il padre, attivo antifascista la coinvolse, ancora bambina, nella Resistenza. Entrò nel corpo dei volontari della libertà contro il nazi-fascismo. Fece la staffetta porta-munizioni rischiando la sua giovane vita per l’ideale della libertà, quello che non abbandonò mai fino alla fine.


Partigiana da giovanissima, grande inviata di guerra, autrice di celebri interviste ai potenti della terra e di libri di enorme successo. Possedeva un grande potere mediatico. E una sensibilità difficile da inquadrare in fredde definizioni.

La sua ascesa iniziò presto, già dagli anni del Liceo Classico e dai primi passi nel mondo del giornalismo.
Il suo esordio fu al Mattino dell’Italia Centrale, poi nel 1951 il primo articolo per L’Europeo. Nel 1956 trasferitasi a New York pubblicò il suo primo libro con la prefazione di Orson Welles, I sette peccati di Hollywood.
Nel 1958 conobbe il suo primo vero amore, travolgente e disperato, vissuto con profonda femminilità, con una fragilità inaspettata. Un amore grande e disarmante. Che le lasciò cicatrici indelebili, ma dalle quali fece sbocciare la sua rinascita.


Nel 1961, dopo un viaggio in Oriente, pubblica un libro reportage sulle donne, sulla loro condizione in Paesi lontani ed allora poco conosciuti, Il sesso inutile, che rappresentò il vero primo successo e che la rese nota al mondo dell’editoria e dell’inchiesta giornalistica.

Fu un colpo allo stomaco per il mondo benpensante chiuso nei propri alveari dorati.
Dal buio del ventre materno esse passano al buio della casa paterna, da questa al buio della casa coniugale, da questa al buio della tomba. Oriana Fallaci, Il sesso inutile
Nel 1962 pubblica Penelope alla guerra, prima opera di narrativa in cui le vicende della protagonista, giovane italiana a New York hanno un sapore vagamente autobiografico.
L’amore da una parte sola non basta, Giò, le tue sono fantasie da masochista. Non si regala l’anima a chi non è disposto a regalare la sua. Chi non fa regali, non apprezza regali. Tu cerchi Dio in Terra e sei disposta a qualsiasi menzogna pur di inventarlo. Ma Dio non si inventa, e neppure l’amore. L’amore è un dialogo, non un monologo. Oriana Fallaci, Penelope alla guerra
Nel 1965 pubblica Se il sole muore, una sorta di diario nato dall’esperienza vissuta alla vigilia dello sbarco sulla luna, frutto delle interviste a tecnici ed astronauti della Nasa.

Nel 1967 fece la prima esperienza di inviata di guerra in Vietnam, durante un conflitto che lei stessa definì «sanguinosa follia».

Seguì in prima linea i conflitti in Pakistan, Kuwait, India, Sud America e soprattutto Medio Oriente.
Nel 1968 si recò negli Stati Uniti per la morte di Martin Luther King, Bob Kennedy e le rivolte studentesche, scoprendo l’ipocrisia della borghesia moderna che scende in piazza manifestando per i diritti dei popoli, ma che lo fa in camicia di seta e auto di lusso. Nel 1969 pubblicò Niente e così sia in cui condensò critiche e resoconti dettagliati di atrocità e atti di eroismo, mediocrità e menzogne. La sua penna non risparmiò nessuno.
Nel 1970 dopo aver seguito il lancio della missione Apollo 11 pubblicò Quel giorno sulla luna.
Nel 1973 conobbe il leader dell’opposizione greca al regime dei Colonnelli e si innamorò di nuovo. Restò al suo fianco fino alla morte avvenuta in circostanze poco chiare. A lui dedichò il libro Un uomo e Intervista con la storia.
Nel 1975 si occupò in Italia dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini, insinuando i primi sospetti di un movente politico.

Nel 1975 raggiunse una vera consacrazione con il successo del suo libro Lettera ad un bambino mai nato, un condensato di emozioni contrastanti, eco di un passato non troppo lontano e mai dimenticato.

Nel 1977 le viene conferita la Laurea Honoris Causa in Letteratura presso il Columbia College di Chicago con la motivazione: «Uno degli autori più letti ed amati nel mondo».
Gli anni 80 sono segnati dalle numerose interviste di grande livello giornalistico e storico: Yasser Arafat, Pietro Nenni, Indira Gandhi, Giulio Andreotti, Zulfiqar Ali Bhutto, Federico Fellini, re Husayn di Giordania, Mohammad Reza Pahlavi, Henry Kissinger, Deng Xiaoping, Mu’ammar Gheddafi, Golda Meir, Sean Connery, Hailé Selassié, Lech Walesa, l’ayatollah Khomeini ed altri.
Collaborò con testate giornalistiche di livello internazionale come Life, New York Times Magazine, The Washington Post, Le Nuovel Observateur, Stern, Look, Il Corriere della Sera.

Nel 1990 pubblicò il romanzo Insciallah che descrive le vicende vissute come inviata di guerra tra le truppe italiane sotto egida ONU impiegate a Beirut nel 1983: «Dietro ogni bagno di sangue chiamato rivoluzione c’è un libro, dietro ogni insania costituzionalizzata c’è un libro, dietro ogni violenza collettiva c’è un libro»

Il libro si apre con un terribile attentato kamikaze da parte di islamici contro presidi americani e francesi che causò circa 400 morti tra i militari. Ambientato durante la missione militare italiana in Libano, nell’introduzione volle dedicare «questa sua fatica ai quattrocento soldati americani e francesi trucidati nel massacro di Beirut dalla setta dei Figli di Dio». Nel 1991 è in Kuwait per seguire la Guerra del Golfo e le vicende di Saddam Hussein.
Trasferitasi a New York, inizia a scrivere quel romanzo che poi uscirà postumo nel 2008, Un cappello pieno di ciliegie, storia della sua famiglia.

Nel 2001 dopo la tragedia dell’11 settembre pubblica La rabbia e l’orgoglio in cui si scaglia contro le dittature, gli estremismi, la mediocrità dei governi mondiali, la desolazione del futuro prossimo.

Celebre la stoccata alle femministe italiane che non si occupavano della condizione della donna nei paesi musulmani.
Nel 2004 pubblica La forza della ragione, Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci e Oriana Fallaci intervista se stessa – L’Apocalisse in cui, rispondendo anche alle accuse e agli attacchi di esponenti islamici, denuncia il degrado della Cultura e dell’Identità Occidentale.
Nel 2005 su iniziativa dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione, il Presidente della Repubblica le conferisce la Medaglia d’oro quale “Benemerita della Cultura e dell’Arte”. Nello stesso anno vince l’Annie Taylor Award a New York «per l’eroismo e il valore [...] simbolo nella resistenza contro il fascismo islamico e una combattente nella causa dell’umana libertà». Inoltre le viene assegnato l’Ambrogino d’oro, prestigioso riconoscimento della città di Milano.
Nel 2010 le fu attribuito il Premio America alla Memoria.

Oriana Fallaci agli occhi della stampa estera.

La stampa estera oggi dice di lei: «La femminista che accendeva una sigaretta dopo l’altra», agenzia di stampa Xinhua da Pechino; «Atea-cristiana, non credente ma legata all’identità cristiana d’Europa», Le Monde; «Soggettività e passione sono qualità che non sempre portano ad un giornalismo di successo. Ma Oriana Fallaci le aveva trasformate nelle sue parole d’ordine, insieme con una brutale onestà», il Times; «Famosa, antipatica e geniale, era da molti anni la giornalista più amata e più odiata del mondo, e probabilmente la più invidiata», El Pais; «La grande figura scomoda della letteratura giornalistica. Scrivere in prima linea», Der Spiegel.
Quando sei una donna devi combattere di più.

In uno dei suoi primi libri, Il sesso inutile: viaggio intorno alla donna, affronta un tema difficile e spigoloso. Descrive con acume e sensibilità le battaglie di una donna che si trova a combattere in un ambiente dove l’esser donna non è solo inutile, ma anche e soprattutto dannoso.

Durante la Guerra del Vietnam nel 1967 lei c’era. Fu una delle poche reporter al mondo a descrivere dalla prima linea ciò che accadeva in quell’angolo di pianeta. Nel 1969 scrisse su questo argomento il libro Niente e così sia come risposta alla domanda di una bambina: «La vita che cos’è?», fissando le proprie emozioni, le grandi emozioni provate tra i soldati come un soldato. Nella lotta antica tra la vita e la morte.
Il Vietnam mi ha ricordato la Resistenza, quando ero bambina. È in Vietnam che ho ritrovato la pietà umana, un certo cristianesimo, inteso nel senso migliore e, soprattutto, una grande maturità. Che è una curiosa confusione tra tolleranza e intolleranza. Diventi più buono e anche più cattivo. Come gli ubriachi. La guerra ti fa questo effetto. Oriana Fallaci, Niente e così sia

Durante le rivolte studentesche a Città del Messico fu ferita dagli spari della polizia e portata all’obitorio.

C’era a descrivere il massacro di Piazza delle Tre Culture a Città del Messico nel 1968, alla vigilia dei giochi olimpici. Durante le rivolte studentesche. La polizia sparò. Fu ferita, sembrava morta e fu portata all’obitorio. Raccontò al mondo gli istanti terribili tra le grida disperate e i sibili delle mitragliatrici.
Memorabile nel 1974 la sua Intervista con la storia a Henry Kissinger che affermò in seguito di aver desiderato «spaccarle la faccia» per la sua impertinenza.
Gettò via indignata il chador di fronte a Khomeini e andò via lasciando l’ayatollah semplicemente allibito. Lo apostrofò come “tiranno”.
E le interviste a Bob Kennedy, a Breznev, a Nixon, quelle mancate a Marilyn Monroe e al maresciallo Tito?
Descrisse l’irriducibilità del conflitto israeliano-palestinese attraverso il ritratto di Yasser Arafat.
Indimenticabile l’intervista ad Ingrid Bergman, due donne dagli occhi pungenti, l’una di fronte all’altra, così diverse così vicine.
C’era durante la prima guerra del Golfo, in volo su un ricognitore. Insoddisfatta per non essere riuscita a stare in prima linea.

Lettera ad un bambino mai nato e Un uomo, i suoi libri dedicati alla maternità e alla vita di coppia.

Lettera ad un bambino mai nato, del 1975, è un monologo drammaticamente vero e toccante che la scrittrice ha dedicato alla maternità.
È sempre stato un gran dolore per me perdere i miei figli non nati. Perché uno muore due volte quando muore senza lasciare figli. Ciò che davvero mi spinge a scrivere è la mia ossessione per la morte. Oriana Fallaci, Lettera ad un bambino mai nato
Un uomo, del 1979, è dedicato al suo compagno Alekos Panagulis. Di lui dice: «Non ho mai smesso di amarlo perché era così coraggioso. Arrestato per aver tentato di uccidere il dittatore greco Papadopulos. Dell’amore aveva un’idea particolare e a suo modo romantica. Un amore, il suo, grande, assoluto, intenso.»
Io sono contro il mestiere di moglie. Sarebbe una incoerenza. Nel matrimonio c’è sempre un padrone. E allora è inutile che io mi ribelli al padrone-Stato o al padrone-Chiesa se poi accetto il padrone-coniuge. L’amore è un’altra cosa. È una intesa, un’amicizia. Non è una passione fisica. Oriana Fallaci, Un uomo

Oriana Fallaci, da giovane staffetta partigiana a giornalista adolescente, a inviata di guerra. Incapace di mediazioni e sfumature, viveva di assoluti. Una donna sola, riservata, sincera.

Oriana Fallaci studiava e studiava e studiava. Non conosceva limiti.
Da giovane staffetta partigiana «con i messaggi nascosti nelle trecce», con le bombe nascoste nelle ceste d’insalata, a giornalista adolescente a Firenze, la sua Firenze.
Intransigente, incapace di mediazioni e sfumature, viveva di assoluti. Ostinata, puntigliosa. Dicono di lei che avesse un carattere impossibile, che preferisse la sua solitudine alla moltitudine chiassosa della società moderna. Amava prendere la vita di petto, senza comode scorciatoie. Lei che riusciva ad attirare su di sé l’odio e il rancore di numerosi detrattori, gente comune, colleghi incapaci di afferrare i perché dei suoi scritti e delle sue azioni. Era sola e voleva disperatamente rimanere sola.
Da sola non mi annoio mai. Ma l’uomo ha bisogno degli altri, di pensare insieme agli altri, di agire insieme agli altri. Il dialogo e la compagnia sono acqua per un’anima inaridita dalla solitudine.

Oriana Fallaci

La sua maniacale riservatezza nascondeva un animo profondamente timido. Sincera fino al midollo.

Amava il confronto, anche crudo. Testimone attenta della Storia e della sua vita, dei propri sentimenti. Senza remore o falsi pudori. Sembrava aggressiva ma era vulnerabile. Elegante e cinica. Colta e popolare. Lucida. Ipersensibile. Appariva sfrontata ma era insicura. Rare le amicizie, i gusci in cui cercare rifugio. Pretendeva moltissimo da chi le stava intorno e soprattutto da se stessa. Sempre in bilico, ma in equilibrio. Rifuggiva ogni compromesso. Sapeva accettare un mazzo di fiori ma farti sentire una nullità se i fiori non erano i suoi preferiti, quelli giusti. Sapeva dare e togliere in un millesimo di secondo. Rigorosa fino all’ossessione, scriveva e riscriveva un articolo, un libro fino a che non si riteneva quasi soddisfatta. Mancava sempre quel non so che per avvicinarsi a ciò che c’era nella sua testa, nel suo cuore. Non sempre trasmissibile. Nelle sue interviste aveva sempre la prima e l’ultima parola, era lei a dirigere e troncava quando e come le pareva.
La madre le raccomandava: «Quello che scrivi lo devono capire tutti, non devi essere complicata». E lo zio: «Prima vivi e poi scrivi». Frasi che le risuonarono sempre nella testa. E che lei mise in pratica.

Oriana Fallaci, l'incontro con Papa Benedetto XVI e la sua visione dell'Islam.

Illuminante e pungente l’incontro con lui. Dopo l’esordio un po’ teso in cui la Fallaci ricordò al Papa che entrambi avevano conosciuto da vicino la guerra e che quindi potevano capirsi a vicenda, parlarono anche di Islam. Oriana Fallaci è stata sempre consapevole della complessità e della importanza storica dell’Islam. Il suo non era un odio a priori, non era cieca ostilità contro i musulmani, era invece un grido rivolto all’Occidente affinché non perdesse la propria identità. Quella identità che è alla base delle nostre vite.
Nel 2001, in La Rabbia e l’Orgoglio, scritto dopo quella tragedia che cambiò il modo di veder il mondo, nel 2004, in La forza della ragione, una sorta di continuum, in L’Apocalisse – Oriana Fallaci intervista se stessa, con passione espresse ciò che secondo lei, ruotava intorno a quell’insanabile conflitto di civiltà. Senza veli. Senza mezzi termini.
L’Islam moderato? È una finzione dell’Occidente [...] Non è nella natura dell’Islam la comprensione, il pluralismo religioso, la reciprocità [...] Nel nome della libertà si perpetua il genocidio di una cultura e di una identità.
Parlando di Benedetto XVI disse a un politico durante un viaggio in aereo verso New York: «Gliene faranno di tutti i colori. Lo martirizzeranno a causa delle verità semplici che ha dentro di sé».

Molte le lettere che a New York le giungevano negli ultimi anni dalle donne di tutto il mondo, dall’Italia alla Russia, dall’America all’Iran. Un misto di insulti e solidarietà.

Molte quelle che le arrivavano da donne musulmane che le esprimevano gratitudine per aver tratto dai suoi scritti quella forza necessaria per raggiungere l’indipendenza personale. Per arrivare vivere con dignità. O almeno sognarla, la dignità.
«Ho dato voce a tanta gente che non ne aveva» diceva con fierezza, «Non mi interessano i critici. Sono quasi sempre scrittori falliti e, di conseguenza, invidiosi e gelosi di chi scrive». Ma non era del tutto vero, dicono che rimuginasse su ogni parola negativa, su ogni critica.

Lei che si definiva l’autore (non l’autrice) dei suoi scritti.

Una donna sempre pronta a rompere qualsiasi equilibrio pur di restare indipendente, pur di non essere irretita nell’indottrinamento di massa, nella cultura populista. Una donna che ha saputo vivere del sangue che le scorreva nelle vene, dei suoi pensieri, dei suoi sogni. Ha trasformato la guerra in un palcoscenico in cui raccontava le miserie dell’Umanità. Una donna impareggiabile nel suo spirito guerriero, senza sconti per nessuno. Capace di prendere il bene e il male di ogni sua scelta. Una donna senza mezze misure, conscia dei suoi limiti e delle sue capacità. Mai in vendita, sempre in piedi su quell’onda che a vederla fa paura. L’onda della vita che corre e che, inesorabile, vuole portarci via. Sta in questo la differenza: farsi travolgere dall’onda o cavalcarla…

Tutte le sue opere sono un impulso a fare a dire, a mostrarsi, ad essere. Sono un invito convulso a non soccombere. Ed in questo il suo insegnamento è universale.

Non conosce confini né limiti culturali. Perché per essere liberi bisogna volerlo. E se serve, combattere. Ribellarsi agli stereotipi, spezzare le catene mentali, sciogliere legami negativi.
Occorre capire chi siamo e che la vita è una sola.
Su ogni esperienza personale lascio brandelli d’anima.
Ed è così che nascono i suoi libri.
L’ultimo pasto: ostriche e champagne. Un vestito serio, un orologio militare al polso, tre rose bianche.
Per il suo ultimo, intenso viaggio.
Nel bene e nel male un mito.
Una grande Donna.
Grazie Oriana.

Citazioni di Oriana Fallaci.

La rivoluzione più grande è, in un Paese, quella che cambia le donne e il loro sistema di vita. Non si può fare la rivoluzione senza le donne. Forse le donne sono fisicamente più deboli, ma moralmente hanno una forza cento volte più grande.
Un essere umano che si adegua, che subisce, che si fa comandare, non è un essere umano.
Molte donne si chiedono: metter al mondo un figlio, perché? Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito ed offeso, perché muoia ammazzato alla guerra o da una malattia? E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici, che viva a lungo per tentar di cancellare le malattie e la guerra.
Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna.

Riferimenti storici e testimonianze tratte da Il Corriere della Sera, 16 settembre 2006.


Tamara Marcelli


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