Gli scrittori della porta accanto

Pag. 69 | #29 "Sinfonia nera in quattro tempi" di Tiziana Viganò

SINFONIA NERA IN QUATTRO TEMPI >> more info
di Tiziana Viganò
Zerounoundici | 122 pagine

Ed evidentemente qualcuno aveva usato i suoi dati o la scheda SIM del suo cellulare. Molte chiamate erano state inviate a un certo Alessandro Cerruti.
«Adelio!… Questo nome…» disse Totò precipitandosi ad aprire il fascicolo sulla morte dell’avvocato che aveva assegnato loro il capitano. «È lui, è il morto di ieri!»
«Andiamo!» Rusconi era già fuori dall’ufficio. «Il maresciallo Colombo ha sicuramente informazioni precise in merito.»
Colombo infatti era stato chiamato al momento dell’incidente e fu chiarissimo: non c’era dubbio, l’avvocato Cerruti era stato investito da un’auto pirata, alle 12,30 del giorno precedente in un parcheggio non lontano dall’ingresso dell’Autostrada dei Laghi e le prime rilevazioni sul terreno e le testimonianze dicevano senza dubbio che l’investitore aveva voluto uccidere.
Per tutta la giornata lavorarono freneticamente: chiesero con massima urgenza i tabulati delle chiamate del cellulare che confermarono numerose telefonate fra Anna Marini e l’avvocato.
Per la verifica degli alibi filarono a sirene spiegate a Milano, perché volevano fare domande e guardare gli individui sospetti molto bene mentre ricevevano risposte.
Giorgio, che si mostrava sempre più agitato, non poté fornire nessuna giustificazione per i suoi movimenti: prima del funerale aveva sbrigato pratiche burocratiche poi aveva girovagato in macchina tentando di calmarsi. «Conosce Giuseppe Lorenzi?» chiese Rusconi, ma ricevette un diniego.
Allo studio di De’ Carli trovarono la solita persona fredda e composta, ma anche lui non aveva alibi.
Aveva passato la mattina prima in palestra poi al parco Sempione a correre. Era rientrato in studio per cambiarsi verso le 13,30 e poi era andato al funerale. Non l’aveva visto nessuno di sua conoscenza, ma ricordava di aver acquistato un quotidiano presso l’edicola di via Melzi d’Eril: forse il ragazzo del chiosco si sarebbe ricordato di lui, sudatissimo, in tuta, attorno all’ora del delitto? Chiesero anche a lui se conosceva Giuseppe Lorenzi, ma anche Paolo assicurò di non aver mai sentito quel nome.

«Ahhh!» Adelio tirò un sospirone che sembrava un soffocato grido di aiuto. «Facciamo una pausa, che non ce la faccio più: il mio povero cervello va a 200 all’ora.»
Si infilarono in macchina, e mentre il maresciallo chiudeva gli occhi e cercava di rilassarsi, Lo Monaco, sempre pratico, prendeva il volante e si buttava a capofitto nel caos di Milano proprio all’ora in cui i pendolari si dirigono tutti insieme verso la casa comprata nei paesi dell’hinterland, per godersi la tranquillità della campagna nelle città fuori dalla metropoli ormai soffocate anche loro dal cemento.

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