Gli scrittori della porta accanto

Solo un assaggio: un estratto di “Le dee del miele” di Emma Fenu | #1


In quella vigilia di Natale, Marianna divenne mamma ed Eva divenne Madre, una simbiosi insolita, ma viscerale, che si creò in anni, non in istanti. Eppure tutto era già chiaro agli occhi del futuro: forse anche lui li ha color miele, per addolcire le pene del passato.
Quando la neo mamma osservava la bambina, le pareva, dato il suo incarnato da bambola di porcellana, che provenisse da epoche e tempi lontani, figlia della Luna, non del suo ventre.
Durante la gravidanza erano state “uno”, i dolci divorati dalla prima scatenavano un’irresistibile voglia di danza nell’altra, cullata da battiti e parole e destata da un tenero bussare sulle pareti che erano di una casa comune. Ora, invece, erano “due”, si amavano, ma avrebbero dovuto imparare a conoscersi, attimo dopo attimo, in un eterno dialogo d’anime.

Tic tac.
Tu sei piccola e tonda.
Tic tac.
Tu sei grande e hai mani affusolate.
Tic tac.
Tu sei candida e hai lunghe ciglia.
Tic tac.
Tu sei morbida e profumi di vaniglia.
Tic tac.
Ti piace che ti sfiori il nasino.
Tic tac.
Ti piace adeguare il ritmo del tuo respiro al mio.
Tic tac.
Sei mia.
Tic tac.
Sei mia.

Quando Marianna fu dimessa, la sua debolezza era estrema e il suo petto privo di latte. A occuparsi di Eva era Luigi, conciliando i turni dell’ospedale e del proprio ambulatorio con quelli della tata.
La notte era il tempo magico dedicato a padre e figlia. Lui le preparava il biberon colmo, spingeva la carrozzina seduto nell’andito, in modo che, incontrando il muro, essa sarebbe ritornata indietro, in direzione della mano, a causa del contraccolpo. Eva sgranava gli occhi in cerca di vita su vita, mai sazia; Luigi agiva spesso in uno stato fra il sonno e la veglia.
[…] La giovane cercava di tenersi in disparte, non solo per riprendere le forze di cui si sentiva rapinata, ma anche perché temeva di morire e non voleva che la figlia si affezionasse troppo a lei e soffrisse, poi, di nostalgia. Lasciava, senza obiettare, che si occupassero della piccina, sorridendo delle affettuose superstizioni secondo le quali si può prevedere il futuro di un bambino perfino tagliandogli le unghie e interpretando l’evento.
I fiori erano sempre regalati alla mamma, mai alla figlia, perché questo avrebbe potuto decretare la morte entro l’anno dell’ultima delle due. Così, Marianna si aggirava per il salotto disseminato di vasi colmi di rose e per la cameretta sul cui lettino erano appesi ancestrali amuleti. Aveva sempre scritto molto in vita sua, pagine dopo pagine mai rilette, solo conservate per se stessa, ma ora anche tenere in mano la penna le arrecava una fatica infinita e il suo cuore era gravato da un peso che non poteva sciogliere nell'inchiostro.
Caterina le lesse nell’animo, lei che di libri ne aveva posseduti un centesimo di quanto avrebbe desiderato.
«Sopravvivrai, te lo dico io. Ma vivere... quello devi farlo tu: le madri possono tutto. Sei benedetta dalla grazia, ora. Sarai forte quando prima saresti crollata, reggerai infinite croci per non accogliere il cadavere di tuo figlio fra le ginocchia. Perché i nostri, di figli, non risorgono dopo tre giorni.»
La notte stessa, verso le quattro, Marianna si alzò, fermando Luigi, che era già seduto sul letto pronto a nutrire Eva piangente, ponendogli una mano sulla spalla: «Questa poppata è compito mio.»
E così, scalza come una pana, (ndr. fantasma di donna morta di parto, nella tradizione sarda) ma viva, accolse fra le braccia la bambina e la melodia, che cullò i propri primi mesi di vita, si fece strada da sola dalle viscere del passato, arrivando come miele sulle labbra, eco di un antico ricordo.

O a ninnia ninnia,
drommi filla cara
reposa ninnia,
o a ninnia ninnia!

Titolo:  LE DEE DEL MIELE
Editore:  Milena Edizioni
Genere: Narrativa
ISBN 978-8898824410




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