Gli scrittori della porta accanto

[Libri] Un estratto di "Ombre pagane" di Franco Mieli

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Lido di Tarquinia, 4 aprile 2012 ore 6.30.

L’aria aveva assunto quella tonalità strana dei momenti che precedono l’alba. Cominciavano a distinguersi i contorni dei nuvoloni che si ammassavano nel cielo, fino a poco prima nero come l’inchiostro. Non era più notte e non era ancora giorno. Un momento che si ripete tutti i giorni ma che ha sempre qualcosa di magico, come se in quegli istanti fosse tutto sospeso, tutto fermo come in una fotografia. Luci e ombre irripetibili in qualsiasi altro momento, che poco dopo sarebbero scomparse.
Gli esseri umani, gli animali, il vento, il mare che da nero stava diventando plumbeo rivelato alla vista solo dalla spuma delle onde che si riversavano sulla riva. Era proprio uno di quei momenti che Massimo Cerci stava assaporando mentre correva sulla spiaggia a ritmo sostenuto da quasi mezz’ora. I suoi piedi nudi affondavano silenziosi nella sabbia morbida della battigia, mentre il respiro accelerato ma regolare cadenzava il ritmo della sua andatura. Conosceva bene quei momenti perché spesso i sogni non lo lasciavano respirare e doveva avventurarsi fuori alla ricerca di una serenità che non avrebbe trovato.

Quella notte gli incubi erano tornati, spaventosi e crudeli come un tempo. 

Ricordava solo l’ultimo, che lo aveva svegliato con il cuore che gli squassava il petto e con l’indice della mano destra sul grilletto della sua Beretta. La canna puntata alla tempia. No, non era ancora giunto quel tempo. Prima aveva la sua missione da compiere, la sua vendetta.
Attraverso spruzzi di pioggia intermittente che gli frustavano il viso, vide se stesso mano nella mano alla sua donna bionda che rideva e che, con l’altro braccio teneva il loro bambino. Tre uomini si avvicinavano e con dei bastoni colpivano la donna e il bambino. La mano della donna scivolava via dalla sua e li vedeva cadere insieme senza che lui potesse fare niente. Solo un muto grido gli usciva dalla bocca. Così si era svegliato.
Ora, la corsa forsennata in cui si era lanciato lo aveva sfiancato. Aveva rallentato il ritmo lasciandosi investire docilmente dagli schizzi delle onde e dalle folate di scirocco. Lentamente si fermò. Il viso rivolto verso un mare cupo e torbido, iniziò gli esercizi di allungamento. In quel momento una tenue lama di luce colorò di arancione la sabbia scura. L’alba. Uno spicchio di sole s’intravedeva tra i nuvoloni neri alle sue spalle. Il cuore aveva rallentato i battiti e Massimo si sdraiò sulla sabbia, guardando le nuvole che si rincorrevano sopra di lui, tormentate dal vento di sudest.
Don Tano non l’aveva più chiamato. Forse non era riuscito a prendere le bestie che avevano sterminato la sua famiglia. La paura di non poter mai mettere le mani addosso a quei cani gli fece mordere le labbra a sangue. Si tolse la maglietta e si tuffò nell’acqua gelida, cominciando a nuotare furiosamente, incurante delle onde rabbiose che lo colpivano di lato, sballottandolo come un pezzo di legno.
Fu mentre tornava a riva, ansimante e infreddolito che ebbe l’idea. Sarebbe andato lui a prenderli, nel loro cazzo di paese. E li avrebbe ammazzati, come aveva immaginato di fare mille e mille volte in questi anni folli che aveva vissuto. Doveva solo chiamare don Tano e farsi dire chi erano e dov’erano. Sorridendo a quella che dovette sembrargli una buona idea, raccolse la maglietta e si avviò verso il campeggio.

OMBRE PAGANE

Editore:  Montecovello Editore
Genere: Noir
ISBN:  978-88-6733-646-3



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