Gli scrittori della porta accanto

Le scimmie antropomorfe, i nostri nonni antichi, di Nicolò Maniscalco


È ormai noto a tutti che nello zoo di Cincinnati, negli USA, si è consumata la brutta vicenda dell’uccisione di un gorilla per permettere il recupero di un bambino caduto nel suo fossato, probabilmente a causa dell’incuria dei genitori.
Non starò qui a disquisire gli argomenti che altri hanno già sviscerato, come: il gorilla non doveva essere in quello stagno ma nell’Africa equatoriale; il bambino doveva essere controllato dai genitori, il personale dello zoo poteva utilizzare armi anestetizzanti anziché una carabina. Tutte cose sentite e tutte senz’altro condivisibili. Il mio parere sull’argomento non è importante, ma mi piacerebbe far riflettere chi mi legge su cosa sia un gorilla, o meglio su cosa siano e cosa rappresentino per l’uomo, le scimmie antropomorfe.
Per eliminare ogni malinteso, premetto che sono d’accordo nel definire la vita umana assolutamente prioritaria su qualunque altra cosa. Secondo quale principio però?
Per le religioni monoteiste, ma anche per molte altre, la presenza dell’anima è ciò che distingue l’uomo dal resto del regno animale. Nella Bibbia l’anima è il soffio di Dio e, come tale, è immortale. Tralasciando gli aspetti religiosi, il principio generale per il quale la vita umana sia prioritaria trae origine dalla filosofia ma anche dal diritto. Uccidere un animale per cibarsene è denominata macellazione ed è regolata da norme ben precise, invece, ucciderlo per cattiveria è “maltrattamento”, un reato penale (art.544). Uccidere un uomo è “omicidio” e qui si aprono infiniti scenari sulla tipologia: colposo, preterintenzionale, volontario, fino al recente omicidio stradale.
Fatta questa premessa che non crea dubbi sul fatto che io ritenga la vita umana prioritaria rispetto a quella di ogni altro essere vivente, senza infilarmi nelle motivazioni, religiose, filosofiche o giuridiche, posso continuare serenamente.

Certamente l’istinto di conservazione non è proprio dell’uomo ma è una caratteristica biologica, quindi era presente anche nel gorilla di Cincinnati, com’è sicuramente presente in tutte le scimmie antropomorfe. Il termine antropomorfo ha un unico significato: a forma d’uomo, in poche parole, che ha aspetto umano. Dal punto di vista morfologico questa definizione non fa una grinza ma dal punto di vista evolutivo è il contrario, infatti, è l’uomo, il prodotto ultimo dell’evoluzione degli esseri antropomorfi. So bene che qualcuno comincerà a citare le teorie creative ma io sto disquisendo di teorie basate su riscontri scientifici. Insomma tra noi e le altre scimmie antropomorfe la “distanza” è molto breve! Se si chiede all’opinione pubblica che cosa hanno in comune l’uomo e lo scimpanzé, la risposta è semplice: si assomigliano. Se, invece, la stessa domanda viene fatta ad un biologo genetista risponderà: hanno più del 98 percento di DNA uguale.
Entrambe le categorie non considerano, però, il comportamento. Se quelli che hanno tenuto recluso il gorilla nello zoo di Cincinnati sapessero (e spero proprio che non lo sapessero) quanto i comportamenti di queste scimmie siano simili ai nostri, forse lo avrebbero liberato nelle montagne del Parco nazionale di Bwindi, in Uganda.
Certo il comportamento delle scimmie antropomorfe è molto primitivo rispetto a quello umano, infatti, uno scimpanzé, giunta la notte, si prepara un giaciglio di foglie e arbusti mentre l’uomo si prepara il letto con le lenzuola. L’uomo quando si ciba di carne usa accompagnarla con l’insalata e magari fa la “scarpetta” al condimento con il pane, lo scimpanzé nella stessa situazione accompagna la carne con delle foglie e con quelle raccoglie le piccole parti, insomma, fa la scarpetta! Le donne vanno a partorire in ospedale dove trovano altre donne che le aiutano: le ostetriche. Quando partorisce una scimpanzé le femmine del clan le si fanno intorno e l’aiutano.

L'OMBRA DELL'UOMO
di Jane Goodall
Castelvecch  
ISBN 978-8868261221
cartaceo 14,03€  | Acquista 


Potrei continuare con molti altri esempi ma mi limito a consigliare una lettura che può far percepire meglio perché ritengo queste scimmie i nostri “nonni antichi”

Nicolò Maniscalco
L'infinita quantità dei suoi hobbies li rende assolutamente non tutti elencabili, tra questi: l'Agility Dog, che pratica con i suoi amati Border Collie, e la lettura di libri e fumetti.
Dopo anni d’indecisione, inizia a scrivere un po' per gioco un po’ per mettersi alla prova.
Il Labirinto della Memoria, Zerounoundici Edizioni.
Nucleo operativo A5, Selfpublished.



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