Gli scrittori della porta accanto

[Arte] Primavalle Street Art: le opere urbane dei Muracci Nostri. La parola agli artisti, a cura di Samantha Terrasi

Fintan-Magee-Primavalle-Street Art

Primavalle Street Art, il festival di street art nato da un gruppo di artisti del quartiere romano, i Muracci Nostri, quest'anno dedicato a Gian Maria Volontè. La parola agli artisti: “Raccontiamo storie di cui la strada ha bisogno”.

Abbiamo davvero bisogno di dipingere i muri? La nostra storia passa attraverso i nostri occhi?
Dal 31 agosto al 4 settembre Primavalle si è vestita di colori nuovi. Il festival di street art, quest'anno dedicato a Gian Maria Volontè, attore impegnato che non si accontentava di essere “una macchina” in mano al potere, è stato il teatro di circa 40 artisti. Nomi noti in ambito nazionale e non solo, di artisti che hanno saputo rendere ai lettori una storia. Di professori come Franco Durelli che sono stati in strada. Di cuochi che hanno cucinato al mercato di Primavalle tirando fuori dal cilindro o dalla dispensa un piatto in più. 
Ma non è la favola del quartiere che come Cenerentola va al ballo e poi dimentica la scarpetta sulla scalinata aspettando il principe. È la storia della bella addormentata che dall’attesa si è svegliata, generando splendore attorno a sé. Bastava aggirarsi tra i quartieri di Primavalle, periferia di Roma, per rendersi conto che la storia la viviamo tutti noi sulla nostra pelle ma ognuno di noi parte dal proprio punto di vista per raccontarla. Qui hanno usato pennelli, colori, trabattelli, mani, cuore e voglia di mettersi in gioco. E mi sono persa e ritrovata tra queste strade per potervi raccontare la loro storia.

Qual è la difficoltà più grande che hai incontrato disegnando o mostrando la tua opera?
Tina Loiodice. La difficoltà è stata solo una l’inaspettata interferenza di un individuo che con le sue minacce, per niente velate, mi ha portata a dover modificare la mia opera per salvaguardare le altre e il buon andamento del Festival. Questo però ha avuto un suo risvolto positivo, ha dato vita ad un acceso, partecipato e costruttivo dibattito tra noi artisti, cittadini e organizzatori. Una brutta parentesi che i tanti cittadini entusiasti dei lavori e del nuovo volto del mercato mi hanno ripagato e fatto passare in secondo piano l'accaduto.

Cosa hai scelto di rappresentare per il festival?
Arianna Cola. Sono stata estremamente felice ed onorata quando Luis Gomez mi ha invitato a partecipare al Festival per fare una scultura. Essendo il tema del Festival “Gian Maria Volonté”, uomo ed attore appassionato, sempre impegnato civilmente e ricordato spesso per la sua interpretazione magistrale dell'anarchico Vanzetti, ho subito distillato due elementi che volevo rappresentare: la Passione, intesa come lotta per la difesa degli ideali, e l'Anarchia, dunque un “Cuore Anarchico”. Inoltre, ho riflettuto come il Cuore sia di per sé anarchico, in opposizione alla Ragione. Il risultato è stato un volume dinamico, scomposto, quasi architettonico, con pieni e vuoti, in cui la presenza del color oro rafforza la preziosità dei valori e degli ideali. Ho voluto rappresentare il nucleo del nucleo, quello che in inglese si chiama “core”, in questa gradevole coincidenza con il dialetto romano.

Primavalle-Street-Art-Tina-Loiodice

A giudicare da questi artisti, i passi sono i colori che si susseguono implorando di essere vissuti. Sono coperte del nostro vivere una città, una parte delle nostre case. La nostra vita ha un dentro, un meraviglioso fuori da mostrare. Non sono suppellettili o ciarpame ma cappelli di emozioni talvolta in bianco e nero, talvolta a colori. Ognuno ha qualcosa da dire e lo fa con il suo personale spessore.

Che ruolo sta acquistando la street art?

Marco Giovanni Lo Rocco. Premesso che il termine Street Art un tempo catalogava quella forma d'arte usata come strumento di denuncia e di protesta e realizzata sempre in clandestinità e in modo illegale, ora invece la maggior parte degli interventi artistici sono autorizzati legalmente e ci sarebbe da aprire un dibattito se continuarla a chiamare Street Art, in ogni caso penso che sia diventato un ottimo strumento sociale di aggregazione, questi interventi eseguiti in occasione di eventi nelle nostre periferie sono un modo per sensibilizzare le persone a riappropriarsi di luoghi abbandonati all'incuria e all'indifferenza, uno stimolo ad uscire dall'isolamento a cui sono ormai abituati alcuni quartieri di Roma e di altri paesi, un modo per creare interesse e voglia di sapere il perché di un disegno piuttosto che un altro, dietro ogni intervento c'è una storia del presente o del passato che si vuole raccontare. Personalmente ho seguito diversi eventi del genere ( TorMarancia, Primavalle, Trullo, Labaro) e una cosa ho capito, la gente ha voglia di uscire dal proprio guscio, ha voglia di stare insieme, ha voglia di far conoscere i problemi che esistono nei nostri quartieri e che non vengono risolti dalle istituzioni e la Street Art è uno strumento che può servire a tutto ciò.

Per realizzare un’opera così grande su cosa fai affidamento istinto, genio creativo o hai un segreto?
Daniele Roncaccia. Faccio affidamento sul caffè, ascolto il mio stato d'animo per capire al meglio cosa voglio comunicare, la genialità è intorno a noi, come una sorta di paradiso. Spesso siamo così alienati da non vederlo e spesso è proprio l' alienazione a svelarci certe verità. Poi la parola spetta agli strumenti (pennelli, colori...) parto da uno scarabocchio, che si fa strada anche tra gli errori, lui assume la sua forma ed io assisto ad una magia.

Qual è la cosa che ricorderai di questo festival?
Luis Gomez de Teran. Il festival è stato un concentrato di vita, in cinque giorni sono successe un miliardo di cose, ovviamente alcune belle altre meno e spesso sono le due facce della stessa medaglia. La Rouille è un artista francese, ma prima ancora è una splendida persona, ho voluto fortemente un suo intervento a Primavalle perché la sua pittura è poetica, intensa e drammaticamente vera. Gli abbiamo riservato la facciata principale del festival, a via Pietro Bembo, una strada di case popolari che qualcuno definisce particolarmente "difficili" e lui ci ha realizzato un'opera stupenda. I versi di una splendida poesia di Maurizio che parlano di maternità e speranza accompagnano un ritratto intimo di una donna che sembra fermarsi un istante per guardarsi dentro. Ma è proprio questa riflessione che ha spaventato gli abitanti della zona. Sono abituato a una certa dose di critiche, spesso le ascolto e altrettanto spesso le ignoro, ma in questo caso alcuni attacchi all'opera sono sfociati nella maleducazione e nella mancanza di rispetto al lavoro e alla fatica della persona che dipingeva, di quella che ha scritto i versi e di quelle che stavano lavorando per rendere più bello il loro contesto. Sedati dalle bugie della televisione, che ci ha imposto immagini di vincitori come obiettivi di vita, uomini e donne sorridenti, compiaciuti tra lucette e colori, per farci scordare che nella vita esistono l'ombra e la fatica, ci siamo abituati a nascondere chi siamo perché non fingere è doloroso e hanno sostituito il concetto di "bello" con quello di "carino".

Luis-Gomez-de-Teran

Luis-Gomez-de-Teran

Radio Zulu che ha intrattenuto l’anima del festival fermando istanti preziosi tra una birra e una patatina da sgranocchiare. L’ha fatto nella maniera più spontanea possibile. Condividendo e lasciando un cuore.

Cosa rappresenta per te Primavalle?

Tina Loiodice. Primavalle rappresenta il ricordo. Da bambina frequentavo il quartiere perché ci abitavano i miei nonni e due dei miei zii con i cugini. Ritornarci mi ha fatto affiorare quei tempi ormai lontani e felici ricordi: un dono che me l'ha resa familiare e amata.

La tua opera presente all’interno del mercato di Primavalle rappresenta una parte di te?
Arianna Cola. Sì, credo che mi rappresenti: il Rosso nelle sue diverse gradazioni rappresenta l'ardore e la passione che metto nella mia arte e con cui difendo i miei valori ed i miei ideali; il Nero rappresenta quella parte inconscia ed onirica che mi è molto cara, responsabile di far germogliare idee ed evoluzione personale nel buio e nel silenzio, ed infine l'Oro che rappresenta una certa “nobiltà d'animo” che credo di avere e che cerco di preservare.

Cosa è per te il “bello”?
Luis Gomez de Teran. Mi sono accorto che è difficile parlare con le persone se non dai ciò a cui sono abituati, mi sono accorto che siamo abituati alla banalità che ci siamo lasciati imporre e che ci vorrà ancora molto per superarla. Mi sono accorto che siamo stati fottuti a fondo. C'è stata però tanta bellezza tra le strade del festival. Una bellezza piccola e gentile, fatta di prime opere per persone che non avevano mai dipinto su un muro, fatta di ringraziamenti, complimenti e offerte di aiuto, fatta di fatica, tanta fatica che alla fine è stata premiata da un quartiere più felice di essere quartiere, fatta di ricordi dolorosi per chi non c'è più e di parole su progetti che ancora devono nascere. Mi ricorderò le persone che hanno accolto Cesar e la sua opera sul muro di casa e che lo hanno aiutato e invitato a casa per pranzare insieme. Mi ricorderò le persone delle case occupate che vogliono rasare un'altra parete nel loro cortile perché qualcuno la dipinga. Mi ricorderò la signora che si è fermata con la macchina per ringraziarci e ci ha regalato venti euro, ricorderò lei, ma so che sono stati tanti altri a fare lo stesso. Mi ricorderò i pranzi al mercato, le opere dei bambini sulle porte e sulle pietre, i cani e le opere dei grandi, belle e brutte, mi ricorderò di aver fatto qualcosa anche senza saperla fare e alla fine di essere riusciti in qualche modo a farla bene e spero che quando tra un anno dovremo decidere se fare un altro festival saranno questi i ricordi che mi aiuteranno a prendere questa scelta. Intanto torno a fare l'unica cosa che so fare.

Raffaele Fiorella e Alessandro Suzzi, in arte Gods in Love, sporchi di colore ci tengono compagnia accanto alla scala gialla che crea un bel contrasto con il loro murales. Mi dicono con orgoglio che vengono dalla Puglia.

Cosa rappresenta il vostro dipinto?
Raffaele. La classe operaia che va in paradiso.
Alessandro. L’ascesa degli operai visti come… altri uomini.

Le forme sono rosse, i tocchi di luce che vengono spennellati dopo pranzo. Il sole che non intende calare. E mentre Raffaele mi parla del suo progetto Alessandro mi guarda. "Mi sposti la scala?", "Ecco a cosa servo", risponde Raffaele. Di lui, mi piace una frase presa dal suo sito
Lo spettatore indaga, immagina, ma non saprà mai se si tratta di verità o pura invenzione.

Giulio-Regeni-El-Teneen

Il mondo è anche occhio dei fotografi. 

Che cosa significa per te Marco, fotografare i murales?
Marco Giovanni Lo Rocco. Per me fotografare la Street Art significa immergermi in un mondo di colori, significa dare visibilità' agli artisti affermati o meno, significa mantenere il ricordo di un'arte per antonomasia effimera che oggi c'è e domani non più' ma sopratutto da quando ho creato il gruppo Cacciatori di Street Art, significa condividere e portare a conoscenza con più' persone questo fenomeno.

Ti ritrovi in una strada larga e un artista riempie la vista di colori freddi ma fluttuanti. Cosa è per te un sogno?
Daniele Roncaccia. Il sogno è uno stato mentale reale, perché vive dentro e fuori la realtà. Per me è molto importante, vive nei fraintendimenti, in sinapsi imprevedibili, negli stati onirici e si lascia trasportare di buon gusto dalla musica, su e giù per i paesaggi dell'anima. Sognare è bello, realizzare un sogno anche solo raccontandolo è uno sforzo che vale la pena fare.


E poi c’è l’anima, il (pro)motoreMuracci Nostri, il collettivo di street artist del quartiere Primavalle, un progetto nato due anni fa da un’idea del poeta e scrittore Maurizio Mequio.
Noi siamo siamo totalmente indipendenti, raccontiamo storie di cui la strada ha bisogno.
Il Festival ha espresso opere di grande qualità, molto molto difficili, molto molto belle. C'è stata convivenza tra lettere, immagini e sculture, non si è badato ai like, ma a far riflettere. Ci siamo presi per mano e ci siamo stretti forte.
L'onda del tempo
farà noi
insieme
forti
nudi.


Samantha Terrasi
Vivo tra Torino e Roma, dove sono nata. Mia nonna avrebbe voluto che mi chiamassi Maria Concetta, ma per fortuna mio padre di ritorno da un viaggio negli States mi ha chiamato Samantha, rigorosamente con la h. Formazione scientifica, una laurea in biologia molecolare per poi scegliere di tramandare il mio sapere agli studenti. Sono una professoressa di matematica e scienze senza occhiali e quando non mi trovo tra equazioni e studenti, scrivo.
Parole nel vento, Aletti Editore, 2012.
Ti aspetto, Lupo Editore.



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2 commenti
  1. Bellissimo articolo Samantha, anche se ti sei scordata dell'artista più "giovane" del festival ;-)

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