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Lion, la strada verso casa, un film di Garth Davis: la recensione

Lion, la strada verso casa, un film di Garth Davis: la recensione

Cinema Recensione di Ornella Nalon. Lion, la strada verso casa. Da un libro autobiografico, un film che non può lasciare indifferenti.  

Saroo è il secondo di tre figli di una povera donna indiana che cerca di mantenere la famiglia raccogliendo e trasportando pietre. La figlia minore è troppo piccola per dare una mano, ma lui ha cinque anni, suo fratello circa il doppio e loro due fanno quello che possono per aiutare la madre a sbarcare il lunario.
Dunque, eccoli a saltare su un treno in corsa per rubare un po' di carbone da barattare con qualche decilitro di latte, oppure trasportare balle di fieno, in piena notte. Sarà quest'ultimo lavoro, l'occasione per una tragedia familiare.
Saroo si crede, vuole essere, grande, ma alla sua età, in piena notte, crolla dal sonno ed è così che suo fratello Guddu lo lascia dormire su una panchina della stazione e si avvia al lavoro dopo essersi fatto promettere che non si sarebbe mosso da lì prima del suo ritorno.
Ma non sarà così.

Quando il bambino si sveglia e si trova completamente solo, si spaventa.

Chiama a gran voce il fratello, lo cerca tra i vagoni, attraversando i marciapiedi e i binari, urlando il suo nome, finché sale sulla carrozza di un treno e si addormenta, stremato dalla stanchezza e dal terrore.
Il treno parte verso la sua destinazione, Calcutta, che dista più di mille chilometri da Madras, paese d'origine del bimbo, e lo catapulta in una metropoli caotica, in cui la gente indaffarata lo guarda senza vederlo, lo destina a una condizione di solitudine e vagabondaggio che dura alcuni mesi, finché viene preso e condotto in un orfanotrofio dove altri bambini lo accolgono, ognuno con una storia diversa, ma fatta comunque di drammi e di miseria.
A Calcutta parlano una lingua diversa dalla sua e lui non ricorda nemmeno bene il nome della sua città; crede si chiami Ganestilay, ma nella mappa non esiste.
Così, la tentata ricerca della sua famiglia non dà alcun frutto e Saroo viene dato in adozione.
Lo accolgono Sue e Jhon, due Australiani che lo condurranno a Hobart, in Tasmania, in seno a una famiglia benestante e calorosa.
Dopo qualche anno avrà la compagnia di un fratello, anche lui adottato, il quale si presenta con dei problemi comportamentali che saranno destinati a perdurare e peggiorare nel tempo.

Lion, la strada verso casa

Lion, la strada verso casa

REGIA Garth Davis
SCENEGGIATURA Luke Davies
PRODUZIONE See-Saw Films, Aquarius Films, Screen Australia
MUSICHE Dustin O'Halloran, Volker Bertelmann
DISTRIBUZIONE Eagle Pictures
ANNO 2016

CAST: Nicole Kidman, Dev Patel, Rooney Mara, David Wenham, Eamon Farren, Nawazuddin Siddiqui, Tannishtha Chatteriee

Passano vent'anni. 

Saroo è adorato e adora a sua volta i genitori, tifa per le squadre sportive australiane, studia con profitto per crearsi un posto nel mondo, si innamora ed è ricambiato dalla dolce Lucy.
Fin qui, sembra una favola a lieto fine, ma non è proprio così.
In venti anni si possono seppellire i ricordi infantili sotto una montagna di altri, ciò nonostante non verranno mai del tutto cancellati, soprattutto se legati a eventi traumatici.
Ed è così che nel ragazzo si insinua il desiderio, che con il tempo diventa un'esigenza, di ritrovare la sua famiglia d'origine. Sente che deve farlo per lenire il dolore della sua perdita e, forse anche, per chiedere perdono per esserne stato il responsabile.
Gli elementi per fare la ricerca sono esigui: il nome di una città che probabilmente ricorda storpiato e la reminiscenza di una cisterna per l'acqua in prossimità di una delle prime stazioni in cui il treno si era fermato.
Unico mezzo: Google Earth.
Ci vorranno molte notti insonni, discussioni e incomprensioni con la fidanzata e silenzi colpevoli con i genitori, che metteranno a repentaglio ciò che di bello ha costruito sino a quel momento, ma la missione viene portata a termine.
Finalmente, Saroo ritorna in India, nella sua città che si chiama Ganesh Tilai e ricompone tutto ciò che di frammentato ed elaborato dalla mente di un bambino permaneva nella sua memoria.

Lion, la strada verso casa non lascia indifferente lo spettatore; certo può piacere oppure meno, ma il lato umano della storia, anche in considerazione del fatto che sia reale, è destinato a smuovere l'emotività di chiunque.

Il film è suddiviso in due tempi ben precisi i quali, all'incirca, coincidono con quelli cinematografici effettivi.
Uno di essi accompagna Saroo da bambino. Lo si vede in alcuni scorci di vita, mentre assieme al fratello porta a compimento qualche piccolo furto o qualche lavoro per sopravvivere, poi con la sorella piccola che, a volte deve accudire e ancora con la madre che sente il dovere di aiutare e rendere felice. Vivono in una stanza diroccata, la povertà è estrema, ma si respira condivisione e amore. Arriva il momento in cui si smarrisce e le riprese sono concentrate sul suo volto spaventato, l'eco della sua voce che grida il nome del fratello rimbalza da un vagone vuoto all'altro a testimonianza di quanto disarmante doveva apparirgli la sua solitudine.

E poi Calcutta.

Gente ammassata che va per la propria strada sovrastandolo e sommergendolo, aggiungendo un senso di soffocamento alla desolazione che prova. Gente che mangia affacciata alla vetrata di un ristorante e che lui imita guardandola, portando alla bocca un cucchiaio vuoto che ha trovato nella discarica.
La mano di una donna che sembra misericordiosa si tende. Viene accudito, ma con il solo scopo di trarre profitto da un'adozione trattata come uno scambio commerciale. Scappa Saroo perché, se pur piccolo, è stato svezzato dalla strada e ha imparato a percepire i segnali di pericolo là dove uno sguardo appare ambiguo, un sorriso diventa una minaccia.
È un atto lungo, questo, che contorce l'animo, che duole davvero, tanto. È un atto che mostra la tristezza di un bambino che si è perso, ma fa vedere anche il volto di un intero paese che si è piegato alla miseria perdendo il rispetto umano. Il secondo atto sembra addirittura appartenere a un film diverso. Le riprese ci prospettano un mondo completamente differente, quello ricco, comodo, felice della Tasmania, che potrebbe comunque rappresentare tutti i paesi occidentali.



Ma siamo certi che benessere e felicità vadano a braccetto? 

Questo film ci potrebbe dare una conferma, ammesso che ce ne sia bisogno, che non è così, che il collegamento tra l'uno e l'altra a volte è davvero esiguo, se non del tutto inesistente.
In questo contesto, per la maggior parte, Saroo si vede in età adulta, quando le sue basi per il futuro sono già state poste e sembrano essere buone e solide, completate dal subentro di un amore. Ha tutto ciò che un venticinquenne potrebbe volere e invece non è ancora tutto: qualcosa manca, un tassello molto importante deve essere recuperato dal suo passato per poter raggiungere la serenità.
Molte sono le scene in cui il protagonista si impegna nella ricerca della sua città d'origine, attraverso Google Earth; forse troppe, si è lamentato qualcuno, ma a mio avviso doveva essere dimostrato tutto l'impegno e il tempo che il ragazzo ha veramente impiegato e il travaglio interiore che dev'essergli costato. Una ricerca difficile e lunga che grazie alla tecnologia, questa volta dalla parte del bene, ha trovato una felice soluzione.

Un film che deve molto alla fotografia e alla magistrale interpretazione di Sunny Pauar nella veste di Saroo bambino e di Dav Patel (The milionaire) in quella di uomo.

Intenso, pur se non di primaria importanza, il ruolo di Nikole Kidman nella madre adottiva. Una donna che ha scelto l'adozione per un'esigenza dettata dalla generosità e non da qualche impedimento che le potesse negare una maternità naturale. Poco rilievo è stato dato alla figura del padre, David Wenhame, e scarso anche a quella del fratello adottivo che, come dicevo, era affetto da qualche squilibrio psichico, ma tanto è bastato per farmi comprendere quanto siano determinanti, per uno sviluppo equilibrato, i primi anni di vita, in cui tutta la struttura caratteriale dev'essere edificata.
Lion termina in modo prevedibile, ma in questo caso nessuno può tacciarlo di banalità, perché è così che è andata la storia vera e di certo è l'unica fine che avrei desiderato. Si chiude in dolcezza che, tuttavia, non riesce a cancellare del tutto l'amaro trasfuso.
Molto teneri anche gli spezzoni finali che fanno conoscere i veri personaggi, il che rende tutto molto più reale e coinvolgente. Ma una piccola sorpresa non manca: solo alla fine sarà svelato il significato del titolo.



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Ornella Nalon
I miei hobby sono: il giardinaggio, la buona cucina, il cinema e, naturalmente, la scrittura, che pratico con frequenza quotidiana. Scrivo con passione e trasporto e riesco a emozionarmi mentre lo faccio. La mia speranza è di trasmettere almeno un po’ di quella emozione a coloro che leggeranno le mie storie.
Quattro sentieri variopinti”, Arduino Sacco Editore
Oltre i Confini del Mondo”, 0111 Edizioni
Ad ali spiegate”, Edizioni Montag
Non tutto è come sembra”, da 0111 Edizioni.


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