Gli scrittori della porta accanto

[Libri] "L'anno dei fiori di papavero" di Corina Bomann, incipit #97

Le scale sembravano non finire mai.

L-anno-dei-fiori-di-papavero-Corina-Bomann-incipit

L'anno dei
fiori di papavero

di  Corina Bomann
Piemme

cartaceo 12,67€
ebook 9,99€

Scenderle era una delle più grandi fatiche di quelle ultime ore: salirle era stato meno impegnativo, perché lo avevo fatto piena di aspettative, seppur timorose. Ora, invece, ero schiacciata dalla consapevolezza.
Avrei potuto prendere l’ascensore, ma avevo bisogno di un altro po’ di tempo prima di uscire da quel palazzo. L’eco sorda del mio respiro tra le pareti, lo sferragliare di un treno fuori, le dita sudate aggrappate al corrimano, il cuore in tachicardia… mi fermai. Un respiro profondo.
Di sopra si aprì una porta: risate, saluti gioiosi. La felicità della donna uscita dopo di me dallo studio della ginecologa era inequivocabile.
Mi sentii come stordita: non ero pessimista, ma la notizia che avevo ricevuto aveva stravolto tutti i miei piani.
Quel mattino mi aveva chiamato l’infermiera: la dottoressa desiderava parlarmi della mia gravidanza. Al telefono non mi aveva anticipato niente – non poteva –, ma subito mi ero agitata.
Ci saremmo dovute vedere la settimana successiva, per il referto dell’ecografia che avevo fatto un paio di giorni prima… quando sembrava ancora tutto a posto. O meglio, quando la dottoressa Mandelbaum non aveva notato niente di strano.
Eppure, in un istante era cambiato tutto: nessun medico ti chiama per prendere un appuntamento, se va tutto bene.
Avevo trentotto anni ed ero all’inizio del quarto mese, insomma, non proprio una madre giovanissima in attesa del primo figlio. Poteva succedere di tutto.
Mentre mi dirigevo allo studio ero precipitata nel panico: poteva essere il diabete gestazionale? Oppure il mio bambino aveva qualche problema?
In quel momento avrei voluto che con me ci fosse David, e speravo che si trattasse solo di un falso allarme.
La donna appena uscita dallo studio comparve accanto a me sulle scale. Solo un quarto d’ora prima eravamo sedute insieme in sala d’attesa. Profumava di colonia. Aveva un cappotto giallo e un cappellino rosa fatto a maglia. I nostri sguardi si incrociarono per un attimo, ma il modo in cui la guardai la bloccò.
«C’è qualcosa che non va?» chiese.
«No, no, tutto a posto, grazie» risposi per tranquillizzarla.
Lei, così raggiante di felicità, mi scrutò ancora un attimo e poi proseguì.
La osservai scendere le scale, leggera. Non avevo idea di chi fosse, se era lì perché incinta o per una semplice visita di controllo. Ma evidentemente era andato tutto bene, non c’era un’ombra di preoccupazione sul suo volto.
E io? Che impressione davo io, su quelle scale? Ciò che avevo appena scoperto mi si leggeva in faccia?
Cercai di sentire cosa accadeva dentro di me. Nulla, non percepii nulla, ma sapevo che qualcosa c’era. Qualcosa che rischiava di portarmi via tutti i miei sogni.

«Signorina Schwarz.» Sentivo la voce della dottoressa Mandelbaum riecheggiare dentro di me. 

«Da un esame più approfondito purtroppo risulta che c’è qualcosa di anomalo. Per la precisione, un ispessimento della fessura nucale. Però non ne sono del tutto sicura, quindi vorrei farle un’altra ecografia e il test della translucenza.»
Poco dopo ero di nuovo sul lettino a osservare l’immagine del mio bambino sul monitor. Solo un ammasso di puntini bianchi su uno sfondo nero, ma io in quei puntini riconoscevo mio figlio, la testa, il corpo che cresceva. Appena saputo della gravidanza mi ero procurata un gran numero di libri che illustravano cosa sarebbe accaduto nei mesi a venire. Forse mi ero imbattuta anche nel “test della translucenza nucale”, ma felice com’ero non gli avevo prestato la minima attenzione.
I lineamenti del viso della dottoressa Mandelbaum si tesero. «Purtroppo è come temevo.»
«E cosa significa?» domandai terrorizzata.
«La fessura nucale presenta un’anomalia, e anche il battito cardiaco non mi sembra normale.» Si girò per guardarmi. «Temo che suo figlio abbia una malformazione cardiaca.»
«In che senso? Che malformazione?» Più che pronunciate, erano parole ansimate. Respiravo con difficoltà.
«Ancora è presto per dirlo con certezza: vorrei mandarla da un mio collega in possesso di apparecchiature più sofisticate. Lui capirà se è tutto a posto e, se non fosse così, le saprà dire di cosa si tratta. Alcune malformazioni, come quelle del setto interventricolare, possono essere eliminate con un’operazione post-natale, in altri casi è necessario intervenire già nell’utero. Ad ogni modo, prima di mettere a punto una terapia abbiamo bisogno di un referto specialistico.»
Era come se mi fosse appena piombato addosso un macigno. La consapevolezza era molto peggio delle aspettative piene di timore.

«Sì, ma cosa vuol dire?» domandai ancora confusa, con le lacrime agli occhi e il respiro sempre più affannoso. «Mio figlio… potrebbe… potrebbe morire?»

«Signorina Schwarz, farò tutto ciò che è in mio potere perché non succeda» mi rassicurò la dottoressa Mandelbaum con un moto di empatia, ma fu una misera consolazione. Dal suo sguardo capii che sì, sarebbe potuto succedere. «Intanto le prendo un appuntamento dallo specialista, poi vediamo. La pregherei di informarsi sulle malattie pregresse della vostra famiglia. Nella sua, o in quella del padre del bambino, ci sono problemi di salute ereditari?»
«Me lo ha già chiesto…» dissi con lo sguardo sempre più confuso. «Ecco… non lo so. Dalla parte del…» Mi fermai. David. Stavo per chiamarlo “il mio fidanzato”… invece non lo era più, e mi ero anche ripromessa di non pensarci. «Dalla parte del padre non lo so» proseguii cercando di mantenere la calma. «Ecco… non mi ha mai detto nulla.» In realtà la nostra relazione era arrivata a un punto che, se qualcuno nella sua famiglia avesse avuto una malformazione cardiaca, me ne avrebbe senz’altro parlato. «Mia madre e mia zia stanno benissimo, e anche i miei nonni godevano di ottima salute… In realtà non so molto di loro, ma…»
«Dalla sua cartella però risulta che non ha mai conosciuto suo padre…»
«Sì, è morto poco prima che nascessi.»
Mia madre mi aveva parlato raramente di lui, la sua scomparsa doveva averla segnata nel profondo. Lo aveva amato tanto, anche dopo; da quel che ricordavo non aveva avuto nessun’altra relazione importante. Sì, qualche storiella ogni tanto, ma nessuno era riuscito a insediarsi in pianta stabile nella nostra “Casa di donne”. Mia madre la chiamava così.
«Bene, allora chieda al padre del bambino se nella sua famiglia ci sono precedenti. Però potrebbe dipendere anche dal suo, di padre…» aveva concluso la dottoressa Mandelbaum. «Parli con sua madre, è importante sapere se lui aveva problemi di cuore, o se c’era qualcun altro in famiglia. Sa, per impostare meglio la terapia…»
Davvero poteva essere stato il padre che non avevo mai conosciuto a lasciarmi questa terribile eredità? E mia madre lo sapeva? Perché non mi aveva mai detto nulla?

Quarta di copertina
"L'anno dei fiori di papavero" di Corina Bomann, Giunti, 2016.

Un villaggio immerso nei campi di papavero, la passione di due giovani destinati a essere nemici, una donna coraggiosa che vuole scoprire la verità su suo padre.
Il calore di una famiglia numerosa e due genitori che si amano: è questo che Nicole ha sempre sognato fin da bambina. Cresciuta da una madre single che non ha mai voluto parlarle di suo padre, né accogliere un altro uomo nello loro piccola ''casa di donne'', Nicole è fuori di sé dalla gioia quando, a 38 anni, scopre di essere incinta. Talmente felice da sperare che il fidanzato David - da sempre contrario a mettere su famiglia - possa comunque seguirla in questa avventura. Ma quando David la abbandona e Nicole scopre che il bambino ha un problema cardiaco, l'unico rifugio sicuro sarà proprio la tenuta vinicola della madre Marianne. Determinata a sapere se la malattia del bimbo è ereditaria, Nicole riesce finalmente a convincerla a parlarle di suo padre. Un viaggio a ritroso che la porterà in Lorena, a Bar-le-Duc, un villaggio circondato da vigneti e magnifici campi di papavero, dove Marianne aveva lavorato come insegnante negli anni '70, scoprendo a sue spese il radicato astio degli abitanti verso i tedeschi. Ma non tutti vedevano in Marianne una nemica, soprattutto l'affascinante viticoltore Michel, che però era già promesso a un'altra donna...
La storia di un grande amore che supera ogni odio e pregiudizio. Il nuovo, avvincente romanzo di un'autrice da mezzo milione di copie.

★★★★★

Il buon giorno di vede dal mattino, dicono, e un buon incipit e una copertina accattivante possono essere il perfetto bigliettino da visita di un libro.
Secondo voi, quante stelline si merita il biglietto da visita di questo libro?

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