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Recensioni: L'avventurosa storia dell'uzbeko muto, di Louis Sepúlveda

Recensioni: L'avventurosa storia dell'uzbeko muto, di Louis Sepúlveda

Libri Recensione di Samantha Terrasi. L'avventurosa storia dell'uzbeko muto, di Luis Sepúlveda (Guanda). Un inno per i giovani. Alla ribellione, alla libertà. È l’immortale Che Guevara colto nelle sue ultime ore.

Ramiro non è né uzbeco, né muto. È un peruviano che come tanti studenti dell’America Latina, immaginano e inseguono un’istruzione sovietica a Mosca. Ramiro però non vede niente in una città come Mosca e allora scappa, sogna prima Parigi, poi Praga, per ritrovarsi in Uzbekistan. Dove non c’è neanche una goccia di alcol a scaldarlo. Grazie all’aiuto di un pope generoso riuscirà a tornare a Mosca con un cartello al collo: "sono muto".
È uno dei racconti che Sepúlveda ci lascia in questo libricino dai colori forti. La rivoluzione, la guerriglia, il socialismo, la voglia di inseguire i sogni tipici dei ribelli o degli adolescenti che credono che il mondo sia nelle loro mani. La parità di classe. Il tutto si insegue tra calli, strade, rumori assordanti, condor scambiati per tacchini e mangiati, e un sottile velo di ironia.
Non si prendono in giro i personaggi, ma qualcuno si rende ridicolo nel solo mostrarsi così ingenuo nei suoi anni ribelli e poi malinconico a ricordare i compagni caduti.
Nella perseveranza si cela la via della perfezione, dell’eccellenza, so che un giorno la mia versione supererà quella di Bobby Vinton.
Blue Velvet

Questa raccolta di racconti è un modo per rendere memoria alla sua giovinezza militante, di fondere il poeta e il combattente in un’unica forma. 

È anche un modo per mostrarci i sogni, quelli che rendono il sangue vivo, bollente anche se la vita dei ribelli è pericolosa. La morte spesso spegneva i sogni di qualcuno, ma venivano spostati sui compagni. C’erano contenitori enormi di sogni. Essi muovevano la gente, facevano sperare, anche se qualcuno non ha mai alzato un dito dal tavolo.
Un certo giorno l’universo si fermò, stanco di spingere galassie, e cessò ogni movimento. Così Bichito rimase lì a guardare senza vedere, senza sentire le mani che accarezzavano i lunghi capelli, immune al ricordo ardente, in salvo del gelido oblio. Da quel momento fino alla fine precoce della sua esistenza, il suo unico gesto fu mostrare le mani aperte, come a sostenere, ancora il fragile corpo degli anni buoni, degli anni duri, degli anni felici.
Bichito

La vena autobiografica dell’autore ci riporta al Cile, alla sua patria, che sotto la dittatura di Pinochet gli tolse la cittadinanza. 

Per questo il libro, che può sembrare piccolo, è un inno per i giovani alla ribellione dalla sopraffazione. Ogni dittatura è una castrazione degli ideali che poi si fondono con i sogni. È un inno alla libertà che passa per la seducente Bichito. È l’immortale Che Guevara colto nelle sue ultime ore. È il coraggio di raccontare attraverso tante storie il suo passato e ricostruirlo.
Ci sono cose che accadono per puro caso, se vogliamo così definire il punto centrale della corda su cui si incontrano due funamboli, là dove solo uno può passare e proseguire fino all’altro capo.
Anno 59 Juche

L'avventurosa storia dell'uzbeko muto

di Luis Sepúlveda
Guanda
Narrativa
ISBN 978-8823511286
cartaceo 12,33€
ebook 7,99€

Sinossi

La giovinezza, si sa, è l'età degli ideali, delle grandi battaglie, ma anche del velleitarismo, delle bevute con gli amici, dell'inquietudine sentimentale. E i giovani sudamericani degli anni Settanta non facevano certo eccezione. In questo "romanzo in storie" Luis Sepúlveda racconta il passato e i sogni della sua generazione, e lo fa attraverso la lente dell'affetto e dello humour, che stempera le tensioni e ci riporta intatti le passioni e gli entusiasmi della sua giovinezza militante. Così scopriamo che una rapina in banca poteva essere un esproprio proletario, o addirittura fornire a un cantante mancato un'imperdibile occasione per esibirsi alla chitarra. Poi vediamo all'opera una squadra dell'Esercito di liberazione nazionale impegnata a rubare delle armi, incappando in una serie di intoppi tragicomici, ma attirando anche collaborazioni inattese. E incontriamo in queste pagine, tra gli altri, il bizzarro personaggio del titolo, che non è... né uzbeko né muto. Si tratta infatti del peruviano Ramiro, vincitore di una borsa di studio all'Università Lomonosov, destinato a ricevere un'educazione sovietica nella Patria del Socialismo. Peccato che a Mosca Ramiro non trovi nulla di quello che gli interessa davvero, cioè le ragazze, la musica e l'alcol. Peggio gli va quando tenta di raggiungere Praga, dove si dice che tutte queste cose abbondino, ma approda invece in Uzbekistan... Tra sorriso e nostalgia, queste pagine ci fanno rivivere "il bel sogno di essere giovani senza chiedere il permesso".



samantha-terrasi

Samantha Terrasi
Vivo tra Torino e Roma, dove sono nata. Mia nonna avrebbe voluto che mi chiamassi Maria Concetta, ma per fortuna mio padre di ritorno da un viaggio negli States mi ha chiamato Samantha, rigorosamente con la h. Formazione scientifica, una laurea in biologia molecolare per poi scegliere di tramandare il mio sapere agli studenti. Sono una professoressa di matematica e scienze senza occhiali e quando non mi trovo tra equazioni e studenti, scrivo.
Parole nel vento, Aletti Editore, 2012.
Ti aspetto, Lupo Editore.


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