Gli scrittori della porta accanto

[Libri] "Via Dell'Arcobaleno 67, Interno 7" di Paola Fratnik, incipit #131

Via Dell'Arcobaleno 67, Interno 7, di Paola Fratnik - Copertina

«Everybody’s at war whit different things… I’m at war with my own heart sometimes»

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Via Dell'Arcobaleno 67, Interno 7 - Copertina

Via Dell'Arcobaleno 67
Interno 7

di Paola Fratnik
Youcanprint
ebook 4,99€
cartaceo 9,50€



(Ognuno di noi è in guerra con qualcosa… A volte io sono in guerra con il mio cuore)
2Pack

La suoneria mi esplode in testa.
Non capisco per diverso tempo cosa sia il rumore che mi martella nelle orecchie.
Devo essere morto.
Però mi sento troppo male per esserlo e inoltre, non penso affatto che nel Paradiso, nel Nirvana o in quello che vi pare, ci sia questo casino.
Cerco a tentoni la sveglia e la scaravento contro il muro, non è la prima e non sarà l’ultima che fà questa fine.
Tra due ore, invece, devo essere operativo a tutti i costi. Inesorabilmente!
Alzarmi e iniziare a prepararmi non riesco proprio a farmelo piacere in nessun modo.
È una mazzata in mezzo la fronte.
Forse una mazzata sarebbe meglio oggi.

Riesco a raggiungere il terrazzo anche se lentamente: nei giorni di festa il quartiere sonnecchia: nessun clacson, nessun vociare frenetico o cicalecci di bambini usciti dalla scuola poco lontana.
La vicinanza di Villa Ada rende la mia zona relativamente fresca e con un inquinamento accettabile per i miei polmoni.
Del resto io amo vivere in città, non capisco chi ama la campagna e non c’è assolutamente niente di bucolico in me. Se vedessi un cespuglio potrei dargli fuoco e incenerirlo.
Respiro profondamente.
Apprezzo le mattine con l’aria fine, quasi marina.
Amo la mia casa, non perché sia un rifugio, ma semplicemente perché comoda, funzionale e il palazzo di cinque piani è misurato e indifferente ai suoi stessi inquilini.
Sono legato anche alla strada, privata e discreta, con accanto tutti i negozietti che fanno fronte alle più svariate necessità.

Fumare no.
Oggi bruciano gli occhi.
Li sbatto ripetutamente e socchiudendoli fisso il cielo terso.
Assolutamente non dovrei, ma non resisto alla bellezza di questa immagine.
Un areo sfreccia in alto lasciando una scia chiara dietro di sè.
Sarà tossica sicuramente!
Oggi mi ritrovo con l’animo insopportabilmente languido, ne deduco di trovarmi sull’orlo del crollo psicologico più totale.
Passo una mano tra i capelli cercando di sistemarli e per scacciare i pensieri pesanti.
Che, tuttavia rimangono lì, inchiodati nella mente.

Il caffè è nero e fragrante.
Ringraziamo il Cielo per la tecnologia! La caffettiera è sempre sincronizzata con la sveglia e mi semplifica, ogni mattina, questo risveglio simile a una uscita dal coma.
Molti disapprovano bere o mangiare dalle posate di plastica, ma ho bevuto e mangiato in ben altri modi inquietanti, quindi per me, tutto è quasi un lusso.
Sono attaccato in maniera maniacale a questi bicchieri neri di carta che uso per colazione, ci sarà un motivo che per adesso mi è del tutto oscuro, anche se temo che si tratti di un disturbo mentale sconosciuto.
Inoltre odio profondamente fare qualcosa in più dello stretto necessario, come occuparsi delle stoviglie da lavare per esempio, il che non ha senso perché ci pensa già Helena, e lì ho l’ennesima conferma che i miei meccanismi celebrali non sono oliati a dovere.

Doccia mattutina necessaria.

Ieri sera non sono riuscito nemmeno a spogliarmi, mi sono semplicemente buttato sul letto, nudo, sperando di addormentarmi subito.
Sentivo il corpo teso per la stanchezza, con la mente invece che vagava senza mai prendersi un attimo di pausa.
Per questo amo e spero di dormire. Devo assentarmi un po’ dalla vita e prendere una tregua
Sistemo gli abiti eleganti, pronti per la tintoria di fiducia.
Il Rolex, i gemelli e gli anelli sono discreti ma pesanti.
Li ripongo, nemmeno con troppa cura nel mio cassetto al lato del letto.
Amo l’ostentazione perché rende debole e insicuro chi ti guarda.
Mi mette in una situazione di controllo mi piace avere la padronanza su tutto.
Il disordine mi innervosisce invece: ho l’anima di una zitella e la cosa inaspettatamente mi diverte.

Miscelo l’acqua per ottenere la temperatura adatta.
La pelle tesa del corpo nudo freme di piacere al contatto del calore.
Mi insapono seguendo lentamente le linee dei muscoli scolpiti da ore di palestra.
Indugio sul ventre incavato per lenire la tensione nello stomaco e sul pene, così sensibile da avvertire qualsiasi tipo di stimolazione, anche la più leggera.
Lo specchio mi mette di buon umore.
Sono consapevole del mio aspetto.
Mi divertono i falsi modesti: non ci vuole poi molto a guardarsi e darsi una valutazione obbiettiva.
Sorrido tuttavia critico alla mia immagine.
Provo lo sguardo compiaciuto dal verde degli occhi e concludo come sempre che sono un esemplare magnifico di uomo, cazzo!

Dopo devo sedermi un attimo sul divano, lo raggiungo bagnando dappertutto.
Helena mi ucciderà e mi ricoprirà di improperi sconosciuti, ma resi esaustivi dal suo tono di voce esasperato e veemente.
Ora ho bisogno di chiudere gli occhi per due minuti.
Un paio di minuti ancora.
Poi andrò.

I suoni sono attutiti e mi sibilano nelle orecchie ma non riesco a identificarli.

Sento salirmi nello stomaco il panico più assoluto, sono sicuramente in ritardo mortale.
Non che mi importi più di tanto in effetti.
Ora mi sentono!
Se non sono le nove e trenta, come da statuto condominiale, il palazzo deve rimanere silenzioso!
Cos’era quel trascinare e sbattere all’alba?
-Rieccola la zitella! - penso di me stesso, sorridendo nel buio, nonostante tutto.
Decido di alzarmi dal divano e lentamente, poggiandomi ai muri raggiungo l’ingresso e apro la porta, nascondendo il più possibile il mio corpo nudo.
Il pianerottolo, il mio pianerottolo, è invaso da scatoloni, ceste e buste enormi.
La sola visione di questa discarica informe mi trafigge il cervello da parte a parte.
Il mio bisogno fisico dell’ordine era stato attaccato e colpito.
-Che ore sono? -
-Che sta succedendo? -
-Lo sai che a quest’ora non si può fare casino? -
In mente mi turbinano furiosamente tutte e tre le domande ma non sono sicuro di quale ho fatto né sento il suono della mia voce farle.

La tipa che saliva le scale si ferma un attimo, più per prendere fiato che per rispondermi a quanto pare.
Indossa una tuta scura e delle pinze colorate le tengono i capelli raccolti in una assurda acconciatura.
Raggiunge il pianerottolo, la porta di fronte al mio appartamento e lascia andare rumorosamente i pacchi che ha portato sin lì.
-Trasloco - mi risponde finalmente, corrugando la fronte per l’ovvietà della risposta, guardandomi come se fossi trasparente e ansimando pesantemente.
Da come respira, a questa non arriva più ossigeno in testa! - penso - E sicuramente deve perdere peso se non vuole schiattare!
-Sono le 11- continua – Mi dai una mano? - chiede senza alcuna decenza o sensibilità.
Senza pensarci un attimo annuisco. Perché?
Sono impossessato stamattina.
O troppo debole per reagire al nulla.
In ogni caso, accosto la porta e alzo gli occhi al cielo.
Ma davvero sta succedendo questo?
A me?
Raggiunta camera mia infilo i primi pantaloni che trovo, passo le mani tra i capelli per dargli una forma e torno sui miei passi.
-Ci hai messo un sacco di tempo! - le sue parole troppo ironiche per me. Aspetta!
Fammi raccogliere le idee e rispondere a tono ma non faccio in tempo.
– Ti ringrazio - continua lei - è così raro trovare una persona generosa e disponibile. Sensibile ai problemi di una sconosciuta. Hai davvero migliorato la mia giornata! -
Mi blocco di colpo.
Dice a me? Generoso e disponibile? Sensibile?
Mi sembrano esagerate e un filo troppo accorate le sue parole.
Tranne che mi prenda per il culo.
La guardo dritto negli occhi per scoprirlo ma lei inizia a battere le mani ripetutamente facendomi distrarre:
-Su, su, animo. Facciamo presto che sono stanchissima -
Dillo a me!
Ma non ho voglia di sterili polemiche, di parlare o di qualsiasi altra cosa, già sono sufficientemente pentito della decisione presa.
Ma ho anche la curiosità di vedere come è fatto l’appartamento di fronte.
Sfitto da sempre, con viavai di gente frettolosa e insoddisfatta che veniva a valutarlo di tanto in tanto.

Piccolo.

Piccolo è l’unico aggettivo che mi viene in mente.
Due persone non hanno bisogno di parlare qua dentro per sentirsi!
Basta pensare forte.
Pulitissimo e con una tonalità chiara sulle pareti.
Mobilio essenziale, ma sicuramente, nel giro di pochi giorni sarebbe cambiato.
Sogghigno.
Inevitabilmente si sarebbero accumulate altre cose inutili da donna.
-Per adesso ho potuto sistemarlo così - mi dice tranquilla, ha ripreso fiato – venivo quando potevo, mi dispiace se la cosa ti ha arrecato disturbo. Ho fatto in maniera più silenziosa possibile. -
- Non mi sono accorto di niente. Sarò stato fuori per lavoro –
Ed è vero.
Possibile che succedano le cose più impensate sotto il mio naso e non ne ho nessuna percezione?
Sono stato troppo stanco o troppo indifferente? .... mi irrigidisco per un attimo: non starò mica invecchiando?
Dopo un attimo mi stringo nelle spalle: è inevitabile pure quello del resto.
Sospiro e inizio a trascinare tutto dentro.
Apro scatoloni e buste, prendo e sistemo libri, leggo i titoli, e di sfuggita qualche pagina, colloco gli oggetti personali secondo il mio criterio.
Palpo e soppeso le stoffe dei suoi abiti e del suo intimo, guardo tutto attentamente, senza curarmi del suo disagio, anzi cercando di procurargliene altro.
Metto le cose dove piacerebbe tenerle a me.
Lei lascia fare, credo per quieto vivere: il lavoro pesante tanto l’ho fatto io.
Quanto vuoi che ci metterà a sistemare le cose come preferisce, in questo fazzoletto di casa?
Continuiamo così, parlando lo stretto necessario.
Addirittura mi sento rilassato.

Quando squilla il cellulare di lei, sobbalzo.
-Cazzo! - il mio è di là!
-Se sei a posto, devo andare. Ho da fare adesso. -
Mi guarda strofinandosi il viso per la stanchezza e annuisce brevemente:
-Grazie mille e ancora scusa -
-Se hai ancora bisogno, ci sono. Ma non contarci troppo! Oggi è stato un caso - dico sorridendo.
Mi sento proprio di buon umore e ben disposto adesso.
Lei gira la testa e si rimette a riordinare.
La cosa mi lascia perplesso per un istante.
No, fammi capire… ma mi hai visto bene?
E ti ho fatto pure la grazia di aiutarti!
Imparerò prima o poi a starmi a sentire senza fare niente d’ impulso?

Esco e raggiungo il mio appartamento.
In camera cerco il cellulare e vedo le chiamate perse.
Cambio davvero umore come una zitella!
Sono irrequieto e la cosa non mi piace.
Alla faccia della gratitudine!
La tipa non mi ha nemmeno offerto un caffè.

E non mi ha detto il suo nome.


Quarta di copertina
"Via Dell'Arcobaleno 67, Interno 7" di Paola Fratnik, Youcanprint, 2017.

Roma.
Nel palazzo borghese di un quartiere agiato, si intrecciano le storie di personaggi che hanno molto da nascondere e altrettanto da perdere.
Segreti torbidi, passioni violente, romanticismo e ironia fanno da sfondo alle vicende degli inquilini dello stabile.
Nel primo romanzo di questa serie, il racconto di un uomo affascinante che abita all’interno 7.
Cinico e duro che si gode con amarezza un lusso sfrenato, ma ai margini della legalità: la sua storia si intreccia con quella della sua vicina sconosciuta che potrebbe forse cambiargli la vita.
Fatalmente si scoprirà con il tempo se in meglio o in peggio.
Sentimenti nascosti, parole non dette, giochi psicologici possono determinare cambiamenti nel percorso stabilito della vita Personaggi da conoscere per innamorarsene subito e per riconoscersi nelle storie di quelli che diventeranno per noi i nostri nuovi vicini.

★★★★★

Il buon giorno si vede dal mattino, dicono, e un buon incipit e una copertina accattivante possono essere il perfetto bigliettino da visita di un libro.
Secondo voi, quante stelline si merita il biglietto da visita di questo libro?

Tutti i nostri incipit:




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