Gli scrittori della porta accanto

Monologo da La contessina Julie, di Strindberg

La contessina Julie - August Strindberg

Palcoscenico | Di Tamara Marcelli. Il monologo teatrale di Julie, dalla pièce del 1888, in atto unico, La contessina Julie di August Strindberg.

La differenza tra un racconto e un monologo è la differenza tra il raccontare e il vivere. Nel Teatro i personaggi non sono narrati, ma vivono sulla scena ogni volta, in ogni rappresentazione.
La parola Teatro deriva dal greco “Theaomai” che significa “io vedo”, l’Epica deriva da “epomai” ossia “io racconto”. Ed è tutta qui la differenza, anche se a volte si confondono.
In questa sezione di editoriali dedicati al Teatro, vi proporremo delle piccole grandi perle della letteratura internazionale, dai classici ai contemporanei, assaporando monologhi che chissà quante volte abbiamo visto sui palcoscenici di tutto il mondo.
Il monologo che segue è tratto da La contessina Julie, di August Strindberg, edito da Einaudi.
Bocciato dalla censura danese, rappresentato con grande scandalo a Berlino nel 1892, e poi a Parigi l'anno seguente con non minore emozione, "La contessina Julie" è considerato da molti il capolavoro di Strindberg. Tragedia naturalistica che porta in scena la guerra tra i sessi, questo testo è anche l'analisi del rapporto servo-padrona, un autoritratto inconscio, un viaggio all'interno di due anime che si misurano con i loro sogni, la loro animalità, il loro istinto di morte. Il dramma della contessina Julie, la ragazza che prima provoca e irretisce il servo Jean, e poi si ritrova prigioniera della trappola che essa stessa ha fatto scattare, si impone per la sua violenza interiore, la sua inesorabile crudezza. Dallo sguardo minuzioso di Strindberg, dalla sua ricerca stilistica e linguistica così avanzata nascerà molto del miglior teatro del Novecento, da Cechov a Pinter.
August Strindberg (1849- 1912), drammaturgo svedese, è un rappresentante del “Teatro Naturalistico”. Il suo tema più caratteristico è il conflittuale rapporto uomo-donna.

Julie

No, non voglio andarmene! Non ancora! Non potrei; debbo prima vedere... Zitto! Passa una carrozza li fuori!

[Tende l'orecchio verso l'esterno ma tenendo sempre lo sguardo rivolto al ceppo e al coltellaccio.]

Voi credete che io non possa vedere il sangue? Mi credete tanto debole?
Oh! ma io vorrei vedere il tuo, di sangue, e tutto il tuo cervello sopra un ceppo!... Tutto il tuo sesso vorrei vederlo galleggiare in un lago di sangue!... E credo che potrei bere nel tuo cranio; che potrei immergere i miei piedi nelle tue viscere; che potrei sfamarmi col tuo cuore arrostito allo spiedo!
Tu credi che io sia debole, credi che t'ami, perché il mio grembo ha desiderato il tuo seme; credi che io voglia portare la tua discendenza sotto il mio cuore, nutrendola col mio sangue... credi che io intenda partorire un figlio tuo cui verrebbe imposto il tuo nome!
Ascolta: come ti chiami? Io non l'ho mai sentito, il tuo nome di famiglia!... credo anzi che tu non ne abbia nessuno! E io dovrei diventare la signora portinaia... oppure la signora lavapiatti... perché tu - cane che porti il mio collare, servitore che porti il mio stemma sui bottoni - possa farmi rivale della mia cuoca, concorrente della mia cameriera?
Ah, ah, ah!
Dunque, tu ti immagini che io sia una vigliacca?
Dunque, tu credi veramente che io voglia fuggire?
No!... è qui che intendo restare, quand'anche dovessi cader fulminata!
Mio padre tornerà a casa; troverà il suo scrigno forzato e il denaro sparito! Suonerà il campanello: due colpi per il servitore!... Gli ordinerà di andare a chiamare la polizia... cui io racconterò tutto. Tutto!
Oh, sarà bello da vedere!... purché si finisca. Allora a mio padre gli piglierà un accidente e ne morrà!
E si finirà tutti insieme... e vi sarà la pace... la quiete... l'eterno riposo!
Il blasone andrà in pezzi su quella bara... la stirpe dei conti si estinguerà e la razza dei servi, il cui rampollo si troverà in un brefotrofio... conquisterà i suoi allori in una fogna e finirà per morire in galera!

Tamara-Marcelli

Tamara Marcelli
Artista poliedrica, eccentrica, amante dell'arte in tutte le sue forme. Una sognatrice folle. Ha studiato Lettere e Tecniche dello Spettacolo, canto e recitazione per oltre dieci anni e ha lavorato come attrice in alcuni importanti Teatri del Lazio. Scrive poesie, romanzi, testi teatrali, articoli e saggi.
Il blu che non è un colore,  Montag.
Il sogno dell'isola, StreetLib - Collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione, prima ed. Montag).


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