
Libri Recensione di Elena Genero Santoro. Adolf prima di Hitler – Storia di un bacio mancato di Antonio Mocciola (Marotta e Cafiero). Un romanzo breve, un soffio di poesia che vola via leggero. Avrebbe potuto l’amore evitare ad Adolf di diventare Hitler?
Si può essere amici di un cattivo, di una persona niente affatto per bene?Adolf prima di Hitler – Storia di un bacio mancato, di Antonio Mocciola, è la versione romanzata di un omonimo spettacolo teatrale che ha vinto il Premio Mario Mieli. Racconta dell’amicizia adolescenziale tra due ragazzi: uno è August Kubizek, divenuto poi direttore d’orchestra e scrittore. L’altro è Adolf. Quell’Adolf. Quello che avrebbe rivoluzionato l’assetto dell’Europa e cambiato il mondo per sempre.
August ha diciannove anni e si è trasferito a Vienna su pressione di Adolf.
Il primo studia musica al conservatorio, se le cose gli andranno male tornerà a fare il tappezziere con suo padre; il secondo tenta di essere ammesso all’Accademia delle Arti, è orfano e arrabbiato, eppure ancora innocente. Il rapporto tra Adolf e August, che dividono una stanza, non è privo di attriti. Adolf ha un bel caratterino, risponde male, gli interessa la musica di Wagner, studia la società a lui contemporanea, legge i giornali, sogna ristrutturazioni urbanistiche grandiose eppure è un inconcludente. Ha pochi soldi, ma a trovarsi un lavoretto ben retribuito non ci pensa proprio.E poi quella di August e Adolf pare una relazione più che amicale, con una connotazione a sfondo omosessuale, in linea con il saggio Il segreto di Hitler dello storico ebreo-tedesco Lothar Machtan che, nel discutere la sessualità di Hitler, sostiene che il dittatore fosse un omosessuale velato.
Il romanzo di Antonio Mocciola è breve, è un soffio di poesia che vola via leggero, una pagina dietro l’altra, ma che lascia incollato addosso un senso di disagio, perché quella di Hitler è una figura altamente disturbante.Disturbante e affascinante, al punto che è stata analizzata da molti studiosi di varie discipline. Nel 1972 lo psicoanalista Walter Charles Langer pubblica un saggio dal titolo La mente di Adolf Hitler in cui lo definisce uno “psicopatico (e chi più di lui?) nevrotico” e solleva a sua volta il dubbio della sua omosessualità. Un altro testo, del 1977, di Robert GL Waite, The Psychopathic God: Adolf Hitler, esamina i suoi comportamenti, le sue paranoie, le sue ossessioni.
Insomma, la mente contorta di un tale personaggio è una bella sfida da dipanare, ma c’è stato un tempo in cui Adolf era un bambino, poi un giovane senza peccato.
Sul web gira una foto di un Adolf infante: un bel pupo con gli occhi azzurri, le guance tonde e lo sguardo curioso. Un bimbo grazioso e desiderabile. Di solito la foto è accompagnata da una domanda scomodissima: sapendo che si tratta di uno che è diventato un pazzo sanguinario di simile portata, lo uccidereste subito?Uccidereste un bambino innocente, avendo certezza che causerà la morte di sei milioni di persone?
(Una nota folk: ufficialmente, pare che Hitler, di mano sua, non abbia mai ammazzato nessuno. Ci sono comunque dei dubbi).
La vita di un bambino per la vita di sei milioni di innocenti, tra cui molti altri bambini di certo più buoni e più meritevoli di lui.
Il fatto è che non vi è certezza che, con una storia diversa alle spalle, Adolf sarebbe diventato l’Hitler che tutti conosciamo.
Adolf probabilmente psicopatico ci è nato, ma bisogna anche ammettere che la vita non gli ha risparmiato nulla. Un padre, Alois, che pare fosse più bestia di lui. La madre, una povera donna a cui sembra che Adolf fosse realmente affezionato, morta troppo presto dopo aver sepolto quattro figli. In una situazione del genere, un altro al suo posto avrebbe tirato fuori altri tipi di risorse, si sarebbe rimboccato le maniche per fare del bene a se stesso e agli altri. Adolf, senza una guida, ha esasperato le sue paranoie, ha sfogato le sue frustrazioni e la sua rabbia repressa contro gli zingari, gli stranieri, gli ebrei. Ha proiettato su altri quello che era il fallimento della sua esistenza. E lo ha fatto magistralmente, aiutato da una buona e infervorata dialettica, da una capacità manipolatoria e da una propensione alla menzogna più spudorata.Questi elementi traspaiono tutti in germe, nella narrazione di Mocciola. Il giovane Adolf è già così.
Fa il sostenuto quando vuole ottenere qualcosa; fa leva sui sensi di colpa di August per forzarlo a fare ciò che lui vuole. È un piccolo Hitler in potenza, ma non ancora del tutto in atto, per dirla come Aristotele. Doveroso qui è citare la poesia “Il susino” di Bertolt Brecht.Eppure, Adolf diciannovenne è anche un ragazzino magro e indifeso, che non conosce l’amore perché nessuno lo ha mai amato.
E quando il bacio mancato menzionato nel titolo starebbe per scoccare, succede qualcosa che spariglia le carte, cambia il contorno e la storia prosegue come noi tutti, purtroppo, conosciamo.
Avrebbe potuto l’amore evitare ad Adolf di diventare Hitler?
Forse. E ci piace sperarlo.
Adolf prima di Hitler
Storia di un bacio mancato
di Antonio MocciolaMarotta e Cafiero
Narrativa
ISBN-13 979-1281484368
Copertina flessibile | 100 pag.
cartaceo 12,35€
Quarta
Due giovani nella Vienna di inizio Novecento, rintanati in un monolocale nel fumo tossico di una stufetta a cherosene, provano a ritagliarsi un futuro. Uno è August Kubizek, “Gustl”, umile figlio di un tappezziere: diventerà un apprezzato direttore d’orchestra. L’altro è Adolf Hitler. Tra di loro si sviluppa un rapporto morboso, viscerale. L’altra faccia di una storia fin troppo nota.
Elena Genero Santoro |
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