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Il rito Juju e la tratta delle donne nigeriane, un saggio antropologico di Michela Ottobrelli

Il rito Juju e la tratta delle donne nigeriane, un saggio antropologico di Michela Ottobrelli

Il rito Juju e la tratta delle donne nigeriane, un saggio antropologico di Michela Ottobrelli

Libri Comunicato stampa. Il rito Juju e la tratta delle donne nigeriane (PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto), un saggio antropologico di Michela Ottobrelli. Testimonianze reali, dati e analisi sul campo, per ricostruire il percorso di trasformazione delle giovani donne nigeriane in vittime di una schiavitù moderna dietro cui si cela un sistema criminale ben strutturato, in cui superstizione e violenza si intrecciano.

Il fenomeno dell’immigrazione si manifesta attraverso volti e storie concrete: occhi spaventati e lingue diverse, famiglie che diventano nostri vicini di casa, bambini appena fuggiti da paesi in guerra che si uniscono alle nostre classi. Ma tra queste immagini, una in particolare cattura e turba: quella delle giovani donne – spesso ancora bambine – che vediamo ai margini delle strade o all’inizio di sentieri appartati, la loro presenza marcata solo da una sedia e un ombrellino per ripararsi dal sole. Sono figure che osserviamo, ma che faticano a raccontarsi.
Oggi il termine “immigrato”, pronunciato spesso con toni amari o insofferenti, sembra ridursi a descrivere principalmente il crescente flusso di persone che dall’Africa raggiungono – o tentano di raggiungere – le coste italiane. Un fenomeno ridotto a freddi numeri statistici, in cui si perdono le storie individuali, gli sguardi impauriti, le lingue diverse.
Eppure, l’immigrazione non è un fenomeno nuovo, specialmente per noi italiani che, tra il 1876 e il 1976, abbiamo vissuto un’intensa stagione di emigrazione, con migliaia di connazionali che lasciarono tutto alla ricerca di “una vita migliore”. Ciò che è cambiato nel tempo non è tanto il termine o la motivazione di base, quanto il significato sociale che il fenomeno ha assunto, intrecciandosi in modo sempre più complesso con dinamiche politiche, economiche e culturali, amplificate dalla diffusione tramite Internet, social media, giornali e cinema.
La nostra risposta all’immigrazione oggi oscilla tra due estremi, come le due facce di una stessa moneta: da un lato, un’accoglienza talvolta paternalistica, che si limita all’assistenzialismo invece di fornire strumenti concreti – legali, economici e culturali per costruire un’autonomia reale; dall’altro, la diffusione di stereotipi ostili: “Ci rubano il lavoro”, “Vengono qui per essere mantenuti”, fino agli insulti più volgari verso le donne immigrate.
Di fronte a questa realtà, è necessario porsi domande più profonde: perché una donna sceglierebbe di lasciare la propria casa per prostituirsi? È davvero una scelta volontaria o esistono costrizioni nascoste – giuramenti, riti, prestiti, legami familiari fragili? Perché così tante donne scelgono proprio l’Italia come destinazione? La risposta risiede nella più basilare legge economica: la domanda. Michela Ottobrelli, Il rito Juju e la tratta delle donne nigeriane

Il rito Juju e la tratta delle donne nigeriane

di Michela Ottobrelli
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto KIDS
Saggio antropologico
Copertina flessibile | 146 pagine | formato tascabile 20x13
ISBN 979-1254589335

Quarta

Attraverso testimonianze reali, dati e analisi sul campo, questo saggio antropologico ricostruisce il percorso di trasformazione delle giovani donne nigeriane in vittime di una schiavitù moderna.
Ogni anno, migliaia di giovani donne lasciano la Nigeria con la promessa di un lavoro dignitoso in Europa. Sono figlie, sorelle, madri, spinte dalla povertà e dalla speranza di un futuro migliore. Ma, una volta giunte a destinazione, scoprono la verità: il loro futuro è stato venduto e loro stesse sono diventate merce.
Dietro la tratta delle donne nigeriane si cela un sistema criminale ben strutturato, in cui superstizione e violenza si intrecciano. Il rito Juju non è solo una credenza, ma un vincolo psicologico che costringe le donne che lo subiscono all'obbedienza, una catena invisibile fatta di paura e coercizione. Un giuramento inciso nella carne con sangue, capelli e unghie le vincola non solo ai loro sfruttatori, ma alla loro stessa cultura, che le ha cresciute nel timore degli spiriti e della vendetta ancestrale.
Dalle confraternite mafiose che gestiscono il traffico agli inganni delle madam, fino alla difficile strada della liberazione, questo saggio getta luce su un fenomeno drammaticamente attuale, radicato tanto nell’economia della criminalità quanto nell’accettazione sociale di un destino imposto. Per chi vuole conoscere, per chi vuole capire e per chi, forse, vuole contribuire a spezzare questo ciclo infernale.


RASSEGNA STAMPA


Michela Ottobrelli

Michela Ottobrelli, classe ‘92, è nata a Biella ed è da sempre appassionata di lettura e scrittura. Laureata come educatrice e pedagogista, ha sviluppato un forte impegno verso le persone in situazioni di fragilità, lavorando in vari ambiti. Il suo percorso professionale l’ha portata a entrare in contatto con persone con disabilità, detenuti, giovani a rischio di abbandono scolastico, persone con difficoltà alla ricerca di un impiego e, in particolare, con le donne nigeriane vittime di tratta sessuale.
È proprio a quest’ultimo progetto che ha deciso di dedicare la sua tesi magistrale, raccogliendo dati, storie e esperienze che offrono una visione più ampia e sociale della Nigeria, esplorando anche gli aspetti religiosi legati al fenomeno. Questo lavoro ha avuto un impatto significativo nel suo percorso accademico, professionale ma soprattutto personale, approfondendo la sua comprensione delle dinamiche culturali e sociali legate a temi di grande rilevanza.


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Fratelli in armi, di Tamara Marcelli: un estratto

Fratelli in armi, di Tamara Marcelli: un estratto

Fratelli in armi, di Tamara Marcelli: un estratto

#booktok Un estratto di Fratelli in armi – Soldati italiani nella seconda guerra mondiale, tra Fronti, prigionia e guerra di liberazione, un saggio storico di Tamara Marcelli (PubMe - Collana Gli Scrittori della Porta Accanto): «Ogni internato militare italiano ha una sua data di liberazione che spesso non coincide con quella ufficiale del 25 aprile, ma con quella corrispondente alla effettiva libertà».

Fu definita “l’altra Resistenza”, una guerra sotterranea, frutto di un duplice “No”. Quello urlato spontaneamente e coralmente l’8 settembre e quello ripetuto tra le torture e la forte pressione psicologica nei campi di prigionia. L’onore non si vende.
Hitler dispose da subito che i soldati italiani che avevano rifiutato di aderire al Reich e alla Repubblica di Salò dovessero essere inquadrati come Internati Militari Italiani (IMI) nei lager. Fu una vendetta ma, al tempo stesso, una necessaria difesa contro il coraggio dimostrato da questi italiani. Attribuendo loro la qualifica di IMI, Hitler li privava di tutti i diritti propri dei prigionieri di guerra. Venivano infatti sottratti all’assistenza degli organi internazionali (per esempio la Croce Rossa), come invece previsto dalla Convenzione di Ginevra per i prigionieri di guerra del 27 luglio 1929.

Furono trattati come schiavi.

Arrivati ai campi venivano privati di tutto, anche dei pochi oggetti personali. Costantemente perquisiti, venivano assegnati a lavori pesanti nelle fabbriche di armi, in quelle chimiche, nelle acciaierie, fonderie, miniere, raffinerie, nelle industrie belliche e civili. Furono impiegati nella costruzione di rifugi antiaerei e gallerie sotterranee, con turni di dieci, dodici ore di lavoro al giorno. Senza cibo se non piccole razioni di acqua e scarti di patate andate a male, senza cure mediche né igiene. Dormivano in baracche fredde e buie, ammassati a gruppi. Baracche gelide e sporche infestate da cimici e pidocchi. Sempre sotto la minaccia delle armi. [...] Queste punizioni servivano a fiaccarne la resistenza psicofisica. La loro tragedia durò a lungo, furono annientati nel corpo, rapinati dei loro pochi averi, ridotti a scheletri, ma mai comprati nella loro dignità di uomini, militari e italiani.
[...] Ogni internato militare italiano ha una sua data di liberazione che spesso non coincide con quella ufficiale del 25 aprile, ma con quella corrispondente alla effettiva libertà. Molti arrivarono a casa solo nell’autunno del 1945. La liberazione dal campo e la liberazione interiore. Una necessità per continuare a vivere. Tamara Marcelli, Fratelli in armi

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Fratelli in armi

Fratelli in armi
Soldati italiani nella seconda guerra mondiale, tra Fronti, prigionia e guerra di liberazione

di Tamara Marcelli
PubMe – Collana Gli scrittori della porta accanto
Saggio storico
Brossura 21x28 | 146 pagine
ISBN 979-1254584989
cartaceo 15,00€
ebook 2,99€

Quarta

«Mentre scrivo i miei occhi si bagnano di quelle dolorose lacrime e mi sento proprio avvilito. Sento dentro di me quell’acuto dolore della disperazione. Chissà se sono tutti vivi, se nel mio felice ritorno ritroverò quella bella famigliola che lasciai nel giorno della mia sciagura.»

Quando la patria chiama, rispondere è un dovere, ma il prezzo da pagare spesso è molto alto.
Fratelli in armi racconta le vite intrecciate dei fratelli Marcelli e dei loro cugini, giovani militari legati da vincoli di sangue e di terra, costretti a lasciare il loro paese tra le montagne del Cicolano per affrontare l’orrore della Seconda guerra mondiale.
Dal fronte balcanico alla Sardegna, dalle trincee gelide del fronte orientale ai campi di prigionia nazisti, questo libro ricostruisce, attraverso un’attenta ricerca storica e la toccante testimonianza del diario di prigonia di Lorenzo Marcelli, le vicende di soldati che non furono più gli stessi. Tamara Marcelli ci guida in un viaggio tra memoria e dolore, onore e sacrificio, rendendo omaggio a chi ha combattuto per un ideale spesso incompreso.
Diviso in due parti e arricchito da importanti appendici storiche, il libro intreccia la narrazione delle vicende familiari con il più ampio contesto della guerra. Emerge quindi la storia degli IMI (Internati Militari Italiani): oltre 600.000 soldati che, dopo l’8 settembre 1943, rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò, pagando con la deportazione nei lager nazisti il loro coraggioso “No”. Attraverso i diari personali di uno di loro, scopriamo le atrocità subite e la forza d’animo necessaria per resistere.

Un’opera che unisce documentazione storica e memoria personale, scavando nelle emozioni e nei pensieri di chi ha vissuto l’inimmaginabile.
Perché un Paese senza memoria non ha futuro, e le storie di questi “Fratelli” meritano di essere conosciute e tramandate.

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Stanotte o mai, un romance di Elena Genero Santoro

Stanotte o mai, un romance di Elena Genero Santoro

Stanotte o mai, un romance di Elena Genero Santoro

Libri Comunicato stampa. Stanotte o mai un romance di Elena Genero Santoro (PubMe – Gli Scrittori della Porta Accanto | Leucotea). Un inno ai sentimenti. Una storia d’amore che si dipana su due archi temporali. Un romanzo che parla di donne e sogni, ma anche di rinunce personali, sensi di colpa, carico psicologico, malattia, crescita interiore e dei compromessi della vita.

Dara aveva lo stomaco a pezzi già dal mattino, e ora anche le tempie che le pulsavano. La attendeva un arduo compito: raccontare tutto ad Andrea. Non poteva esimersi, non c’erano scuse. E poi avrebbe dovuto informare anche sua suocera.
Aveva ancora la voce di Giulia nelle orecchie, una voce sottile, fiaccata dalla malattia, ma comunque musicale. La prima volta a Dara questo dettaglio era sfuggito. Giulia aveva un modo incantevole di rivolgersi alle persone. La ragazza che aveva parlato con lei non aveva nulla da spartire con l’arpia di cui Andrea le aveva sempre fornito delle spietate descrizioni. Tutto al contrario, Giulia era davvero dolce. Dara ora non poteva ignorare il suo discorso e ce l’aveva ancora che le risuonava in testa.
«Ti posso parlare un momento? – Giulia aveva un sorriso accattivante, che risplendeva in contrasto col suo volto grigio e spento. – Lo so che per te non sono nessuno, ma qualche anno fa, prima che arrivassi tu, Andrea e io eravamo molto vicini. Poi non ci siamo più sentiti, il che forse è stato un bene, perché siamo andati avanti… Ma adesso mi è successa questa… Cosa
Il cancro era cominciato qualche anno prima, poi si era allargato e ora era dappertutto. Lei era alla fine, le restava giusto qualche mese, e lo sussurrava con infinita rassegnazione, senza alcuna rabbia, senza alcun sentimento ostile nella voce.
Dara si era dovuta reggere al bancone senza farsi accorgere, aveva appoggiato i palmi delle mani sul ripiano. Giulia aveva scrollato le spalle e spiegato che le avevano voluto fare un ultimo ciclo di chemio, motivo per cui era ancora senza capelli, ma era stato un tormento gratuito e di fatto inutile, perché non era servito proprio a niente. Uno dei tanti fastidi che si erano sommati nel corso del tempo, insieme ad altri, tipo il bypass intestinale, i chili che prima non aveva.
Dara aveva qualcosa in gola che non riusciva proprio a deglutire.
«Ma non è questo il punto. Mi domandavo se potevi chiedere ad Andrea di incontrarci, se ne ha l’occasione. Mi dispiacerebbe andarmene senza averlo salutato.»
La prima volta che era entrata lì dentro, aveva ammesso, era stato un caso, non aveva idea che Dara ci lavorasse. Quando l’aveva vista le era sembrato che fosse la moglie di Andrea. Non ne era sicura, perché in effetti non si erano mai incontrate di persona. Così quel giorno aveva preso il coraggio a quattro mani.
«Non è un problema, vero, se mi sono rivolta a te? Glielo dici, ad Andrea, che lo vorrei vedere?» Elena Genero Santoro, Stanotte o mai


Stanotte o mai

di Elena Genero Santoro
PubMe – Gli Scrittori della Porta Accanto | Leucotea
Romance
ISBN 9791254589274 | ASIN B0DX476W3S

Quarta

Un inno ai sentimenti. Una storia d’amore che si dipana su due archi temporali. Un romance che parla di donne e sogni, ma anche di rinunce personali, sensi di colpa, carico psicologico, malattia, crescita interiore e dei compromessi della vita.
Dara, trent’anni, ha rinunciato al sogno di diventare una ricercatrice per permettere al marito Andrea, un musicista la cui carriera non decolla, di inseguire il successo.
Un giorno, nella farmacia in cui Dara lavora entra Giulia Mezzanotte, violinista di fama internazionale ed ex ragazza di Andrea, che le confida di essere malata di cancro in fase terminale e di voler incontrare suo marito prima di morire.
È l’inizio di un vortice di ansia per Dara, che prova pena per la sorte di Giulia, ma vede il suo compagno riavvicinarsi all’ex, la quale ha richieste sempre più impegnative che metteranno a dura prova il loro matrimonio.

«Era gelosa di una moribonda. Assurdo. Non lo era stata mai di nessuna delle fan di Andrea, nemmeno delle più accanite. E adesso se la prendeva con una poveretta che si sarebbe tolta presto di mezzo, in un modo o nell’altro. Però ciò non avrebbe cancellato quello che intanto stava accadendo. Andrea si struggeva per Giulia e gioiva ogni volta che ci trascorreva insieme un pomeriggio sereno.»




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