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Recensione: Autobiografia di uno yogi, di Swami Yogananda Paramhansa

Recensione: Autobiografia di uno yogi, di Swami Yogananda Paramhansa

Recensione: Autobiografia di uno yogi, di Swami Yogananda Paramhansa

Libri Recensione di Andrea Pistoia. Autobiografia di uno yogi, di Swami Yogananda Paramhansa (Feltrinelli). Le mille sfaccettature di un uomo che fece conoscere in Occidente il Kriya Yoga e quel meraviglioso paese ricco di maestri spirituali e di tradizioni affascinanti che è l'India.

Come ogni buona autobiografia che si rispetti, anche questa parte dall'infanzia dell'autore in cui narra le sue prime esperienze miracolose e soprannaturali, ovvero quando vengono esauditi alcuni suoi (modesti) desideri solo con la forza della preghiera, compare tra le sue mani un amuleto magico e ricorda le proprie vite passate. Tutto ciò fino all'adolescenza, in cui l'ardente desiderio di diventare uno Yogi si contrappone a tutti i naturali turbamenti e i conflitti causati dalla sua giovane età. Ma soprattutto, in quegli anni e nei successivi, Yogananda incontra guru e santoni con poteri mistici: da chi riesce a bilocarsi a chi diffonde nell'aria i profumi desiderati dall'interlocutore, da chi levita senza usare trucchi da baraccone a chi decide il momento esatto in cui morire (semplicemente abbandonando il proprio corpo), da chi passa anni senza dormire grazie al suo essere in perenne stato di estasi ristoratrice a chi appare ai suoi discepoli dopo la propria morte, da chi ferma i treni col pensiero a chi assorbe le malattie dei propri discepoli per salvarli.

Ma, sia chiaro, i suoi incontri mistici non sono solo con uomini spiritualmente elevati ma anche con donne sagge, in quanto la via della conoscenza è aperta a tutti, donne incluse.

Ecco perché Yogananda riporta anche i suoi incontri con Yogini che hanno fatto la differenza, non solo in India ma anche nel mondo intero (come Ananda Moyi Ma, una donna che da cinquantasei anni non mangia né beve nulla ma vive solo nutrendosi di energie sottili).
Ma, a prescindere dal sesso e dall'estrazione sociale, sono tutti guru e Yogi che, nella loro umiltà di illuminati, non sfruttano le loro capacità soprannaturali per aumentare la propria fama o valore né tantomeno per arricchirsi sulle spalle dei fedeli ma solo per dimostrare quanto la crescita spirituale di una persona possa a volte superare persino le barriere della fisica.

In tutti quegli anni della sua tarda adolescenza, l'autore affronta la dura strada per diventare lui stesso uno Yogi, inducendolo ad abbandonare la propria famiglia per cercare Dio e una spiritualità più profonda.

Per raggiungere il suo obiettivo diventa discepolo di Sri Yukteswar e studia il Kriya Yoga nel suo ashram. In questo periodo il maestro condivide la sua saggezza con Yogananda mentre quest'ultimo non solo passa le giornate a meditare ma anche a compiere azioni materiali e persino giocose (come organizzare un festival per celebrare il solstizio).
Successivamente Yogananda fonda una scuola, la quale diventerà negli anni a venire la più rinomata dell'India e famosa persino all'estero grazie ai suoi metodi d'insegnamento, dato che oltre ai corsi classici ha introdotto anche la meditazione e lo yoga.

Però a un tratto ecco la svolta: ormai adulto, l'autore si trasferisce in America dove apre il "Self Realization Fellowship" e gira gli States per far conoscere il Kriya Yoga agli americani.

Ma quello non è l'unico viaggio transoceanico che compie, dato che torna in India anni dopo per visitare luoghi miracolosi ma soprattutto per conoscere altri guru di assodata saggezza e altruismo, come Gandhi.
Ma attenzione: il libro non è solo una mera autobiografia dove si narra di spostamenti e di incontri, in quanto contiene ovviamente molto di più.

Swami Yogananda Paramhansa fornisce le più insolite e disparate informazioni.

Dalla chiaroveggenza alla telepatia, dal contributo della musica per illuminarsi al potere dei cristalli, dall'importanza dei chakra all'astrologia. Ma soprattutto si focalizza sullo Kriya Yoga e sugli effetti benefici. Non solo, ma riporta spesso passaggi della Bibbia e dei Vangeli interpretandoli a suo modo e tirando in ballo persino Gesù per dimostrare quanto le sue parole e azioni siano in fondo le stesse di tanti Yogi indiani.
Al tempo stesso riporta nozioni di fisica (quali la teoria della relatività, gli elettroni, i protoni e la velocità della luce) per spiegare scientificamente alcuni episodi ritenuti dalle persone dei miracoli.
Qual è, dunque, il mio giudizio su questo libro? Ovviamente positivo.

Ogni capitolo è intriso di saggezza universale, ovvero quella che trascende società, luogo di appartenenza e religione (quindi accettabile da tutti, credenti e non).

Senza contare che ovviamente abbonda di frasi e concetti spirituali che spingono il lettore alla riflessione e all'introspezione. In più, Yogananda fornisce informazioni sulla sua nazione e cultura arricchendo il lettore di informazioni interessanti e curiose.
Trovo altresì ammirevole come lo Yogi tiri in ballo spesso il cristianesimo, Gesù e il Vangelo come esempio o metro di paragone ma con il rispetto e l'umiltà di un grande uomo verso una religione così tanto lontana dalla sua quanto ricca di elementi in comune.

Mi è piaciuto molto il fatto che l'autore abbia dato spazio e importanza a tutti quegli Yogi con cui ha condiviso il suo percorso spirituale.

Ciò dimostra una volta di più quanto il mondo sia e sia stato ricco di persone tanto illuminate quanto propense a restare lontane dalle luci della ribalta mediatica. Al tempo stesso mi ha stupito e intenerito scoprire quanto Yogananda, prima di essere stato un grande Yogi, sia stato un figlio, un fratello e un amico, quindi un "comune mortale" come tutti noi. E non dimentichiamo che ogni episodio è intriso di quella leggerezza, poesia, genuinità e positività che ti aspetteresti proprio da una persona che ha trovato la pace interiore e ha cercato di condividerla con gli altri attraverso parole d'amore e di speranza.

Consiglio vivamente questo libro perché scoprirete le mille sfaccettature di un uomo che fece conoscere in Occidente il Kriya Yoga e quel meraviglioso paese ricco di maestri spirituali e di tradizioni affascinanti che è l'India.

Concludo facendo un grande plauso alle traduttrici: Tea Pecunia e Genevienne Pecunia.Infatti fin dalle prime pagine s'intuisce il lavoro mastodontico e certosino che hanno svolto, sia per rendere la traduzione il più fedele possibile all'originale sia per chiarire in molteplici punti le parole e i concetti legati alla cultura, alla società e alla religione dell'autore attraverso le innumerevoli note presenti. Ed è palese come non sia stato affatto un lavoro facile. Quindi, chapeau.


Autobiografia di uno yogi

di Swami Yogananda Paramhansa
traduzione di Tea Pecunia e Genevienne Pecunia
Feltrinelli Autobiografia

ISBN 978-8807897535
Cartaceo 14,25€
Ebook 3,99€

Quarta

Il resoconto della vita eccezionale del primo maestro indiano che insegnò lo yoga in Occidente e, allo stesso tempo, un’essenziale introduzione a questa antica scienza e alla sua tradizione di meditazione. Con franchezza, eloquenza e arguzia coinvolgenti, Paramahansa Yogananda racconta la ricerca di un insegnante illuminato per tutta l’India e gli incontri con santi e saggi avvenuti durante questo viaggio. A cui seguirono i dieci anni di formazione nell’eremo di un venerato maestro di yoga e i trent’anni in cui visse e insegnò in America, riuscendo a diffondere le pratiche dello yoga anche in Occidente. Nella narrazione spiccano gli incontri con il Mahatma Gandhi, Rabindranath Tagore, la stigmatista cattolica Therese Neumann e altre celebri personalità. L’autore si inoltra poi a spiegare le leggi sottili, ma definite, dietro gli eventi ordinari della vita quotidiana e quelle che governano invece quegli eventi così straordinari da definirli miracoli. Una delle poche testimonianze sulla spiritualità indiana e la filosofia di vita dei suoi saggi, scritta non da un giornalista o da uno studioso, ma da una persona appartenente a quel popolo e alla sua cultura spirituale. Apparso per la prima volta nel 1946, Autobiografia di uno yogi fu accolto immediatamente come un’opera fondamentale nel suo campo ed è ormai considerato un grande classico moderno.



Andrea Pistoia
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Qui non è Hollywood, la miniserie Disney+ sull’omicidio di Sarah Scazzi

Qui non è Hollywood, la miniserie Disney+ sull’omicidio di Sarah Scazzi

Qui non è Hollywood, la miniserie Disney+ sull’omicidio di Sarah Scazzi

Serie TV Di Elena Genero Santoro. Qui non è Hollywood, la miniserie Disney+ ispirata alla storia vera dell’omicidio di Sarah Scazzi a opera della cugina Sabrina Misseri. Una fiction che merita di essere vista, anche se poteva essere snellita un po’.

Quando ho visto la locandina, non mi è piaciuta per niente. L’immagine mi pareva grottesca. È vero che un libro non si giudica dalla copertina, ma la prima presentazione mi faceva presagire una narrazione morbosa. In realtà, avendo avuto la curiosità di guardare Qui non è Hollywood, di morboso ho trovato poco.

Qui non è Hollywood è la storia, che tutti conosciamo, dell’omicidio della piccola Sarah Scazzi a opera della cugina Sabrina Misseri.

La miniserie, disponibile in abbonamento su Disney+, è divisa in quattro episodi in ciascuno dei quali c’è un punto di vista prevalente. Si alternano, nell’ordine, Sarah, Sabrina, Michele e Cosima.
Mentre guardavo la serie sono stata spinta dalla curiosità di capire quanto ci fosse di realistico e quanto invece fosse stato ricamato dalla fantasia del regista. Ho scoperto che la serie, a parte qualche licenza narrativa, è molto accurata: non solo si basa su fatti di cronaca, ma anche molti dettagli sono reali, magari desunti dalle interviste rilasciate dai protagonisti nel corso degli anni. Il finale coincide con verità giudiziaria. La tesi sposata dal regista è che la colpevole sia Sabrina, come è stato dimostrato nei tre gradi di processo che si sono svolti in questi anni e che hanno condannato Sabrina e sua madre Cosima all’ergastolo. Non ci sono colpi di scena, teorie complottiste o rivelazioni dell’ultimo minuto.

Altrettanto accurato è stato il look dei protagonisti, che beneficia di adeguato trucco e di straordinaria immedesimazione degli attori.

Giulia Perulli è dovuta ingrassare ventidue chili per interpretare Sabrina ed è strabiliante come riesca riprodurne le movenze, le espressioni, il sorriso. Vanessa Scalera, che di anni ne ha quarantasette, è dovuta diventare la canuta Cosima dalle forme matronali. Paolo De Vita è più che convincente nei panni di un incerto e fragile Michele Misseri.

Nel primo episodio abbiamo Sarah: viene rappresentata la realtà in cui vive, in cui è nata ed è cresciuta.

Una madre, Concetta, completamente assorbita dalla setta dei testimoni di Geova e talmente fanatica della sua religione da non riuscire a mettere al primo posto le normali esigenze di sua figlia: abbracci e feste di compleanno. Le feste di compleanno sono addirittura qualcosa di anti-religioso, vanno assolutamente evitate. Il padre e il fratello Claudio lavorano nel Nord Italia come muratori. Il padre è una figura defilata, incapace di esprimersi, ai limiti della disabilità cognitiva.
Sarah viene descritta come una ragazzina bramosa di affetto, che cerca ovunque, principalmente a casa della zia Cosima, la sorella di sua madre, e tra le braccia della cugina più grande Sabrina, che in parte cerca di emulare. Sarah dice persino alla zia Cosima che vorrebbe che fosse lei sua madre, perché la zia Cosima, figura ieratica, apparentemente imperturbabile, le garantisce quella idea di famiglia tradizionale che a lei manca. Lo zio Michele, marito della zia Cosima, parla solo in dialetto stretto e trascorre la maggior parte del suo tempo nel suo garage dove dorme su una brandina. Pare vivere in un mondo tutto suo, si mostra come molto devoto alla Madonna, il suo limite linguistico diventa un limite comunicativo che si manifesterà in tutte le situazioni.

Nel primo episodio i rapporti familiari filtrati dagli occhi di Sarah risultano complessi e ambivalenti.

Sembra quasi di essere in un libro di Elena Ferrante, tipo La figlia oscura o la saga di L’amica geniale. Dietro l’attaccamento biologico si nasconde sempre un sentimento di invidia, talvolta di ferocia, di cattiveria. Ogni relazione è permeata da una sorta di amore-odio, nessun moto di affetto è cristallino e la disfunzionalità familiare è evidente sia nel nucleo dei Misseri che nel nucleo della famiglia Scazzi. Ma Sarah è talmente affamata e assettata di amore che non trova di meglio che la famiglia di Cosima con la quale trascorre molto tempo. Si pone sotto l’ala protettrice di Sabrina la quale, però, man mano che passa il tempo, si scopre sempre più gelosa di quella cuginetta carina, bionda e soprattutto magra. Sarah pare avere una spigliatezza e delle probabilità di successo che a lei, estetista di paese sovrappeso, mancano del tutto.

I rapporti diventano sempre più intricati quando Ivano, l’interesse amoroso di Sabrina, per il quale quest’ultima nutre una vera e propria ossessione, si mostra gentile con Sarah.

Sarah si prende una cotta per Ivano e non la nasconde nemmeno, ma Ivano ha ventisette anni e probabilmente la vede come una sorellina più piccola. Ivano non assume mai un comportamento ambiguo o inappropriato verso Sarah; per contro Ivano si stanca presto di Sabrina, e questo non fa che aumentare il rancore di Sabrina verso Sarah. Peraltro Sarah, ingenua e forse un po’ sciocchina, racconta in giro che Ivano ha rifiutato sessualmente Sabrina, sottoponendo la cugina a un’umiliazione di troppo.
Nel primo episodio vengono presentati tutti i protagonisti e nessuno di loro ispira veramente simpatia. L’unico che sembra avere la testa sulle spalle è Claudio, il fratello maggiore di Sarah, che però riparte per tornare a lavorare al nord prima che l’omicidio si compia.

Il secondo episodio si apre a omicidio ormai avvenuto.

Sabrina, Cosima e Michele sono intorno al corpo della povera Sarah. Quindi tutti sanno, tutti sono collusi a prescindere da chi abbia materialmente compiuto il gesto.
Da questo momento il punto di vista non può più essere quello di Sarah. La visione dei personaggi dopo l’omicidio è stata una scelta interessante, ma purtroppo ha penalizzato un po’ la visione globale dei rapporti e degli eventi che si sono susseguiti.
La prima protagonista è Sabrina, che viene subito identificata come l’assassina materiale. Sarah compare ancora, in alcune visioni di Sabrina (e in seguito di Michele e di Cosima), ma in Sabrina non si manifesta mai un sentimento di pentimento o un senso di colpa. Anzi, l’estetista di paese inizia a prenderci gusto quando i giornalisti la intervistano. Una sorta di narcisismo, di vanità, si impossessa di lei, che si espone spesso coi media: finalmente qualcuno l’ha notata, è riuscita a fare parlare di sé. I suoi complessi si sgonfiano. In seguito Sabrina sembra persino confortata quando scopre nei diari segreti di Sarah la conferma che la cuginetta aveva una cotta per il suo amato Ivano.

Con l’uscita della miniserie, il vero Michele Misseri, ormai scarcerato, ha ricominciato a proclamarsi unico colpevole del delitto.

Nella fiction appare come l’unico dei Misseri con un barlume di coscienza. Avendo seppellito la piccola Sarah in un pozzo, si preoccupa che la ragazzina, non avendo ricevuto il battesimo, non possa accedere al paradiso. È questa l’ossessione che a un certo punto lo fa crollare e lo porta a fare ritrovare il corpo affinché Sarah riceva un degno funerale.

Purtroppo la serie perde di mordente negli ultimi due episodi.

Il terzo ruota attorno alle ansie di Michele, alla sua devozione semplice e incondizionata per la Vergine, ai suoi tentennamenti. Michele appare come un indeciso, un timoroso, tuttavia non riesce mai a fare la cosa giusta e il coinvolgimento di Sabrina nelle indagini appare più come un errore di valutazione che come un atto dovuto per amore di verità.

Infine c’è Cosima, la figura più enigmatica.

È quasi sempre calma, composta, controllata. Viene dipinta come una madre amorevole, a suo modo. Cuce bambole per le sue figlie. Cerca di difendere sia Valentina (tornata a casa dopo l’omicidio) che Sabrina. Incarna appieno l’ambivalenza dei rapporti familiari che si è notata nel primo episodio. Amava Sarah? Probabilmente. Ma non abbastanza da difenderla. È il deus ex machina degli avvenimenti principali. Vorrebbe controllare le parole di Michele davanti agli inquirenti e quando capisce che ormai il dado è tratto, si rassegna a rimanere accanto a Sabrina. Nella serie non viene nemmeno specificato il suo reale coinvolgimento al momento dell’assassinio. Ha contribuito in modo materiale? Era presente? Ha solo cercato di coprire Sabrina? Sappiamo che la vera Cosima Serrano è stata condannata all’ergastolo, ma nella serie il peso delle sue colpe si intravede appena.
Nella realtà Sabrina e Cosima non hanno mai ammesso la loro colpevolezza e di conseguenza non hanno mai mostrato un pentimento o un ravvedimento. Anche nella serie non vi è nessun riscatto.

Qui non è Hollywood è una fiction che merita di essere vista anche se poteva essere snellita un po’.

La psicologia dei protagonisti, con tanto di primi piani ed espressioni intense, è l’aspetto predominante. Non ci sono scene macabre o irrispettose e anche lo sviluppo delle indagini rimane in secondo piano rispetto ai sentimenti incarnati da Sarah, Sabrina, Michele e Cosima.
Sullo sfondo, un’Avetrana invasa dai giornalisti, una città di provincia vicino al mare in cui le giornate scorrono lente e tutte uguali fino a quando le telecamere non montano un caso nazionale sulla sparizione di un’adolescente.



Elena Genero Santoro

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Il Natale più bello, una storia illustrata di Emma Fenu

Il Natale più bello, una storia illustrata di Emma Fenu

Il Natale più bello, una favola di Emma Fenu

Libri Comunicato stampa. Il Natale più bello (PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto KIDS), di Emma Fenu: una storia illustrata tenera e magica sul valore dell'amicizia e sull'amore per gli animali, intrecciata a una riflessione sulla solitudine dei bambini che hanno tante cose ma poche relazioni affettive autentiche.

Annabel si è svegliata presto, prima dei suoi genitori.
Scalza e in pigiama, ma con una sciarpa rossa di pile al collo, ha sceso le scale verso la cucina e, per scaldarsi, si è preparata una tazza di cioccolata fumante.
È il 23 dicembre, non deve andare a scuola, ma vorrebbe terminare un compito assegnatole per le vacanze: scrivere una storia di Natale. Annabel non si sente ispirata, nessuna idea le sembra buona, e la professoressa di italiano della Seconda B è molto severa.
[...] "Racconterò la mia storia”, pensa, mentre i genitori, ormai svegli, accendono la legna del camino e preparano il caffè e apparecchiano la tavola per la colazione. Emma Fenu, Il Natale più bello

Il Natale più bello

di Emma Fenu
PubMe – Collana Gli Scrittori della Porta Accanto KIDS
Narrativa per bambini 5+
Copertina flessibile | 74 pagine | formato 21x21
ISBN 979-1254588031

Quarta

È il 23 dicembre. Annabel si sveglia presto per finire un compito per la scuola: scrivere una storia di Natale.
Ricordando un meraviglioso Natale di quattro anni prima, il più bello, decide di racocntare la sua storia e inizia a digitare sulla tastiera del computer.


Una bufera di neve costringe in casa Annabel, di otto anni, e i suoi genitori qualche giorno prima delle vacanze di Natale. La bambina soffre la solitudine: ha molti giocattoli e videogiochi, ma nessuno le tiene compagnia durante le ore in cui i genitori sono chiusi nelle loro stanze a lavorare in smart working.
Annabel, triste e disperata, scrive una lettera a Babbo Natale chiedendo in dono non qualcosa ma qualcuno: un amico. Ed è per puro caso (o per destino?), che Babbo Natale si imbatte in Terence, capendo subito di aver trovato l’amico di cui Annabel ha bisogno.

Età di lettura: 5+

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