Gli scrittori della porta accanto

Dieci anni senza Amy Winehouse, la regina del soul bianco

Dieci anni senza Amy Winehouse, la regina del soul bianco

Musica Di Rosanna Costantino. Sono passati dieci anni dalla scomparsa di Amy Winehouse, la regina del soul bianco, avvenuta la notte tra il 22 e il 23 luglio: «Voglio che la gente, ascoltando la mia voce, dimentichi i problemi per cinque minuti».

Amy Winehouse conosceva molto bene il potere curativo della musica, sapeva quanto quel dolore così forte da lacerarti l’anima fosse una grande fonte di ispirazione – l’aveva sperimentato sulla sua pelle. E il suo pubblico avrà anche dimenticato i propri problemi il tempo di una canzone, ma di certo non la sua inconfondibile, potente e magica voce. Quella voce contemporanea e senza tempo che univa la dolcezza alla malinconia e dalla quale emergevano prepotentemente vibrazioni R&B, jazz e soul. Amy cantava con la sua anima perennemente delusa e ferita e con l’amara consapevolezza che la felicità non avrebbe mai bussato alla sua porta.

«La sua profondità insolita e la potenza della sua voce sono quegli elementi che hanno reso il suo tono umano e divino allo stesso tempo», scriveva di lei il Washington Post.

Amy ha lasciato un vuoto nel mondo R&B e la gente continua a celebrarla e a tenerne vivo il ricordo, nonostante siano passati già dieci anni dalla sua tragica e prematura scomparsa avvenuta il 23 luglio 2011.
Il meritato e folgorante successo mondiale non è bastato a salvarla da se stessa: fu trovata senza vita nella sua casa londinese dalla guardia del corpo. Aveva solo ventisette anni, come tanti altri grandi artisti del Club 27: Jimi Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain, Robert Johnson e Jim Morrison. Il suo nome occupa un meritato posto nell’Olimpo dei grandi interpreti contemporanei.

Amy Jade Winehouse è nata il 14 settembre 1983 a Enfield in Inghilterra, da genitori ebraici, padre tassista e madre farmacista.

Già all’età di dieci anni fonda un gruppo rap, ma ben presto deve fare i conti con la separazione dei suoi nel 1993. Comincia a ribellarsi alle imposizioni della scuola e della società e a scrivere una copiosa quantità di poesie.
Siamo nel 2003 quando fa il suo esordio – a soli diciannove anni – nel mondo della musica con il suo primo album dal titolo Frank, ricevendo subito riconoscimenti entusiastici del pubblico e della critica: quasi due milioni di copie vendute e certificazione del doppio disco di platino.
Il primo singolo estratto si intitola Stronger Than Me e racconta l’inadeguatezza del suo fidanzato dell’epoca, con la maturità e la rassegnazione di una donna adulta.
I always have to comfort you when I’m there
But that’s what I need you to do
Stroke my hair!
Cause’ I’ve forgotten all of young love’s joy
Feel like a lady, and you my lady boy
You should be stronger than me
But instead you’re longer than frozen turkey


Devo sempre confortarti quando sono lì
Ma quello che ho bisogno che tu faccia
È accarezzarmi i capelli
Perché ho dimenticato tutta la gioia del giovane amore
Mi sento una signora, e tu il mio ragazzo
Dovresti essere più forte di me
Invece assomigli più a un tacchino surgelato
Amy Winehouse, Stronger Than Me



Nel suo primo brano, come in tutto l’album, confluiscono le influenze R&B, jazz, hip hop e soul anni ’60 -’70, contribuendo a rilanciare interi generi musicali a torto considerati di nicchia.

I testi, intimi e personali, oscillano tra dure riflessioni sarcastiche e rassegnate a sentimenti di sincerità rabbiosa.
L’essenza di Amy Winehouse si fonde con la sua musica, non finge e non recita un copione non suo. Le vibrazioni magiche della sua voce riescono a ricreare un’atmosfera di altri tempi in cui è facile perdersi. Anche esteticamente ne richiama il fascino con un look tutto personale: gioca con abiti vintage eccentrici da moderna pin-up, sugli occhi una spessa linea di eye liner e capelli lunghi raccolti in alto.
Con l’album successivo, Back To Black, la sua arte fa un ulteriore passo in avanti, imponendosi all’attenzione del pubblico mondiale. Pubblicato il 26 ottobre 2006, conquista anche il mercato americano con uno dei singoli di punta: Rehab. Il brano diventa un vero tormentone, un manifesto delle sue inquietudini. Nato per caso per le vie di New York e scritto in soli dieci minuti, parla del suo rifiuto di andare in riabilitazione per curare la dipendenza dall’alcol.
They tried to make me go to rehab
But I said "no, no, no"
Yes I’ve been black but when I come back you’ll know
I ain’t got the time and if my daddy thinks I’m fine
He’s tried to make me go to rehab but I
Won’t go, go, go
[...]
I don’t never want to drink again
I just oh I just need a friend
I’m not going to spend ten weeks
Have everyone think I’m on the mend
It’s not just my pride
It’s just til these tears have dried

Hanno provato a farmi entrare in riabilitazione
ma ho detto "no, no, no"
Sì, sono stata male, ma quando tornerò lo saprete
Non ho tempo e se mio padre crede che io stia bene
Lui sta provando a mandarmi in riabilitazione ma io
Non andrò non andrò non andrò
[...]
Non voglio bere mai più
Ho solo bisogno di un amico
Non spenderò dieci settimane
Mentre tutti pensano che sia in via di guarigione
Non è solo il mio orgoglio
È solo finché le lacrime non s' asciugheranno
Amy Winehouse, Rehab



Rehab le fa vincere ben cinque premi durante i Grammy Awards del 2008.

Insicura ed emotiva nella vita, celebre è la frase: «La musica è l’unica cosa che so fare bene. È l’unica cosa in cui ritrovo la mia vera dignità. È l’unico campo della mia vita in cui posso alzare la testa e dire: “Nessuno può toccarmi”».
Nel 2007 viene lanciata Back To Black, un’altra hit che diventa subito un successo globale. Brano title track è considerato il simbolo della discografia della Winehouse. La famosa rivista musicale britannica NME lo colloca al sessantunesimo posto nella classifica dei migliori brani del decennio. Ispirato dalla sua problematica relazione con il marito Blake Fielder-Civil (con il quale è stata sposata dal 2007 al 2009) e dalla deleteria dipendenza dalla droga, è un triste addio a una persona amata, ma vi si legge anche una forte volontà di resistere a quella tempesta emotiva. Forse è una delle canzoni più schiette, intime, angoscianti e autobiografiche della sua intera discografia.
Nel video in bianco e nero si assiste al funerale del cuore della giovane cantante, seppellito insieme alle sue speranze di una vita felice.
Me and my head high
And my tears dry
Get on without my guy
You went back to what you knew
So far removed
From all that we went through
And I tread a troubled track
My odds are stacked
I′ll go back to black

Io e la mia testa su di giri
E le mie lacrime secche
Vado avanti senza il mio ragazzo
Sei ritornato a quello che conoscevi
Così lontano
Da tutto quello che abbiamo passato
E percorro il mio percorso problematico
Le mie possibilità sono ammucchiate
Tornerò al nero
Amy Winehouse, Back To Black



Molti vi hanno visto una tragica profezia del futuro della Winehouse, disposta a portare il lutto per il resto della sua breve vita.

Tuttavia il black a cui si riferisce potrebbe rimandare all’eroina, nome con il quale era chiamato a Los Angeles lo stupefacente di cui era dipendente.
Con Love Is A Losing Game avviene la consacrazione definitiva. Il brano è considerato il suo capolavoro ed è stato studiato persino all’Università di Cambridge. Con la sua voce calda e struggente canta della disillusione dell’amore, un gioco in cui si perde.
Though I battle blind
Love is a fate resigned
Memories mar my mind
Love, it is a fate resigned
Over futile odds
And laughed at by the gods
And now the final frame
Love is a losing game

Anche se ho combattuto alla cieca
L’amore è un destino rassegnato
I ricordi rovinano la mia mente
L’amore è un destino rassegnato
Oltre le futili probabilità
E Derisa dagli Dei
E adesso il frame finale
L’amore è una partita persa
Amy Winehouse, Love Is A Losing Game
«Non sono niente senza mio marito – dice Amy in un’intervista – Lo amo così tanto che a volte fa male. Gli devo tutto. Senza di lui non sarei nulla. Non posso battere la droga senza di lui (a cui fu introdotta da Blake stesso, ndr), è la mia roccia. So di aver bisogno di aiuto, ma Blake è l’unico che può aiutarmi, non voglio perderlo, non lo perderò». Invece il matrimonio è naufragato dopo due anni e si è concluso con un divorzio lampo e nuovi compagni per entrambi.



In You Know I’m No Good racconta, con sonorità prevalentemente R&B, un presunto tradimento d’amore e le sue continue ricadute.

Sembra scusarsi per aver fallito, per non riuscire a essere una Amy migliore. Forse chiede soltanto di essere amata così com’è.
I cried for you on the kitchen floor
I cheated myself
Like I knew I would
I told you I was trouble
You know that I'm no good
I knew you was trouble
When I first laid eyes on you

Ho pianto per te sul pavimento della cucina
Ho tradito me stessa
Come sapevo che avrei fatto
Ti ho detto che ero un problema
Tu sai che non sono buona
Sapevo che eri un problema
Quando ho posato gli occhi su di te per la prima volta
Amy Winehouse, You Know I’m No Good



Trasgressiva, malinconica, spesso sopra le righe, vive gli ultimi anni sempre più consumata dai suoi eccessi.

I disturbi alimentari di cui soffre da tempo si acuiscono, così come l’autolesionismo e la dipendenza dall’alcol, tanto da pregiudicarne le performance dal vivo. Nella settimana precedente alla morte sviene ben tre volte per aver ingerito troppa vodka, ma secondo la sua terapeuta non ci sarebbe stata alcuna intenzione di autodistruggersi.
Il 20 luglio 2011 si esibisce live per l’ultima volta all’iTunes Festival di Londra.
La notte tra il 22 e il 23 luglio è nella sua casa londinese insieme al suo body guard Andrew Morris. Ordinano cibo indiano da asporto che consuma da sola nella sua stanza. Appare tranquilla, ma strana perché per la prima volta sembra molto interessata a riguardare alcuni suoi vecchi concerti su YouTube. La mattina dopo, verso le dieci, la guardia del corpo si reca nella sua stanza e la trova ancora distesa sul letto. Pensando che stia ancora dormendo non prova a svegliarla. Nel pomeriggio, non avendola ancora vista, si reca nuovamente in camera da letto e la trova nella stessa posizione della mattina. A quel punto si preoccupa e cerca di svegliarla, ma senza risultati.
Le tocca il polso e non sente il battito cardiaco. Viene chiamato il 911 al quale non resta che dichiararne la morte avvenuta per avvelenamento da alcol in quantità cinque volte superiore al limite consentito per la guida.

La notizia della sua scomparsa ha gettato subito i fan e il mondo della musica nel totale sconforto, sia per la giovane età della cantante che per il suo enorme talento.

Il terzo album Lioness: Hidden Treasures esce postumo il 5 dicembre 2011 ed è accolto con grande emozione da un pubblico commosso.
L’anno successivo il padre Mitch mette nero su bianco i ricordi della sua amata figlia in un libro dal titolo Amy, mia figlia, edito da Bompiani. Ne ripercorre l’adolescenza vissuta alla periferia di Londra, fino al successo planetario ancora giovanissima, attraversando periodi di profonda sofferenza, tra ricordi personali e inediti. Un modo per rivivere la magia dei suoi inizi, l’approdo al mondo della musica e un’analisi della sua personalità tormentata, profonda, dolce e ironica.

In occasione dei dieci anni dalla sua scomparsa, Hoepli ha pubblicato un libro dal titolo La mia Amy (Winehouse), scritto dal suo migliore amico Tyler James.

È un commovente ritratto della loro lunga e tenera amicizia, attraverso i tanti periodi bui della cantante ma anche attraverso i momenti estremamente creativi e produttivi. Una bella occasione per i fan di conoscere un lato più intimo e sincero della Amy sia come persona che come artista.
Su Amazon Prime Video è invece disponibile il documentario Amy, di Asif Kapadia.
«Scrivere canzoni è come prendere una penna, usarla per tagliarsi un braccio e sanguinare sulle pagine», metaforicamente e letteralmente questo è sempre stato il senso della poetica di una musicista appassionata e immortale.
Una forza della natura la cui unica terapia è stata la musica, a mezzo della quale è riuscita a trasformare i propri fallimenti in vittoria.


Rosanna Costantino


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