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Recensione: Le Désespoir des singes et autres bagatelles, di Françoise Hardy

Recensione: Le Désespoir des singes et autres bagatelles, di Françoise Hardy

Libri Recensione di Davide Dotto. Le Désespoir des singes et autres bagatelles di Françoise Hardy (Robert Laffont, edizione francese). Una testimonianza preziosa e a tutto tondo della vita d'artista.

"Le Désespoir des singes" indica una pianta conifera del Cile (la Araucaria du Chili) con foglie pungenti a forma di squame che scoraggiano chiunque dal tentare di arrampicarsi, persino le scimmie (les singes). Tante sono le sfide da affrontare, ma nel tempo si può diventare qualcosa di simile a un albero dotato di una forza e di una resistenza tali da diventare “la disperazione” di chi aspira a una facile scalata.
"Les autres bagatelles” invece richiamano senz’altro le passeggiate al Parc de Bagatelle di Parigi.

Come immagine è potente, se si riferisce a una autobiografia che, senza filtri, confida sfide personali, vita («Je suis née pendant une alerte, le 17 janvier 1944») e carriera di Françoise Hardy.

Françoise Hardy, cantante e cantautrice francese, scomparsa di recente, è conosciuta in Europa e in Italia per brani come Tous les garçons et les filles (Quelli della mia età, interpretata anche da Catherine Spaak).
Il suo è un discorso molto intimo che non indugia in alcun modo all'autocelebrazione. La lettura di Le désespoir des singes et autres bagatelles, pubblicato nel 2008, rivela una forte predilezione per la scrittura e la lingua francese, un tutt'uno con l’aspirazione di cercare testi, musiche e arrangiamenti adeguati al proprio mondo di emozioni e sensibilità.

Proveniente da una famiglia piccolo borghese, Françoise Hardy ha sofferto di essere il bersaglio preferito del sarcasmo di sua nonna, sviluppando un’insicurezza di fondo e complessi di inferiorità ingiustificati, dai quali non si è mai completamente liberata.

Questo ha portato a un costante sentimento di precarietà, in bilico tra diverse direzioni. Nella sua professione artistica infatti non ha premeditato nulla, e un po' tutto è stato  un tuffo in acqua prima di imparare a nuotare.
Tuttavia, ha trovato spazio per muoversi in una "zona grigia" dove ha potuto diventare, essere e fare qualsiasi cosa desiderasse. Françoise Hardy si avvicinava agli altri con cautela e con segrete attese spesso deluse. La tardiva consapevolezza che non tutto si può o si riesce a comunicare la portò a realizzare che «mieux valait n’ouvrir son cœur qu’aux véritables âmes sœurs…»
Malgré leur banalité, mes chagrins d’enfant furent si profonds que chaque séparation que j’ai été amenée à vivre à l’adolescence puis à l’âge adulte m’a dévastée de la même façon. Françoise Hardy, Le Désespoir des singes et autres bagatelles

Inconsapevolmente, ha prodotto una serie di antidoti contro ciò che poteva anche solo ricattarla emotivamente, accentuando un intuito affine a un prezioso sesto senso.

Qualità che avrebbe condiviso con la sua anima gemella (âme sœur) per antonomasia: Jacques Dutronc.
Grazie alla radio, matura una passione per le canzoni in cui può esprimere il suo mondo, i suoi stati d’animo.
Arrivano le contestazioni del 1968, e l’aspirazione a ottenere ulteriori conferme in campo musicale. È in un'occasione che, invitata dal suo editore, Françoise Hardy è alla ricerca di qualche brano da interpretare, ma nessuno attira la sua attenzione, finché non esamina, con la dovuta calma, la copia strumentale meno triste di quelle a disposizione: It hurts to say good bye. Questo brano è diventato la sua interpretazione più popolare nella versione dal titolo Comment te dire adieu.

La sua è un’esistenza all’insegna di una fragilità preziosa che le consente di tenere i piedi per terra e la testa tra le nuvole quanto basta. 

Dotata di una natura sedentaria, le circostanze l’hanno spinta comunque a viaggiare senza sosta e a lasciare Parigi: è stata quindi anche in Italia, molti i brani cantati in italiano.
Sono altri tempi, ci sono scuole ma non social né reality, gli artisti non hanno confidenza con la propria immagine o con la propria voce. In tutto questo l’inesperta Françoise Hardy intuisce – percependone dispetto – «la médiocrité des orchestrations et des musiciens», correndo ai ripari quando è in grado di farlo. Nel 1962 e si rivela al pubblico con Tous les garçons et les filles, sopraffatta dal successo tanto inaspettato quanto simultaneo in Europa.

La ricerca è spirituale oltre che estetica, ed è questa la direzione in cui si muovono, fin dall’origine, la sua lucidità, il suo intuito, la marcata introspezione, che la portano a voler rincorrere piccoli frammenti di verità.

Comincia col seguire corsi di psicologia di cui non rimane soddisfatta, venendo attratta dalla astrologia, senza avere all'inizio idea di cosa si tratti, diffidente verso chi vede in essa nient'altro che un'arte predittiva e non una complessa scienza umana, utile per scavare dentro di sé. Tutto sta, a un certo punto, nel porsi le domande giuste al momento giusto, senza la pretesa di risolvere tutti i problemi («il faut savoir que tous les problèmes ne sont pas à résoudre»), che siano i propri, o altrui.

A causa di questi "frammenti di verità" non apprezza melodie troppo prevedibili (tipiche), mentre adora canzoni di ben altro livello, se non più sofisticate, più affini.

Ciò potrebbe spiegare perché, ascoltato Il ragazzo della via Gluck, pezzo con il quale Adriano Celentano si  presenta a Sanremo nel 1966, venendo eliminato dopo la prima serata, fa di tutto per registrarne una versione francese: La maison où j'ai grandi.
Sempre nel 1966, ha interpretato la canzone di Mina, Se telefonando, nella versione Je changerais d'avis.


La carriera di Françoise Hardy non si ferma al periodo d’oro della musica anni Sessanta, ma si ritaglia uno spazio considerevole nel panorama non solo canoro, ma culturale.

Non sono molti, infatti, gli artisti che nel corso dei decenni si impegnano in un percorso di costante evoluzione, sperimentando diverse strade, ma sempre con particolare attenzione alla qualità dei testi, delle melodie, degli arrangiamenti, scegliendo con cura autori, parolieri e collaboratori, senza abbandonare testi introspettivi e malinconici.



Le Désespoir des singes et autres bagatelles

di Françoise Hardy
Robert Laffont
Autobiografia
ISBN: 978-2221111635
Cartaceo 22,50€
Ebook 9,99€

Quarta

Voix sans pesanteur, beauté intemporelle, silhouette élancée? Françoise Hardy était surtout une auteur-compositeur-interprète exigeante, appréciée dans le monde entier, qui a inspiré plusieurs générations depuis son premier succès,Tous les garçons et les filles, en 1962.
Pour la première fois, elle livre les clefs de sa vie. Elle raconte son enfance en vase clos qui ne la préparait en rien à une célébrité totalement inattendue, évoque ses amours avec Jean-Marie Périer, puis avec Jacques Dutronc, son mari, et naturellement parle de leur fils, Thomas.
Françoise Hardy revient aussi sur ses chansons, ses collaborations et ses rencontres. Au gré des années, on croise Dali, Stockhausen, Ionesco, Bob Dylan, Mick Jagger, Elvis Presley, Pauline Réage, Hélène Grimaud ou Michel Houellebecq, ainsi que tous ceux qui ont le plus compté pour elle : Mireille et Emmanuel Berl, Patrick Modiano, Michel Berger, Serge Gainsbourg, Gabriel Yared, Etienne Daho...
Écrit avec sincérité, lucidité et tendresse, son récit permet de revivre des épisodes connus, d'en découvrir d'autres, et surtout de rire, de rêver et de s'interroger avec elle sur ce qui fait le sens de nos existences, joies et souffrances mêlées. Mieux qu'un livre de souvenirs, une grande traversée des apparences, où l'on découvre, depuis l'enfance à nos jours, l'itinéraire intérieur, artistique et amoureux d'une artiste profondément singulière.


Davide Dotto



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