Gli scrittori della porta accanto

[Libri] Sonia Carboncini presenta "Le farfalle di Kerguélen", nell'intervista di Silvia Pattarini

Sonia Carboncini presenta "Le farfalle di Kerguélen" - Foto copertina e autore

In anteprima Le farfalle di Kerguélen, di Sonia Carboncini, Senso Inverso edizioni, 2017. Un’avventura drammatica e mozzafiato, che al contempo commuove, indigna e regala inaspettati sorrisi.


Le farfalle di Kerguélen - Copertina

Le farfalle di Kerguélen

di Sonia Carboncini
Senso inverso edizioni
Narrativa
ISBN 978-8867933204 
cartaceo 16,00 €
ebook 4,99 €

Isabel, raggiunta la maggiore età, si lascia alle spalle l’isola natale nella Canarie, La Palma, per iniziare una nuova vita, lontano dai genitori che sin dall’infanzia percepisce freddi e distaccati.
A Madrid riesce a raggiungere un proprio equilibrio, fatto di indipendenza e passione per il suo lavoro. La solitudine, la mancanza d’amore e d’affetto non le pesano, li accetta come un aspetto della sua esistenza cui non dare troppa importanza.
La telefonata di una lontana cugina da cui apprende che la madre ammalata desidera rivederla, dà il via a un nuovo capitolo nella sua vita: inizia così per Isabel un percorso determinante e coinvolgente, fatto di segreti che smantellano ogni sua certezza, di verità inseguite con l’obiettivo di ottenere quella serenità mai avuta. Isabel, scavando nel passato dei suoi genitori, affronta i propri demoni interiori, cambia convinzioni, viene presa da sentimenti di compassione mai nemmeno ipotizzati...
Amore e amicizia, famiglia e rinascita: il nuovo cammino esistenziale di Isabel è appena cominciato...
Le farfalle di Kerguélen ci regala un’avventura drammatica e mozzafiato, che al contempo commuove, indigna e regala inaspettati sorrisi.
La memoria delle cose negative è un incendio: furioso, irruente, veloce, passa lasciando cenere. Ma dalla cenere nasce la vite del Malvasia, dagli scheletri dei pini risorgono i ciuffi spumosi, teneri e verdi, e dopo pochi mesi tutto è nuovo, bello e pieno di speranza. C’è qualcosa di più profondo, di più radicato del dolore, pronto a riaffiorare non appena un’emozione o una circostanza lo risveglino.


L'autore racconta 


Sonia Carboncini - Foto autoreOggi diamo il benvenuto a Sonia Carboncini che ci presenta in anteprima il suo nuovo libro Le farfalle di Kerguélen.
Buongiorno Sonia e benvenuta nel nostro blog. Come è nata l’idea di questo romanzo? È nata prima la trama o prima il titolo?
Certamente è nata prima la trama. Mi trovavo a pranzo con amici a Santa Cruz, nell’isola di La Palma, quando uno di loro ha raccontato la storia di una donna dell’isola, ormai anziana, che aveva rivelato recentemente un terribile fatto capitatole in gioventù. In una clinica di Madrid aveva dato alla luce negli anni Settanta una bambina che fu dichiarata morta. Non volevano farle vedere il corpo, ma lei insistette tanto, e con tale forza, che alla fine una suora le mostrò un neonato, senza avvicinarsi al letto. La donna fece un balzo e toccò il corpo, la suora se ne andò precipitosamente. Il corpo era freddissimo, come congelato. In seguito, si scoprì che di episodi simili ne erano avvenuti tantissimi (si parla di decine, centinaia di migliaia) e da un’indagine ufficiale risultò che in quella clinica, ma probabilmente anche in altre, sottraevano alcuni bambini alle loro legittime madri per alimentare un commercio di adozioni illegali. In un congelatore furono trovati i corpi di tre neonati morti. Quella storia mi turbò molto. Poi conobbi quella donna. Senza quasi accorgermene cominciai a scrivere, non dal punto di vista della madre, ma di una donna ormai adulta che scopre di essere stata sottratta alla nascita in modo fraudolento alla propria madre.

Appartiene a un genere ben definito o accorpa più generi?
Non saprei, io la definirei semplicemente narrativa, anche se per me lo scrivere non è mai disgiunto dall’impegno civile.

Si rivolge a un target di pubblico specifico?
In primo luogo alle donne, che sono le protagoniste. E a chiunque sia interessato a non dimenticare il passato. Il titolo nasce dalla frase di un libro di un ideologo della dittatura spagnola, secondo il quale alle donne il cervello si atrofizza perché, per il ruolo che devono svolgere nella società, non ne hanno bisogno, proprio come accade a farfalle che vivano in un ambiente talmente ventoso da non poter volare. Mentalità ed ideologie del genere non muoiono mai: da qualche parte nel mondo c’è sempre qualcuno che la pensa così e per questo è necessario ricordare e far ricordare con ogni mezzo possibile che niente è scontato.

A monte del romanzo ci sta un lavoro di ricerca e documentazione o non si è reso necessario?
Naturalmente ho dovuto compiere delle ricerche, leggere libri e articoli di giornale. Inoltre mi ha molto aiutato la mia curiosità nei confronti della storia dell’arcipelago delle Canarie, sulla quale lavoro da molti anni. Mi affascinano particolarmente, le isole Canarie, perché sono un magnifico paradosso: amministrativamente appartengono all’Europa, geograficamente all’Africa e culturalmente al Centro- e Sudamerica. Sono il luogo di maggior integrazione che conosca.

Raccontaci qualche curiosità sui personaggi principali e comprimari: come si chiamano, il loro carattere o qualche particolare che li contraddistingue.
Personalmente amo molto Concha, l’amica della protagonista Isabel, e in un certo qual modo sua antagonista. È una donna vitale, aperta, coraggiosa che sa amare e non ha paura di mostrare i sentimenti. Le piace scandalizzare, essere sboccata, mostrare esuberanza sessuale, ma in fondo è solida come una roccia. Le donne più mature: Mercedes, Berta, Fina, Maria Nieves sono tutte facce della complessa figura di madre, di tutti i significati che questa parola racchiude. Non a caso la protagonista, Isabel, è una collezionista di immagini di Madonne. Per lei la Madonna è la raffigurazione cristallizzata, l’archetipo della maternità. Tra i personaggi maschili domina la figura tormentata e piena di contraddizioni di Don Francisco, il padre di Isabel, con il suo tragico tentativo di camuffare le proprie debolezze dietro un’ideologia forte e predatoria.

Nei tuoi personaggi, anche in quelli secondari, c’è qualche esperienza autobiografica, o hai preso spunto da persone di tua conoscenza, oppure sono esclusivamente frutto di fantasia?
Ho sempre sostenuto che lo scrittore è un ladro di vite: vede e ascolta tutto, lo rielabora inconsapevolmente e poi lo mette in ciò che scrive. Quindi: attenzione! A parte gli scherzi, sì, c’è purtroppo molto di me in Isabel e anche in altri personaggi e molti frammenti di incontri, storie, situazioni vissute, persone incontrate. Ognuno si porta un bagaglio di storie, come una tavolozza di colori, e al momento si usano quelli che occorrono o si mischiano tra di loro per ottenerne di nuovi. Direi che quasi niente è inventato nel romanzo, l’invenzione consiste nel “missaggio”.

I luoghi del romanzo: dov’è ambientato? Hai scelto questa location per necessità, per moda o per altri motivi?
Come ho detto, il romanzo è ambientato nelle Canarie, e particolarmente nelle due isole più lontane dall’Europa e meno turistiche: La Palma e La Gomera. La scelta è stata dettata dalla trama e ovviamente mi ha aiutato il fatto che da molti anni trascorro buona parte del mio tempo lì.

Invoglia il lettore a leggere il tuo libro, definiscilo in tre aggettivi.
Crudo, commovente, poetico.

Stralci d’autore: lasciaci uno spaccato accattivante tratto dal tuo romanzo Le farfalle di Kerguélen.
La memoria delle cose negative è un incendio: furioso, irruente, veloce, passa lasciando cenere. Ma dalla cenere nasce la vite del Malvasia, dagli scheletri dei pini risorgono i ciuffi spumosi, teneri e verdi, e dopo pochi mesi tutto è nuovo, bello e pieno di speranza. C’è qualcosa di più profondo, di più radicato del dolore, pronto a riaffiorare non appena un’emozione o una circostanza lo risveglino.

Il tuo romanzo si fa portavoce di qualche messaggio particolare, o si propone esclusivamente di intrattenere il lettore?
Sinceramente non conosco questa differenza. Anche per intrattenere il lettore, bisogna dirgli qualcosa. E d’altro canto, qualsiasi libro, anche il più ostico, si propone di “intrattenere” il lettore, di fargli passare un po’ di tempo in sua compagnia. Certo, non si tratta nel mio caso di una storia allegra e spensierata, anche se vi sono momenti perfino di comicità, e capisco l’esigenza di chi, dopo una giornata dura, voglia leggere qualcosa che non impegni troppo il cervello. Tuttavia, a mio avviso, il discorso è un altro: cosa mi rimane di un libro letto? Un pensiero, una frase, la conoscenza di una storia, di un luogo, di un personaggio? O anche solo il piacere estetico di una bella lettura? Se qualcosa di un libro entra a far parte del nostro bagaglio di vita, allora quel libro ci ha intrattenuto e fornito un messaggio.

Grazie, Sonia, per essere stata con noi. Complimenti per il tuo romanzo d'esordio e in bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.
Silvia Pattarini

Silvia Pattarini
Diplomata in ragioneria, ama scrivere racconti e componimenti poetici, alcuni dei quali compaiono in diverse antologie. Partecipa a concorsi letterari di poesia, prosa e premi letterari per narrativa edita.
Biglietto di terza classe,  0111Edizioni.
La mitica 500 blu,  Lettere Animate.


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