Gli scrittori della porta accanto

Rileggendo Mille splendidi soli: riflessioni sulla condizione della donna

Rileggendo Mille splendidi soli, di Khaled Hosseini

Professione lettore Di Stefania Bergo. Rileggendo Mille splendidi soli di Khaled Hosseini (Piemme Edizioni): riflessioni sulla condizione della donna in Afghanistan e nel mondo.

In ritardo rispetto al resto del mondo, tre anni fa ho letto Mille splendidi soli di Khaled Hosseini (Piemme Edizioni). L'ho assorbito per osmosi attraverso la pelle in un paio di giorni.
Ho pregato per Mariam e Laila pur sapendo che ormai la loro storia è stata scritta. Ho pregato perché non soffrissero, perché Rashid e il mondo smettessero di violentarle nel senso più ampio del termine. Ho pianto sull'orrore di una guerra di cui ormai si è persa traccia, strumentalizzata, una successione senza soste di oppressi ed oppressori che sfogano le loro ire su un popolo disgraziato.
Incredula, ho letto e riletto le regole dei talebani, chiedendomi come sia possibile, quasi mille anni dopo, assistere ancora una volta ad una caccia alle streghe che però non brucia sul rogo le donne, le soffoca sotto i burqa, che paradossalmente le proteggono, e tarpa loro le ali impedendone l'accesso alla conoscenza, schiave ignoranti e incapaci di badare a se stesse, madri il cui cordone ombelicale con il marito non verrà mai tagliato, vittime di una violenza privata tacitamente acconsentita, figlie violate, private della loro infanzia.

Attraverso le vicende personali di Miriam e Laila, Khaled Hosseini racconta la condizione della donna in Afghanistan.

A quindici anni, Mariam non è mai stata a Herat.
Mariam vorrebbe avere le ali per raggiungere la casa del padre, dove lui non la porterà mai perché Mariam è una "harami", una bastarda, e sarebbe un'umiliazione per le sue tre mogli e i dieci figli legittimi ospitarla sotto lo stesso tetto. Vorrebbe anche andare a scuola, ma sarebbe inutile, le dice sua madre, come lucidare una sputacchiera. L'unica cosa che deve imparare è la sopportazione.
Laila è nata a Kabul la notte della rivoluzione, nell'aprile del 1978. Aveva solo due anni quando i suoi fratelli si sono arruolati nella jihad. Per questo, il giorno del loro funerale, le è difficile piangere. Per Laila, il vero fratello è Tariq, il bambino dei vicini, che ha perso una gamba su una mina antiuomo ma sa difenderla dai dispetti dei coetanei; il compagno di giochi che le insegna le parolacce in pashtu e ogni sera le dà la buonanotte con segnali luminosi dalla finestra.
dalla sinossi di Mille splendidi soli di Khaled Hosseini
Mille splendidi soli

Mille splendidi soli

di Khaled Hosseini
Piemme
Narrativa
ISBN 978-88-683-6731-2
Cartaceo 11,30€
Ebook 7,99€

Mi sono chiesta perché. Perché nascere donna da troppe parti nel mondo è ancora una sfortuna. 

Perché, in certi paesi, essere donna significa avere una lista interminabile di doveri e nessun diritto, godere della stessa considerazione di un animale da cortile, lasciarsi vendere e comprare docilmente come una pecora al mercato. Perché nessuno si alza in difesa di una moglie percossa e incarcerata tra le mura domestiche pur sentendone le grida dalla strada, grida che, potrei giurarlo, arrivano molto più lontano, molto in alto. Perché una donna deve essere ignorante, ubbidiente e partorire figli maschi altrimenti è un'inutilità erroneamente venuta al mondo. Perché ci sono sempre corsie preferenziali che la spingono verso il basso, schiacciandole la faccia contro la terra, facendone una passerella per l'uomo che non si vuole sporcare le scarpe nel fango. Perché deve essere mutilato il suo piacere mentre l'uomo è autorizzato a soddisfare sempre e comunque il suo. Perché la sopportazione pare non avere limiti umani, per lei, ma scivolare sempre più giù, suggerendo nuovi modi per calpestarla, rabbiosi che non si sia ancora arresa. Perché tutte le colpe del mondo sono della donna , che provoca, seduce, manca di rispetto, come fossimo tutte legittime discendenti di Eva.

Nascere da questa parte del mondo è malgrado tutto una fortuna. 

Guardo mia figlia e so che potrà andare a scuola, che avrà il naturale diritto di avere un'opinione, una proprietà, una vita che avrà scelto per se stessa. Non sarà obbligata ad abbassare lo sguardo e deglutire la sua stessa bile. Potrà picchiare i pugni a terra e gridare no e tutti lo sentiranno. E tutti lo rispetteranno. Potrà lavorare. Ed aver valore anche senza essere madre o moglie. Sarà libera. Libera di scegliere, di sbagliare, senza essere giudicata o, peggio ancora, condannata dall'opinione pubblica. Non sarà un cane da passeggio di cui i vari padroni ne reclameranno il possesso, lei apparterrà solo a se stessa.
O forse no.

Forse nemmeno in questa parte del mondo funziona così. Forse la lista dei doveri è semplicemente meno lunga e la colonna dei diritti non è lasciata in bianco. Ma è ancora troppo corta.

Perché anche qui c'è chi si sente legittimato, per tacito assenso degli astanti, a disporre di un corpo altrui come meglio crede, non curandosi dell'inquilino che vi abita. E chiunque volti lo sguardo fingendo di non sapere diventa un complice parimenti punibile. Anche qui vivere una vita senza conoscere la crudeltà del genere umano o la sua arroganza è una fortuna, non un diritto. La fortuna di incontrare e mescolarsi con uomini giusti, che sappiano vedere, ascoltare, rispettare, amare. Anche qui spesso la dignità di una donna viene messa in discussione dal volgo che nemmeno conosce la sua storia e il mulinello di sentimenti ed emozioni che la agita dal profondo. Quella stessa dignità che spesso viene stesa come uno zerbino quando la si relega ai fornelli o alla cura dei figli o ai "doveri di moglie", come se fosse nata solo per quello, come se non le spettasse altro. Anche qui è l'anello apparentemente debole, umiliato, mentre in realtà è il perno di una lunga catena che tiene insieme con sopportazione, sempre spostando in avanti quei limiti.
In qualsiasi angolo del mondo nasca, dal più disgraziato al più fortunato, una donna verrà al mondo e comincerà a lottare per conquistarsi quei diritti che agli uomini semplicemente spettano.

Stefania Bergo


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