Gli scrittori della porta accanto

[People] La magia va in scena, Elena Genero Santoro intervista Jefte Fanetti



Oggi voglio raccontarvi di un artista che non si esprime attraverso la scrittura, ma attraverso ben altre arti. Lui è un prestigiatore, un attore e un mimo e molte altre cose. In realtà anche lui ogni tanto deve prendere la penna in mano: scrive personalmente i testi dei suoi spettacoli, anche se poi, per metterli in scena, chiede l’apporto registico di molti amici artisti, come lui stesso afferma.

Lui è il Mago J, al secolo Jefte Fanetti, e si presenta così nel suo sito:

Nel mondo reale si chiama Jefte Fanetti.
Ha un nome strano, ma non è colpa sua.
Se gli chiedete perché si chiama così non sa rispondervi.
Ha iniziato a studiare la magia a 15 anni credendo che servisse a conquistare le ragazze ed ora è ancora lì che studia per disperazione!
Ha iniziato a fare animazione negli oratori a 16 anni e da allora non ha più smesso di giocare. Esperto in tutte le arti inutili e perditempo.
Ha fatto l'animatore per bambini e adulti in centri estivi, scuole, villaggi turistici e dal suo vicino di casa.
Si è diplomato in teatro e mimo all'atelier Teatro Fisico di Philip Radice e studia giardinaggio da sua zia Elvira.
Frequenta anche le scuole di circo, ma non ha mai imparato ad allacciarsi le scarpe.
Lo trovate in giro per il mondo a fare spettacoli nei teatri e per strada. Se lo vedete regalategli un sorriso e lui dormirà contento.

Ciao Jefte, benvenuto nel nostro blog!
Ciao a tutti!

Sei un artista poliedrico, un prestigiatore, un attore comico, un cabarettista, un mimo, un animatore per adulti e bambini e persino un acrobata. Qual è stato il tuo primo amore tra la magia, la recitazione e tutto il resto? E quando hai capito che l’arte era la tua vera e unica strada?
Che questo modo di vivere sia la mia unica strada non lo ho ancora capito. Forse un giorno...
Il termine arte è sopravvalutato o perlomeno usato troppe volte in modo inadeguato. Se ciò che faccio io sia arte non lo so. So che funziona. Io ho un unico interesse, poter regalare delle emozioni alla gente, dalla allegria alla sorpresa, dalla tensione al relax. Ho iniziato a studiare magia fin da bambino, scoprendo che era un ottimo strumento per suscitare meraviglia nella gente. Da quel momento il mio modo di concepire la vita mi ha portato a vivere di spettacolo, mi ci sono semplicemente ritrovato dentro.

Studi magia da quando sei bambino. Come hai completato la tua formazione artistica?
Parto dal principio che non ho mia completato al mia formazione artistica. Se mai un giorno accadesse non avrei alcuno stimolo a continuare a fare il mio mestiere. Sono sempre stato attratto da ogni tipo di arte dello spettacolo. Ho iniziato studiando Magia al Circolo Amici della Magia di Torino e teatro fisico alla scuola di Philip Radice di Torino. Ma ho studiato di tutto, dalla dizione alle ombre cinesi, dalla pertica cinese alla danza aerea, dal mimo al clown. In realtà ogni esperienza può accrescere il proprio bagaglio artistico. Ad esempio gli anni passati a lavorare nei villaggi turistici come animatore mi hanno lasciato molti insegnamenti. Tutto aiuta, dalla visione di uno spettacolo teatrale alla lettura di un fumetto di Rat Man.

Come nasce l’idea un nuovo numero? E come ti prepari ogni volta che inventi uno spettacolo nuovo?
Nella caos primordiale del mio cervello di idee ne nascono tutti i giorni. Da qui al realizzarle passa un abisso.
Solitamente gli embrioni delle idee arrivano quando il cervello è libero di viaggiare, come quando guido, nel dormiveglia o perfino mentre dormo. Ogni tanto mi forzo ad alzarmi dal letto e a scrivere ciò che stavo immaginando, per non perderlo tra i fumi della notte. Poi mi sveglio al mattino e mi trova a leggere cose totalmente assurde e irrealizzabili.
Anni dopo mi ritrovo a pensare a queste idee e con nuove conoscenze acquisite scopro di poterlo fare. E da qui comincia il lavoro di studio e ricerca per vedere se si può arrivare a portarlo in scena e soprattutto se può piacere al pubblico.

Partiamo dalla parte acrobatica, lo “Spettacolo verticale”, di grande impatto visivo, in cui tu e altri artisti raccontate una storia “volando” tra le pareti esterne di qualche antico monumento medievale (una cosa da pazzi!!). Ci vuoi raccontare qualcosa di più?
Definirmi acrobata è una grave offesa nel confronto di tutti coloro che sono veri acrobati e di cui Torino è molto ricca, grazie alle importanti scuole di circo che qui hanno sede. Da sempre pratico l'arrampicata sportiva e per un certo periodo della mia vita ho anche fatto l'istruttore. L'idea di poter unire spettacolo e arrampicata mi è sempre piaciuta. La danza aerea, i cui precursori erano free climbers, sicuramente è un ottimo modo per poterlo fare. Ma io con la danza non sono mai andato tanto d'accordo. Allora, con l'aiuto del attore e giocoliere Manuel Bruttomesso, ho cercato qualcosa che mi permettesse di andare oltre la danza e mi permettesse di raccontare qualcosa su un palcoscenico verticale con l'utilizzi di funi e argani. Ne sono nati due spettacoli, Gargoyles e Duhomo Fabula, che mi hanno dato grandi soddisfazioni, ma che grandi fatiche. Essendo che le fatiche sono alla pari con le soddisfazioni sono spettacoli che se li faccio sono contento, ma se non li faccio sono altrettanto felice!

Il 26 settembre scorso sei apparso in televisione con un numero di prestidigitazione durante la trasmissione “Tu si che vales”. I giudici, Zerbi compreso, hanno molto apprezzato la tua esibizione, che è iniziata con un approccio comico e si è conclusa con un finale di magia a sorpresa veramente strabiliante. Oltre ai tempi limitati a disposizione, cosa ti ha portato a scegliere proprio quel numero, tra tutte le cose che sai fare, che non sono poche?
Portare un numero a una trasmissione di questo genere è sempre un grande rischio, in quanto devi immaginare un effetto che di solito porti sul palco, racchiuso nella scatola della televisione e che si adatti al contesto della trasmissione. Deve prima di tutto rappresentare il mio mondo di fare spettacolo e questo numero, essendo muto, mi permetteva di usare la mia espressività e arti mimiche. Deve soprattutto essere un numero originale, non tanto per essere apprezzato dai “giudici”, ma per essere apprezzato nella comunità degli artisti che in qualche modo ti vedranno e che ti ricorderanno nel futuro. La “fama” televisiva dura giusto il tempo di attesa della puntata seguente, una settimana, ma il ricordo nel settore artistico rimane per più tempo.

Qual è l’impatto emotivo di esibirsi davanti a un pubblico televisivo distaccato e giudicante anziché davanti a un pubblico teatrale o di strada, con cui, immagino, c’è un rapporto più intimo e diretto?
Non posso nascondere che la televisione è un mondo che non apprezzo molto. Il termine che meglio la definisce è “disumana”. E con questa affermazione mi sono giocato qualunque futura trasmissione!
Tu devi esibirti non per le persone, ma per alcune macchinette davanti a te, chiamate telecamere, che non sorridono, non hanno reazioni e non lasciano emozioni. Il numero che verrà trasmesso è un montaggio televisivo frutto da altre macchinette. Il risultato, per quanto sia bello, è un film che ha poco a vedere con la realtà.

Parliamo ora dei tuoi spettacoli teatrali. Il primo è Poetrick, dove si mescolano elementi di magia, mimo e poesia. Cosa vuoi raccontare durante questo spettacolo?
Poetrick è lo spettacolo che volevo fare da una vita. Qualcosa che trascenda la parola, ma con il gesto e la musica possa creare sensazioni. Mescolando mimo e magia ne è venuto fuori Poetrick, un viaggio in una stazione dei treni tra sogni e realtà. Io ogni volta che mi rivedo il video di questo spettacolo rido... e dire che le gag le conosco!

E poi c’è “Mercante di Fuffa”, che io ho avuto il piacere di vedere dal vivo. Qui conduci, tutto da solo, uno spettacolo comico di quasi due ore farcito di magia e di cabaret. Il taglio è ovviamente ironico e graffiante, ma la tematica di fondo è più seria: racconti la storia dei ciarlatani e dei venditori di fumo, anzi, Fuffa, dal passato al presente, facendo riflettere il pubblico sulle trappole di un certo tipo di medicina. E poi, anche tu come un buon venditore, fai propaganda al tuo prodotto… la Fuffa… Come ti è venuta l’idea di uno spettacolo del genere?
Mercante di fuffa è un “medicine show”, spettacolo che i ciarlatani rinascimentali facevano viaggiando da un paese all'altro e usavano come scusa per vendere unguenti e polveri dai poteri miracolosi. Il giorno che ho scoperto il significato di questa parola è lo stesso giorno che è nata l'idea di questo spettacolo, che in Italia non mi risulta si stato rivisitato. Per poterlo scrivere ho dovuto documentarmi molto, dai libri storici sulla ciarlataneria a quello delle medicine alternative. Con la magia ho potuto ricreare gli effetti di questi farmaci miracolosi e ho potuto rendere moderno e fruibile a tutti uno spettacolo che ci fa vedere come non sia cambiato molto dai tempi dei ciarlatani. La fuffa esisteva allora come esiste ancora oggi!

Interessante. Ora che hai realizzato tutti questi spettacoli e progetti, stai lavorando a qualcosa di nuovo? C’è qualche sogno nel cassetto per il futuro?
Mi piacerebbe scrivere uno spettacolo a tinte forti, stile Grand Guignol, a toni macabri, grotteschi. Non uno spettacolo per tutti, quindi, e questo mi frena ancora ora…

E adesso veniamo all’ultima domanda, una domanda che va molto di moda in questo periodo e che, se azzecchi la risposta, può condurti direttamente alla notorietà globale (a qualcuno è capitato). In quale periodo storico saresti voluto vivere?? :-D
Sono giapponese.

Grazie per essere stato con noi, Jefte. In bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.

Elena Genero Santoro
Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni.
Perché ne sono innamorata, Montag
L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate
Un errore di gioventù, 0111 Edizioni
Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni.
Il tesoro dentro, 0111 Edizioni.




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