MOULIN ROUGE
Baz Luhrmann REGISTA
Baz Luhrmann, Craig Pearce SCENEGGIATORE
2001 ANNO
Catherine Martin, Angus Strathie COSTUMI
Donald McAlpine FOTOGRAFIA
Jill Bilcock MONTAGGIO
Craig Armstrong MUSICHE
Donald McAlpine FOTOGRAFIA
Jill Bilcock MONTAGGIO
Craig Armstrong MUSICHE
CAST
Nicole Kidman, Ewan McGregor, John Leguizamo, Jim Broadbent, Richard Roxburgh, Kylie Minogue, Placido Domingo, Ozzy Osbourne
Vincitore di due Oscar, per la scenografia e i costumi, ha subito diviso la critica, fin dalla prima. Dopo Romeo + Juliet, Baz Luhrmann torna a interpretare a tinte oniriche un classico, un amore tragico, reinventando il musical.
La storia, ambientata nella Parigi di fine '800, vede Christian, un romantico scrittore bohémien tragicamente squattrinato, inseguire il sogno di far volare le sue pagine oltre il cassetto (un autore emergente dei giorni nostri, per intenderci). E Parigi, soprattutto Montmartre, è il luogo ideale dove valorizzare la sua arte.
Le prime persone che incontra fanno parte di un gruppo teatrale alla deriva, guidato da Henri de Toulouse-Lautrec, artista bohèmien realmente esistito, che sta provando una rappresentazione teatrale da proporre all’impresario Harold Zilder, mecenate del Moulin Rouge. Ovviamente, dato il talento di Christian e la sua aurea malinconica, decidono di arruolarlo nel loro gruppo. Lo invitano ad uno spettacolo, cercando di organizzargli un incontro con la prima donna del teatro, Satine, al fine di farle ascoltare le sue parole, la sua poesia, la sua musica interiore. Per avere una possibilità. Satine è bella, sensuale, pallore lattiginoso e capelli in tinta col sipario carminio. Christian si innamora subito di lei e della sua aurea, aprendo una breccia anche nel cuore algido della cortigiana, che invece ha ben altre trame da tessere, anche lei all'ansiosa ricerca di un'occasione per diventare una vera attrice. E l'occasione, per lei e per tutta la compagnia del Moulin Rouge, è rappresentata dal Duca, il cui unico merito è godere di una ricchezza sfacciata.
Da qui, nasce la vera trama del film che celebra l'amore tragico delle opere shakespeariane e verdiane. Un amore da cui più volte si esorta, nella trama, a fuggire, ma che prepotente conquista i cuori e li fa urlare: "ti amerò fino alla fine dei miei giorni".
La bella cortigiana desiderata dal ricco signore, che ne vuole vantare i diritti, si innamora perdutamente dello squattrinato scrittore, anche lui bello, sensibile, poeta nelle parole e nelle emozioni, che la conquista semplicemente amandola, rimirandola come l'ultima cosa bella al mondo, dandole valore, al di là di quello economico che le hanno sempre riconosciuto gli uomini che usualmente le ronzavano attorno.
Il film prende spunto in parte dal romanzo La dame aux camélias del figlio di Alexandre Dumas (che narra della storia d’amore tra Margherita, la cortigiana più bella di Parigi, e Armando Duval), in parte a La Traviata. Ritroviamo, infatti, il clichè della malattia che ingiuriosamente consuma Santine e il loro amore, facendola prevedibilmente volare via, come lei desiderava inizialmente, intendendo però una fuga da quella vita, non dalla vita; la finzione di un amore illusorio che in realtà non c'è mai stato, menzogna che lei racconta, col cuore affranto e le lacrime nascoste sotto una veletta nera, per salvare la vita a Christian, minacciato dalla gelosia del Duca; la scena del plateale smacco di lui alla dignità della cortigiana, pagata in pubblico per l'amore consumato quando ancora pareva reale.
E infatti è reale. Un amore che alla fine si palesa, anche se questo significa perdere tutto il resto. Perchè l'amore è tutto ciò di cui abbiamo bisogno, il resto è solo accessorio, orpello che ci illude d'essere il coronamento di un sogno. In realtà, l'unica cosa che vogliamo, e di cui abbiamo davvero bisogno, è solo "amare ed essere amati".
Il film di Baz Luhrmann è psichedelico, onirico. A mio avviso geniale.
La grafica digitale dipinge una Parigi grigia, chiaramente finta. Le panoramiche evidenziano proporzioni inusuali (tra gli edifici e la Tour Eiffel, ad esempio), distanze contratte, prospettive errate che la fanno assomigliare ad un fumetto, sfondo creativo per la narrazione. Il Moulin Rouge spicca sullo sfondo monocromatico, con il suo rosso acceso di eccessi e di altri sfavillanti colori. La compagnia teatrale mette qui in scena uno "spettacolo spettacolare" ambientato in India, ispirato alla sfarzosa Bollyhood, dando modo agli sceneggiatori e ai costumisti di osare, dando vita a fotografie sature di tonalità e costumi ricchi di dettagli sfavillanti, preziosi, come l'oro e le pietre che adornano i gioielli.
La telecamera pare ballare tra le scene, dinamica, vorticosa, con continui cambi di inquadratura, primi piani, dettagli che sottolineano il sudore della pelle, le lacrime, gli sguardi ammiccanti o gonfi di sentimento, come incisi nella narrazione.
Anche il montaggio è sapiente, accelerazioni e rallentamenti sottolineano i particolari da non perdere, come una lente d'ingrandimento che metta a fuoco un singolo dettaglio nell'esagerata ridda.
Tutto è esasperato, una perfetta contraffazione della realtà, visione che ha la connotazione di un sogno damascato, a tratti tragico. Ed è così che doveva essere. Renderlo più realistico sarebbe stata una forzatura inefficace.
Molti hanno criticato la storia banale, la trama inesistente. Ma anche questo serve a dare al musical i connotati del sogno, dove tutto avviene confusamente, dove non si segue il filo logico di una narrazione convenzionale, ma tutto accade come se un istante dipendesse esclusivamente da ciò che è successo il momento precedente e quello successivo sarà carico d'incertezza, di sorpresa.
Del resto, che importanza ha la trama quando la musica, insieme alla sceneggiatura e agli abiti, è protagonista indiscussa? Le canzoni reinterpretate dai bravissimi Nicole Kidman e Ewan McGregor, che per l'occasione si sono scoperti bravissimi cantanti, vanno da All You Need Is Love dei Beatles o Pride degli U2 a Roxanne dei Police, The Show Must Go On dei Queen, Heroes di David Bowie, alla ripetuta Your Song di Elton John. La colonna sonora raccoglie, quindi, uno spettro musicale che copre quasi un secolo, rimescolato e riproposto per accordarsi alle note della storia, in medley memorabili, in cui le parole, reinterpretate, sono i dialoghi degli amanti o degli altri personaggi, perchè la canzone è il perfetto veicolo delle emozioni. Ogni brano é accompagnato da coreografie (tra cui l’immancabile Cancan) e scene teatrali, permeate di irrealismo.
Nicole Kidman e Ewan McGregor sono credibili, perfettamente calati nei personaggi individuali e nell'interpretare una coppia di giovani amanti clandestini, abili anche nel dramma. Lei, in particolare, pare sia disegnata sullo sfondo. La pelle è diafana e inconsistente, così da far accendere i capelli e gli occhi, brillanti d'amore e di pianto. Lui ben incarna lo scrittore bohemien maledetto, bello, giovane e appassionato.
Il finale è drammatico, esasperato, ma anche grottesco, in linea con l'intero film. Prevedibilmente Satine spira, sul palcoscenico che voleva fosse il suo futuro, tra le pareti broccate di un Moulin Rouge che nemmeno si accorge che la finzione è finita e va in scena la vita vera. Ma del resto, è spesso così anche nella vita. Il dramma che ognuno si porta dentro ai più è trasparente.
Sul grigio di Parigi scende la neve, che ovatta e, come un silenziatore, zittisce il dolore, copre le asperità, uniformando la scena. Ma un colore continua a spiccare. Il rosso di un vestito da sera, delle labbra di una cortigiana, di un cuore che sanguina, di un sipario strappato. Di un grande e celeberrimo teatro.
La storia, ambientata nella Parigi di fine '800, vede Christian, un romantico scrittore bohémien tragicamente squattrinato, inseguire il sogno di far volare le sue pagine oltre il cassetto (un autore emergente dei giorni nostri, per intenderci). E Parigi, soprattutto Montmartre, è il luogo ideale dove valorizzare la sua arte.
Le prime persone che incontra fanno parte di un gruppo teatrale alla deriva, guidato da Henri de Toulouse-Lautrec, artista bohèmien realmente esistito, che sta provando una rappresentazione teatrale da proporre all’impresario Harold Zilder, mecenate del Moulin Rouge. Ovviamente, dato il talento di Christian e la sua aurea malinconica, decidono di arruolarlo nel loro gruppo. Lo invitano ad uno spettacolo, cercando di organizzargli un incontro con la prima donna del teatro, Satine, al fine di farle ascoltare le sue parole, la sua poesia, la sua musica interiore. Per avere una possibilità. Satine è bella, sensuale, pallore lattiginoso e capelli in tinta col sipario carminio. Christian si innamora subito di lei e della sua aurea, aprendo una breccia anche nel cuore algido della cortigiana, che invece ha ben altre trame da tessere, anche lei all'ansiosa ricerca di un'occasione per diventare una vera attrice. E l'occasione, per lei e per tutta la compagnia del Moulin Rouge, è rappresentata dal Duca, il cui unico merito è godere di una ricchezza sfacciata.
Da qui, nasce la vera trama del film che celebra l'amore tragico delle opere shakespeariane e verdiane. Un amore da cui più volte si esorta, nella trama, a fuggire, ma che prepotente conquista i cuori e li fa urlare: "ti amerò fino alla fine dei miei giorni".
La bella cortigiana desiderata dal ricco signore, che ne vuole vantare i diritti, si innamora perdutamente dello squattrinato scrittore, anche lui bello, sensibile, poeta nelle parole e nelle emozioni, che la conquista semplicemente amandola, rimirandola come l'ultima cosa bella al mondo, dandole valore, al di là di quello economico che le hanno sempre riconosciuto gli uomini che usualmente le ronzavano attorno.
Il film prende spunto in parte dal romanzo La dame aux camélias del figlio di Alexandre Dumas (che narra della storia d’amore tra Margherita, la cortigiana più bella di Parigi, e Armando Duval), in parte a La Traviata. Ritroviamo, infatti, il clichè della malattia che ingiuriosamente consuma Santine e il loro amore, facendola prevedibilmente volare via, come lei desiderava inizialmente, intendendo però una fuga da quella vita, non dalla vita; la finzione di un amore illusorio che in realtà non c'è mai stato, menzogna che lei racconta, col cuore affranto e le lacrime nascoste sotto una veletta nera, per salvare la vita a Christian, minacciato dalla gelosia del Duca; la scena del plateale smacco di lui alla dignità della cortigiana, pagata in pubblico per l'amore consumato quando ancora pareva reale.
E infatti è reale. Un amore che alla fine si palesa, anche se questo significa perdere tutto il resto. Perchè l'amore è tutto ciò di cui abbiamo bisogno, il resto è solo accessorio, orpello che ci illude d'essere il coronamento di un sogno. In realtà, l'unica cosa che vogliamo, e di cui abbiamo davvero bisogno, è solo "amare ed essere amati".
Il film di Baz Luhrmann è psichedelico, onirico. A mio avviso geniale.
La grafica digitale dipinge una Parigi grigia, chiaramente finta. Le panoramiche evidenziano proporzioni inusuali (tra gli edifici e la Tour Eiffel, ad esempio), distanze contratte, prospettive errate che la fanno assomigliare ad un fumetto, sfondo creativo per la narrazione. Il Moulin Rouge spicca sullo sfondo monocromatico, con il suo rosso acceso di eccessi e di altri sfavillanti colori. La compagnia teatrale mette qui in scena uno "spettacolo spettacolare" ambientato in India, ispirato alla sfarzosa Bollyhood, dando modo agli sceneggiatori e ai costumisti di osare, dando vita a fotografie sature di tonalità e costumi ricchi di dettagli sfavillanti, preziosi, come l'oro e le pietre che adornano i gioielli.
La telecamera pare ballare tra le scene, dinamica, vorticosa, con continui cambi di inquadratura, primi piani, dettagli che sottolineano il sudore della pelle, le lacrime, gli sguardi ammiccanti o gonfi di sentimento, come incisi nella narrazione.
Anche il montaggio è sapiente, accelerazioni e rallentamenti sottolineano i particolari da non perdere, come una lente d'ingrandimento che metta a fuoco un singolo dettaglio nell'esagerata ridda.
Tutto è esasperato, una perfetta contraffazione della realtà, visione che ha la connotazione di un sogno damascato, a tratti tragico. Ed è così che doveva essere. Renderlo più realistico sarebbe stata una forzatura inefficace.
Molti hanno criticato la storia banale, la trama inesistente. Ma anche questo serve a dare al musical i connotati del sogno, dove tutto avviene confusamente, dove non si segue il filo logico di una narrazione convenzionale, ma tutto accade come se un istante dipendesse esclusivamente da ciò che è successo il momento precedente e quello successivo sarà carico d'incertezza, di sorpresa.
Del resto, che importanza ha la trama quando la musica, insieme alla sceneggiatura e agli abiti, è protagonista indiscussa? Le canzoni reinterpretate dai bravissimi Nicole Kidman e Ewan McGregor, che per l'occasione si sono scoperti bravissimi cantanti, vanno da All You Need Is Love dei Beatles o Pride degli U2 a Roxanne dei Police, The Show Must Go On dei Queen, Heroes di David Bowie, alla ripetuta Your Song di Elton John. La colonna sonora raccoglie, quindi, uno spettro musicale che copre quasi un secolo, rimescolato e riproposto per accordarsi alle note della storia, in medley memorabili, in cui le parole, reinterpretate, sono i dialoghi degli amanti o degli altri personaggi, perchè la canzone è il perfetto veicolo delle emozioni. Ogni brano é accompagnato da coreografie (tra cui l’immancabile Cancan) e scene teatrali, permeate di irrealismo.
Nicole Kidman e Ewan McGregor sono credibili, perfettamente calati nei personaggi individuali e nell'interpretare una coppia di giovani amanti clandestini, abili anche nel dramma. Lei, in particolare, pare sia disegnata sullo sfondo. La pelle è diafana e inconsistente, così da far accendere i capelli e gli occhi, brillanti d'amore e di pianto. Lui ben incarna lo scrittore bohemien maledetto, bello, giovane e appassionato.
Il finale è drammatico, esasperato, ma anche grottesco, in linea con l'intero film. Prevedibilmente Satine spira, sul palcoscenico che voleva fosse il suo futuro, tra le pareti broccate di un Moulin Rouge che nemmeno si accorge che la finzione è finita e va in scena la vita vera. Ma del resto, è spesso così anche nella vita. Il dramma che ognuno si porta dentro ai più è trasparente.
Sul grigio di Parigi scende la neve, che ovatta e, come un silenziatore, zittisce il dolore, copre le asperità, uniformando la scena. Ma un colore continua a spiccare. Il rosso di un vestito da sera, delle labbra di una cortigiana, di un cuore che sanguina, di un sipario strappato. Di un grande e celeberrimo teatro.
Stefania Bergo Non ho mai avuto i piedi per terra e non sono mai stata cauta. Sono istintiva, impulsiva, passionale, testarda, sensibile. Scrivo libri, insegno, progetto ospedali e creo siti web. Mia figlia è tutto il mio mondo. Adoro viaggiare, ne ho bisogno. Potrei definirmi una zingara felice. Il mio secondo amore è l'Africa, quella che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui racconto nel mio libro. Con la mia valigia gialla, 0111Edizioni. |
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