In anteprima “Il faro di Blackdale” di Alvise Brugnolo, Onda d'Urto Edizioni, 2016. Magia, dramma e passione in una favola moderna.
IL FARO DI BLACKDALE
di Alvise Brugnolo
Onda d'Urto Edizioni
Romanzo
ISBN 978-88-99484-03-3
cartaceo 11,90€ | Acquista
di Alvise Brugnolo
Onda d'Urto Edizioni
Romanzo
ISBN 978-88-99484-03-3
cartaceo 11,90€ | Acquista
Nel piccolo paese di Blackdale, che sorge accanto alle grandi scogliere del sud dell'Inghilterra, tutto sembra immobile ed immutato. Il carattere chiuso degli abitanti rispecchia il clima che, con il suo gelido vento invernale e la sua nebbia opprimente, spegne sorrisi e speranze. Qui vive l'esuberante e solare Nora, una bambina che farà un incontro inaspettato con il misterioso Mister T. Si tratta di un essere frutto della sua immaginazione oppure di una persona davvero speciale? A Blackdale le cose iniziano a cambiare: la tristezza negli abitanti si tramuta in sogni, le passioni celate trovano rinnovata vitalità.
Un romanzo che riesce a scavare nel profondo dei sentimenti, una favola moderna che fa riflettere sul comportamento degli adulti, sull'innocenza dell'infanzia e sulla voglia di credere che nel mondo possa esistere ancora un pizzico di magia.
Un romanzo che riesce a scavare nel profondo dei sentimenti, una favola moderna che fa riflettere sul comportamento degli adulti, sull'innocenza dell'infanzia e sulla voglia di credere che nel mondo possa esistere ancora un pizzico di magia.
L'autore racconta...
Raccontaci qualcosa di te: chi è Alvise Brugnolo nella vita di tutti i giorni?
Alvise Brugnolo è prima di tutto un lettore incallito, ma non solo: amo tutto quello che ha a che fare con lo storytelling, dal videogioco al fumetto, passando per la pubblicità. Amo ascoltare e raccontare. Non posso farne a meno. Da qualche settimana mi sono laureato in Editoria e Giornalismo all’Università di Verona e sto cercando di farmi strada all’interno delle agenzie di comunicazione e pubblicità in qualità di copywriter. Scrivere, insomma, è il mio chiodo fisso e la mia massima aspirazione.
Questo è il primo romanzo che pubblichi?
Sì è il mio primo romanzo e spero vivamente che non sia l’ultimo. Raccontare storie è una delle mie più grandi passioni.
Veniamo al libro, “Il faro di Blackdale”, Onda d’Urto Edizioni. Com’è nata l’idea?
Innanzitutto è nata da un mio vecchio racconto, uno dei primi. Si intitolava “La nebbia nella vallata” ed era ambientato in un piccolo villaggio nebbioso, dove gli abitanti vivevano in un perenne stato di incomunicabilità e di reciproco sospetto. Ovviamente questo piccolo paese è confluito in Blackdale, la triste e grigia Blackdale, che è molto più che il semplice sfondo di un romanzo, ma un personaggio vero e proprio. Il meccanismo narrativo, invece, mi è stato suggerito da un altro romanzo: “Cose Preziose” di Stephen King. Nonostante siano due libri diversi, per dimensioni e per tematiche, hanno in comune la svolta narrativa: l’arrivo di un personaggio misterioso in grado di cambiare le carte in tavola e di scombussolare la vita dei personaggi. Nel mio caso migliorandola enormemente.
Appartiene al genere fantasy e fantastico. Ci racconti di che cosa parla?
Il faro di Blackdale è una sorta di fiaba moderna, che riflette sull’importanza di seguire i propri sogni e su quanto la creatività possa aiutarci a costruire un dialogo con chi, apparentemente, ci sembra diverso da noi, così diverso che vorremmo distruggerlo. Immaginate un luogo misero, nebbioso, dove tutti si guardano in cagnesco, giudicando senza conoscersi. Prendete i protagonisti, dei bambini innocenti, stanchi di sopportare i divieti dei loro genitori e che sognano un mondo colorato. Aggiungeteci un personaggio misterioso, Mister T, arrivato a ridare vita ad un luogo che sembrava morto. Ecco. Avete già gli ingredienti principali del mio romanzo. Magia, dramma, passione. Impossibile annoiarsi.
Qual è il target a cui ti rivolgi? Che tipo di lettori ambisci a conquistare?
È difficile individuare un target preciso. “Il faro di Blackdale” sta guadagnando ampi consensi, spesso fra persone molto diverse tra loro per età, formazione e interessi. Diciamo che, pur avendo come protagonisti dei bambini, si rivolge agli adulti, alla loro parte più infantile e combattiva. Una fiaba per i grandi, in un certo senso. Tanti i temi importanti su cui riflettere: fra questi la violenza sulle donne, un problema attualissimo e che ci coinvolge tutti.
Quanto ti ha coinvolto intimamente la stesura di questo romanzo? C’è qualcosa di autobiografico?
In quello che scrivo cerco sempre di limitare il più possibile le mie esperienze personali anche se è normale che qualcosa passi, piccole schegge di informazione che si mescolano alle parole. Diciamo che l’idea di fondo del romanzo nasce dall’osservazione della realtà. Anche se i social network ci aiutano quotidianamente a comunicare, spesso si ha l’impressione che questa comunicazione sia poco profonda. C’è il rischio che, più che comunicare, si litighi in continuazione, ognuno chiuso nei propri dogmi e tabù senza alcuna intenzione di fare un passo per ascoltare seriamente quello che l’altro sta dicendo. Esiste ancora, insomma, una sordità culturale che spesso nasce dalla paura del diverso. La letteratura è un primo passo per imparare ad ascoltare.
Il romanzo, seppur fantastico, è ambientato sulle grandi scogliere a sud dell’Inghilterra. Per scrivere questo libro hai dovuto svolgere delle ricerche?
Scegliere un’ambientazione che sia diversa da quella che hai imparato a conoscere e che vivi tutti i giorni è sempre un rischio, quindi sì, ho fatto alcune ricerche. Anche se, a dirla tutta, Blackdale è un luogo così simbolico che potenzialmente potrebbe trovarsi in qualsiasi punto della terra. Ci sono pochi elementi concreti, è un luogo irreale, fiabesco. D’altro canto la scelta dell’Inghilterra mi è stata imposta dall’atmosfera: volevo un luogo nebbioso, piovoso, dove il mare giocasse un ruolo importante e la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la scogliera inglese. È stata tutta una questione di immagine mentale. Per di più nel libro vengono citati elementi del folclore anglosassone come, ad esempio, i pixie.
Chi è Mister T.? Di cosa è emblema? C’è qualche messaggio particolare che speri di comunicare attraverso questo romanzo?
Diciamo che T è l’emblema della creatività, quella forza irrazionale che pervade tutti noi e che, se opportunamente coltivata, può aiutarci a comunicare, a comprendere di più il mondo, ad aprirci agli altri. Quando si crea, quando si scrive o si suona o si dipinge un quadro, non lo si fa (o non lo si dovrebbe mai fare) solo per sé stessi, ma per allacciare un ponte con chi si troverà poi a giudicare quello che hai fatto. È questo che voglio dal mio libro: che faccia riflettere e che stimoli un dialogo. Con la creatività (e con la cultura) è possibile abbattere qualsiasi barriera.
Il finale chi l’ha deciso? Tu o i tuoi personaggi?
Scrivere il finale è stata una vera e propria odissea. L’idea originale era di concludere il romanzo in modo rocambolesco, con una virata verso l’horror. Tuttavia lo scarto rispetto alla prima parte del romanzo era troppo netto perciò l’ho riscritto da capo, cercando di seguire ciò che avrebbero fatto i personaggi. Ce l’avrebbe fatta Nora a rinunciare al suo amico più caro? Sarebbe riuscita Lucy a scoprire il proprio valore, trovando il coraggio di lottare contro il marito-padrone? Col senno di poi è stata la scelta migliore.
Grazie per essere stato con noi, Alvise. In bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.
Alvise Brugnolo è prima di tutto un lettore incallito, ma non solo: amo tutto quello che ha a che fare con lo storytelling, dal videogioco al fumetto, passando per la pubblicità. Amo ascoltare e raccontare. Non posso farne a meno. Da qualche settimana mi sono laureato in Editoria e Giornalismo all’Università di Verona e sto cercando di farmi strada all’interno delle agenzie di comunicazione e pubblicità in qualità di copywriter. Scrivere, insomma, è il mio chiodo fisso e la mia massima aspirazione.
Questo è il primo romanzo che pubblichi?
Sì è il mio primo romanzo e spero vivamente che non sia l’ultimo. Raccontare storie è una delle mie più grandi passioni.
Veniamo al libro, “Il faro di Blackdale”, Onda d’Urto Edizioni. Com’è nata l’idea?
Innanzitutto è nata da un mio vecchio racconto, uno dei primi. Si intitolava “La nebbia nella vallata” ed era ambientato in un piccolo villaggio nebbioso, dove gli abitanti vivevano in un perenne stato di incomunicabilità e di reciproco sospetto. Ovviamente questo piccolo paese è confluito in Blackdale, la triste e grigia Blackdale, che è molto più che il semplice sfondo di un romanzo, ma un personaggio vero e proprio. Il meccanismo narrativo, invece, mi è stato suggerito da un altro romanzo: “Cose Preziose” di Stephen King. Nonostante siano due libri diversi, per dimensioni e per tematiche, hanno in comune la svolta narrativa: l’arrivo di un personaggio misterioso in grado di cambiare le carte in tavola e di scombussolare la vita dei personaggi. Nel mio caso migliorandola enormemente.
Appartiene al genere fantasy e fantastico. Ci racconti di che cosa parla?
Il faro di Blackdale è una sorta di fiaba moderna, che riflette sull’importanza di seguire i propri sogni e su quanto la creatività possa aiutarci a costruire un dialogo con chi, apparentemente, ci sembra diverso da noi, così diverso che vorremmo distruggerlo. Immaginate un luogo misero, nebbioso, dove tutti si guardano in cagnesco, giudicando senza conoscersi. Prendete i protagonisti, dei bambini innocenti, stanchi di sopportare i divieti dei loro genitori e che sognano un mondo colorato. Aggiungeteci un personaggio misterioso, Mister T, arrivato a ridare vita ad un luogo che sembrava morto. Ecco. Avete già gli ingredienti principali del mio romanzo. Magia, dramma, passione. Impossibile annoiarsi.
Qual è il target a cui ti rivolgi? Che tipo di lettori ambisci a conquistare?
È difficile individuare un target preciso. “Il faro di Blackdale” sta guadagnando ampi consensi, spesso fra persone molto diverse tra loro per età, formazione e interessi. Diciamo che, pur avendo come protagonisti dei bambini, si rivolge agli adulti, alla loro parte più infantile e combattiva. Una fiaba per i grandi, in un certo senso. Tanti i temi importanti su cui riflettere: fra questi la violenza sulle donne, un problema attualissimo e che ci coinvolge tutti.
Quanto ti ha coinvolto intimamente la stesura di questo romanzo? C’è qualcosa di autobiografico?
In quello che scrivo cerco sempre di limitare il più possibile le mie esperienze personali anche se è normale che qualcosa passi, piccole schegge di informazione che si mescolano alle parole. Diciamo che l’idea di fondo del romanzo nasce dall’osservazione della realtà. Anche se i social network ci aiutano quotidianamente a comunicare, spesso si ha l’impressione che questa comunicazione sia poco profonda. C’è il rischio che, più che comunicare, si litighi in continuazione, ognuno chiuso nei propri dogmi e tabù senza alcuna intenzione di fare un passo per ascoltare seriamente quello che l’altro sta dicendo. Esiste ancora, insomma, una sordità culturale che spesso nasce dalla paura del diverso. La letteratura è un primo passo per imparare ad ascoltare.
Il romanzo, seppur fantastico, è ambientato sulle grandi scogliere a sud dell’Inghilterra. Per scrivere questo libro hai dovuto svolgere delle ricerche?
Scegliere un’ambientazione che sia diversa da quella che hai imparato a conoscere e che vivi tutti i giorni è sempre un rischio, quindi sì, ho fatto alcune ricerche. Anche se, a dirla tutta, Blackdale è un luogo così simbolico che potenzialmente potrebbe trovarsi in qualsiasi punto della terra. Ci sono pochi elementi concreti, è un luogo irreale, fiabesco. D’altro canto la scelta dell’Inghilterra mi è stata imposta dall’atmosfera: volevo un luogo nebbioso, piovoso, dove il mare giocasse un ruolo importante e la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la scogliera inglese. È stata tutta una questione di immagine mentale. Per di più nel libro vengono citati elementi del folclore anglosassone come, ad esempio, i pixie.
Chi è Mister T.? Di cosa è emblema? C’è qualche messaggio particolare che speri di comunicare attraverso questo romanzo?
Diciamo che T è l’emblema della creatività, quella forza irrazionale che pervade tutti noi e che, se opportunamente coltivata, può aiutarci a comunicare, a comprendere di più il mondo, ad aprirci agli altri. Quando si crea, quando si scrive o si suona o si dipinge un quadro, non lo si fa (o non lo si dovrebbe mai fare) solo per sé stessi, ma per allacciare un ponte con chi si troverà poi a giudicare quello che hai fatto. È questo che voglio dal mio libro: che faccia riflettere e che stimoli un dialogo. Con la creatività (e con la cultura) è possibile abbattere qualsiasi barriera.
Il finale chi l’ha deciso? Tu o i tuoi personaggi?
Scrivere il finale è stata una vera e propria odissea. L’idea originale era di concludere il romanzo in modo rocambolesco, con una virata verso l’horror. Tuttavia lo scarto rispetto alla prima parte del romanzo era troppo netto perciò l’ho riscritto da capo, cercando di seguire ciò che avrebbero fatto i personaggi. Ce l’avrebbe fatta Nora a rinunciare al suo amico più caro? Sarebbe riuscita Lucy a scoprire il proprio valore, trovando il coraggio di lottare contro il marito-padrone? Col senno di poi è stata la scelta migliore.
Grazie per essere stato con noi, Alvise. In bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.
Elena Genero Santoro Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni. Perché ne sono innamorata, Montag L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate Un errore di gioventù, 0111 Edizioni Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni. Il tesoro dentro, 0111 Edizioni. |
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