Osservò, con il cuore ancora nella soffitta, le proprie gambe: non erano quelle di una bambina né quelle di una donna. Le ginocchia non erano linde e morbide, da avvolgere in collant di seta, ma insanguinate, come da piccina, se pur, ora, a causa di corse negate. Le troppe ore che le educande trascorrevano genuflesse in Chiesa causavano, infatti, delle piaghe talvolta infette, ben evidenti al termine dei calzettoni, se non fossero state nascoste dall’orlo della divisa.
La fanciulla toccò la propria pelle, dalle caviglie fino all’inguine, e la paragonò con quella bianca e liscia della Signora Direttrice, sentendosi, al contempo, sporca e pulita.
Si avviò verso i cassetti dei comodini delle ripetenti, piccole donne in fiore che tenevano una lametta fra i mutandoni ripiegati e bigliettini d’amore nascosti fra i libri di preghiera, giusto il tempo necessario per farli passare in agognate dita virili, attraverso uno squarcio del muro che circondava il cortile deputato alla ricreazione.
Le mani si muovevano da sole. Il cuore non tornava dalla soffitta, ma neppure il raziocinio. Marianna cominciò a depilarsi con forza, fendendosi le carni in infiniti tagli verticali che grondavano sangue lasciando testimonianza del rituale perfino sul pavimento.
Quando ogni parte della ragazzina riprese la giusta sede nella sua persona, abbandonando del tutto la soffitta, lo spavento arrivò come un pugno in pieno stomaco, quasi forandolo. Marianna si diresse verso l’infermeria, dove Suor Clara, dall’aria pasciuta e dal profumo di disinfettante, la accolse con un sorriso e, dopo aver cosparso di polvere cicatrizzante le gambe della “sciocca”, le disse, strizzando un occhio: «Credo che morirai, signorina!» e le diede una pacca sulla spalla.
Lo scherzo era palese e la paziente lo comprese, rispondendo con una risata densa di vergogna.
Eppure, le parole udite si facevano strada, come serpenti, attorcigliandosi alle caviglie, risalendo per le gambe, penetrando attraverso il pube e divorando le viscere. Marianna temeva di morire, per i troppi peccati commessi, per i propri e gli altrui, di cui era stata testimone, macchiandosi di disobbedienza. Non le restava che confessarsi, perché le braccia materne della Vergine la sottraessero, pietose, alle fiamme dell’Inferno. In Chiesa, chiuso nel confessionale, trovò Don Antonino, un ottuagenario dai capelli canuti e dalle mani tremolanti.
«Padre, ho peccato.»
Titolo: LE DEE DEL MIELE Editore: Milena Edizioni Genere: Narrativa ISBN 978-8898824410 |
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