Di Elena Genero Santoro. Le avventure di un mezzo gallo di Çlirim Muça: un mito della cultura balcanica divenuto storia popolare in dialetto piemontese tramandato dai nonni. Quando luoghi e culture apparentemente lontani hanno radici inaspettatamente comuni.
Qualche giorno prima di Natale mi sono svegliata con una filastrocca in testa:
I’ era ‘na volta dui fratei
un pi giuu, l’aut pi vei
quand c’andasiu per la stra
un da sa e l’aut da là.
(C’erano una volta due fratelli
Uno più giovane, uno più vecchio
Quando andavano per la strada
Uno di qua e l’altro di là.)
È l’inizio di una storia che mia nonna mi raccontava sempre quando ero piccola, tutta rigorosamente in piemontese. Premetto che mia nonna non era tipo da fiabe classiche. Conosceva giusto un paio di racconti e me li riportava solo in piemontese stretto recitando il testo a memoria.
Così una decina di giorni fa, senza nessuna ragione apparente, mi sono svegliata con l’inizio di questa storia in testa: c’erano una volta due fratelli, diversi in tutto, talmente incompatibili che persino quando camminavano sceglievano i lati opposti della strada.
Ma i protagonisti non sono loro: il protagonista è un gallo (anzi, un mezzo gallo), appartenuto ai due fratelli, i quali, a un certo punto, decidono di dividersi tutto, persino il gallo. Prendono la povera bestia e la tagliano in due; il primo dei due fratelli si mangia subito la metà che gli spetta, mentre l’altro, al contrario, decide di lasciare il suo mezzo galletto libero. Quindi inizia la vera vicenda del mezzo galletto che va in giro per il mondo e, dopo aver conosciuto dei personaggi improbabili che si sono uniti a lui nel cammino, risolve una situazione spiacevole.
Dunque pensavo al mezzo galletto della mia infanzia. Quasi in automatico ho consultato l’oracolo dei giorni nostri: Google. Ho scritto “mezzo galletto” per vedere se esisteva solo nella fantasia di mia nonna o se qualcun altro lo conosceva. Google me l’ha trovato in un secondo!
Il mezzo gallo è il protagonista del un volume di uno scrittore di origine albanese, Çlirim Muça, e pubblicato da AlbaLibri: “Le avventure di un mezzo gallo”.
Il libro si presenta come:
Fiaba albanese tramandata oralmente all’autore dai racconti della nonna Tushe.
Anche il mezzo galletto di Çlirim Muça è arrivato a lui grazie alla narrazione di una nonna.
Questa prima analogia mi ha ovviamente colpito, ma addentrandomi nelle pagine mi sono quasi commossa.
La storia che ho letto, in realtà, è diversa da quella che conoscevo io. Quella narrata da Çlirim Muça è una fiaba in piena regola: il mezzo gallo parte, vive un’avventura, incontra delle difficoltà, le supera con l’aiuto di elementi fantastici, e poi torna. Il tono con cui viene raccontata è a tratti drammatico e contiene anche elementi macabri, a partire dal modo in cui il mezzo galletto viene ucciso prima di rinascere a nuova vita. Nel testo si dà molto risalto all’amore della vecchia signora che tratta il mezzo gallo come un figlio e si strugge per lui come solo una madre potrebbe fare.
Le avventure di un mezzo gallodi Çlirim MuçaAlbalibri EAN 9788889618721 Cartaceo 11,40€
Il mezzo gallo è un prodotto della più grande magia: l’amore. Morto e risorto dalla forza dell’amore di una povera vecchia, ormai ridotto a mezzo gallo, prende la via della migrazione, l’unico modo per cambiare la situazione di miseria in cui vive la sua famiglia. Strada facendo altri si uniscono a lui: l’acqua, uno sciame d’api, la volpe. Arriva alle porte di una città governata da un re nano, ma che in pubblico so mostra all’altezza del ruolo, montando sopra dei trampoli che lo rendono alto quanto le sue guardie, una città dove nessuno può entrare senza il permesso reale. Il nostro mezzo gallo riesce a superare tutti gli ostacoli che trova davanti e dopo molte divertenti avventure, sopravvivendo alle cattiverie del re, torna a casa più saggio e finalmente ricco.
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La storia di mia nonna aveva un tono molto più scherzoso: non c’è la delicatezza e la poesia che ho trovato nella versione di Çlirim Muça.
E persino quando viene diviso in due il mezzo galletto non si scompone, non muore e non risorge: semplicemente inizia una nuova avventura.
Eppure ci sono alcuni elementi comuni: tra i personaggi che incontra il mio mezzo galletto c’è sicuramente l’acqua. A contrario, però, il mio mezzo galletto si circonda di una miriade di altri amici, tra cui un asino, un rospo, un ago, della cenere e (tenetevi forte... ) persino una cacca.
Nella mia storia il mezzo galletto e i suoi amici occupano una casa (non chiedetemi a che titolo), ma sciaguratamente arriva un ladro. Il mezzo galletto sistemerà tutti questi personaggi in posizione strategica in modo che il ladro abbia un bel po’ di problemi: tocca la cenere e ci trova la cacca, cerca di lavarsi e nel secchio trova il rospo che lo morde, cerca di asciugarsi e nello straccio trova l’ago che lo punge, e alla fine prenderà anche un bel calcio dall’asino. Roba che in confronto “Mamma ho perso l’aereo” era una bazzecola. A quel punto il ladro esce e urla “Pi’ gnente da capiteme?” (Non deve capitarmi nient’altro?). Il colpo di grazia poi glielo dà proprio il mezzo galletto.
Ho contattato l’autore raccontandogli l’intera faccenda. Mi ha risposto il giorno di Natale, è stato molto gentile. Mi ha subito chiesto se mia nonna fosse albanese o arberesh. In effetti la famiglia di mia nonna viveva in Piemonte da generazioni, ma si è sempre ipotizzata un’origine balcanica, dal Montenegro. Mia nonna di cognome si chiamava Negro e aveva la carnagione scura...
Ed è così che in un colpo solo ho scoperto la provenienza del mezzo galletto e anche di parte della mia famiglia.
Il mezzo galletto, come mi spiegava Clirim Muça, arriva dai Balcani, è un mito che appartiene al patrimonio culturale balcanico, tramandato oralmente dalle famiglie (e dalle nonne). Altri miti sono stati ripresi da autori più conosciuti, quali Kadare e Andric.
Adesso il mezzo galletto è anche il mio ponte verso l’Albania e i Balcani, in una direzione che non immaginavo di poter prendere. Non ho idea di quanta strada abbia fatto il mezzo galletto dai Balcani prima di diventare una fiaba piemontese, ma quel che è certo è che ha camminato a lungo e ancora cammina, se oggi è arrivato fino a me. Di sicuro il suo percorso ci aiuta ad accorciare le distanze, a ritrovare le nostre radici comuni in luoghi e culture che sono più vicini di quanto potremmo pensare.
Elena Genero Santoro Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni. Perché ne sono innamorata, Montag. L’occasione di una vita, Lettere Animate. Un errore di gioventù, 0111 Edizioni. Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni. Il tesoro dentro, 0111 Edizioni. Immagina di aver sognato, PubGold. Diventa realtà, PubGold. |
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Ol mez gal... Che commozione! :) Raccontata in bergamasco, al papà la raccontavano i nonni, e arriviamo così ai primi dell' 800.. in fondo alla val brembana, forse la cosa esclude l origine albanese ma può esserci una similitudine nell'arco alpino
RispondiEliminaIl racconto di "Mezzugadduzzu" (in siciliano) me lo raccontava mia nonna ed era legato al ritrovamento di un tesoro ("Truvatura" in siciliano).
RispondiEliminaIl ricordo di questo racconto mi ha ispirato una composizione (in lingua siciliana) in quartine con rime alternate.
Chissà cosa lega questo racconto (albanese?)con la mia terra. la Sicilia
CDREDO DI AVER TROVATO IL LEGAME TRA LA SUPPOSTA ORIGINE ALBANESE DEL RACCONTO E LA SICILIA.
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