Gli scrittori della porta accanto

Trip Therapy: il giro del mondo senza aerei, intervista a Claudio Pelizzeni

Trip Therapy: il giro del mondo senza aerei, intervista a Claudio Pelizzeni

People Intervista di Valentina Gerini. L'orizzonte ogni giorno un po' più in là: mille giorni di Trip Therapy, l'incredibile giro del mondo senza aerei di Claudio Pelizzeni.  

Succede che un giorno ti svegli e qualcosa non va. Ti guardi intorno e tutto ti sembra annebbiato. La tua casa, il tuo lavoro, la tua macchina, la tua città non ti appartengono più. Ti senti inadeguato, fuori posto. Stai vivendo la vita di qualcun altro. Quella vita non è la tua. E allora vai davanti allo specchio e cerchi di essere sincero con il riflesso di quella persona che non ti rappresenta: sono felice? La risposta arriva subito, diretta come un colpo di pistola: no, non sono felice. E da quel momento tutto cambia. Inizi a vedere le cose da un'altra prospettiva, con altri occhi e vuoi di più. Vuoi essere felice e capisci che la tua felicità devi cercarla dentro di te, viaggiando, esplorando ciò che madre natura ci ha regalato con tanta cura: il mondo. Così lasci tutto, ma proprio tutto. Vendi la macchina, ti licenzi dal tuo lavoro a tempo indeterminato, raccogli una buona quantità di preoccupazioni da parte delle persone che ti stanno accanto che non comprendono questa scelta, almeno all'inizio, fai anche il pieno di sfiducia da parte di quelli che non credono nella tua riuscita. Ma tu parti, a testa alta, perché sai che se non lo fai muori. Non si tratta di una morte fisica, ma di una morte spirituale, di una morte dell'anima. Una morte lenta e sofferente per un'anima che si adagia ad una vita che non ha mai desiderato davvero.
Dunque parti e lo fai in grande: un giro del mondo senza aerei. Perché senza aerei? Perché da quando hai letto il libro di Tiziano Terzani, Un indovino mi disse, in cui si racconta la bellezza del viaggio a terra, attraversando i confini, non vuoi perderti niente di ciò che vedrai, non vuoi perderti nemmeno la divisione fisica di due paesi che poi si trasforma in divisione reale: un confine che divide due nazioni, due popoli, due usanze, due costumi.

Dal blog TripTherapy alla tv con Licia Colò.

Questo è ciò che ha fatto Claudio Pelizzeni, ex bancario, che è partito per un giro del mondo di 1000 giorni senza aerei, carico di uno zaino e una piccola zavorra, il diabete, che però non l'ha fermato in questa sua fantastica impresa.
Ho avuto l'estremo piacere di assistere alla presentazione del suo libro L'orizzonte ogni giorno un po' più in là a Pisa, alla prima edizione del Festival Civic. L'ho ascoltato, incantata dalle sue parole. Ho percepito in lui la metamorfosi di una persona tornata dal suo viaggio cambiata, decisamente in meglio. 
Claudio è partito il 4 maggio 2014 verso Est, perché voleva viaggiare col sole in fronte. Ha attraversato l'Asia, non senza difficoltà a volte, è arrivato in Australia, ha raggiunto l'America su di una nave cargo, è sceso giù fino in Patagonia. Poi, con una nuova nave cargo, ha raggiunto il Senegal e dalle coste del Nord Africa è tornato in Europa, fino a casa.
Col tempo le persone hanno iniziato a seguirlo, grazie al suo blog TripTherapy e alla sua pagina Facebook Trip Therapy - Travel Video Blog. Persino Licia Colò, mentre era ancora in viaggio, gli ha chiesto di collaborare con il suo programma. Un viaggio incredibile che lui poi ha sentito la necessità di raccontare con un libro.  E il libro, come potete immaginare, è un must per gli appassionati viaggiatori, da leggere assolutamente.
Durante il suo ritorno a casa dopo la presentazione, gli ho tenuto compagnia telefonicamente e abbiamo fatto una bella chiacchierata.
Voglio fare una premessa prima di iniziare con le domande, per dimostrare quanto il mondo sia esageratamente grande e vasto ma anche infinitamente piccolo. Proprio prima di intervistare Claudio, mi sono messa a curiosare tra le sue foto in Facebook. Ne ho trovata una che lo ritraeva con un ragazzo, Alessandro, con il quale ho lavorato a Zanzibar nel lontano 2008. Un giramondo, un po' come me. La somiglianza tra i due nella foto è, almeno per me, notevole. E sapete cosa ho scoperto parlando con Claudio? Che lui e Alessandro sono fratelli...

Un viaggio via terra e via mare che ha toccato tutti e 5 i continenti: dall'Europa all'Australia passando per l'Asia, attraverso il Pacifico, le Americhe e l'Atlantico per terminare in Africa e raggiungere di nuovo l'Italia.

Ciao Claudio, bentrovato qui con Gli scrittori della porta accanto. Ti ringrazio per la tua estrema gentilezza e disponibilità. La prima cosa che vorrei chiederti riguarda la tua famiglia. Come l'ha presa quando hai detto loro che avresti lasciato tutto per un viaggio di tale importanza?

Ciao a tutti e grazie per l'interesse che dimostrate nella mia storia. Beh, mia madre era molto preoccupata, soprattutto per la decisione di lasciare il tanto ambito posto fisso, ma adesso è la mia più grande fan! Mio fratello era anch'esso preoccupato e tentava di mettermi in guarda con tutti i pericoli che avrei potuto affrontare. Mio padre invece mi disse: «Sono le parole più folli che sono mai uscite dalla tua bocca, ma anche le più sensate». Fu l'unico che all'istante capì come mi sentivo.

La prima cosa che mi è saltata all'occhio, dando uno sguardo alla mappa del tuo viaggio, è che l'Africa è stata toccata solo parzialmente, al Nord. Come mai?

In realtà è stata quasi una scelta obbligata. Io volevo andare in Sud Africa e risalire piano piano fino al Nord, ma non ho trovato nessuna nave cargo che mi portasse fin lì. Aggiungi che avere un visto sul passaporto dei paesi dell'Africa centrale, a rischio ebola, purtroppo non avrebbe giovato al mio viaggio, per gli stati futuri che dovevo attraversare. Perciò è andata così. Ma tornerò in Africa, devo assolutamente visitare il Sud Africa, la Namibia e gli stati limitrofi.

Avevi pianificato il viaggio in ogni sua tappa oppure sei andato random, secondo ciò che ti andava di visitare?

Volevo ovviamente toccare i cinque continenti. Inoltre, c'erano tre posti che non volevo assolutamente mancare: l'Austrialia, verso la quale mi sentivo in debito per una mia esperienza di viaggio precedente, il mito del Coast to Coast Americano e Machu Picchu, che è sempre stato il sogno di mio padre. Mio padre, infatti, si è sentito male quando io ero in viaggio e, fortunatamente, sono riuscito a vederlo prima che se ne andasse. Volevo andare a Machu Picchu per la ricorrenza della sua scomparsa, volevo farlo per lui.

Alla presentazione hai detto di aver più volte toccato la felicità con mano, grazie ai luoghi che hai visitato. Quale, più di tutti, ti ha trasmesso qualcosa di positivo e quale invece non ti ha entusiasmato?

Come luoghi posso dire che la Patagonia per i suoi paesaggi e l'Ecuador per le persone sono quelli che più di tutti mi hanno lasciato un segno. Anche l'India, soprattutto Varanasi, è stata una tappa fondamentale. Lì, dove molti vengono per lasciarsi morire con la speranza di essere cremati e poi gettati nel fiume Gange per redimere l'anima da ogni sofferenza e terminare il ciclo di reincarnazione, ho potuto vedere la morte, in ogni angolo. Persone che spendevano gli ultimi soldi per morire in quel luogo sacro. Capitava di vedere morti per le strade e allora la morte è diventata qualcosa di cui si può parlare, si deve parlare. Perché non è un mistero che ognuno di noi abbia una data di scadenza su questa terra. Un paese che invece non mi ha entusiasmato è stato il Costa Rica. Sono anche io un po' colpevole di non averlo vissuto appieno perché non mi sono trattenuto molto e quel poco che ho visto è stato, diciamo, sciupato dalla stagione delle piogge.

Leggevi in viaggio? Se sì, che cosa?

Sì, leggevo molto. Uno degli ultimi libri letti è stato "Shantaram" di Gregory David Roberts. Ho interrotto ogni lettura quando ho iniziato il mio libro perché sentivo che ciò che leggevo stava influenzando il mio modo di scrivere. Avevo bisogno di essere libero e di non essere influenzato da niente.

Il tuo libro L'orizzonte ogni giorno un po' più in là ha venduto 4000 copie. Sapevi di avere molti followers ma non ti aspettavi una risposta tanto positiva. Come hai iniziato a scrivere il libro?

Ho iniziato sulla nave nel Pacifico. Ero senza connessione, senza contatti col mondo. Un periodo di solitudine che mi ha dato la possibilità di iniziare a scrivere dei ricordi, raccogliendo ciò che avevo appuntato sul mio blog ma in chiave romanzata. Ho iniziato a scrivere cosa era successo fino a quel momento anche se il mio viaggio non era finito, ero solo a metà. Poi sulla seconda nave cargo, che dal Sud America mi ha portato in Senegal, ho finito il libro, dandogli la forma che ha adesso: un romanzo. Credo che per il secondo libro, per avere la certezza di seguire l'ispirazione come si deve, dovrò andare a scrivere su una nave cargo!

Hai scelto la via del self-publishing, in maniera ponderata. Con tutti i followers che avevi e la notorietà che il viaggio, il blog e i video ti avevano portato avresti potuto scegliere diversamente, immagino. Ma come prima spiaggia, non ultima, hai scelto l'auto-pubblicazione. Come mai?

Guarda, è stato semplice: non volevo apportare modifiche, volevo che il libro uscisse così come io l'avevo concepito e volevo che uscisse in una data precisa, da me stabilita, che era quella del mio rientro a casa. E sono contento di averlo fatto, perché ho potuto gestire tutto da solo, almeno fino ad ora. Le cose stanno diventando complicate. Gestire la pagina Facebook, i miei vari account, le public relations, organizzare le presentazioni... Avrò presto bisogno di una mano. Il libro infatti uscirà probabilmente con una casa editrice che mi aiuterà a gestire questo lavoro di "back office" che essere uno scrittore si porta dietro.

Appunto, essere uno scrittore. Come ti senti adesso in questa nuova veste di scrittore?

Mi sento benissimo! Vivere delle mie passioni è meraviglioso. Non ho mai cercato la stabilità, e anche quando ce l'avevo non mi sentivo appagato. Vivere di viaggi e di scrittura è una cosa che invece mi appaga.

Cosa farai una volta finita la promozione del tuo libro? Ne scriverai un altro?

Ho iniziato un progetto di viaggi di gruppo "Backpackers academy" con il quale spero di poter fare ciò che si fa nelle presentazioni però in giro per il mondo, magari davanti a un falò: parlare di esperienze di vita, esperienze di viaggio con altri viaggiatori o appassionati di viaggi, con i ragazzi che vogliono sapere di più del mondo.
Sicuramente farò nuovamente volontariato in Nepal e sì, scriverò un nuovo romanzo!

Voglio ringraziare Claudio Pelizzeni, perché la sua storia è una di quelle storie che dà speranza.

La speranza di poter ancora realizzare i propri sogni, insegna che se uno ci crede davvero prima o poi riesce a fare ciò che desidera, la speranza che ci possa essere sempre una crescita e che si possa ripartire da zero, ricominciare dal niente e tornare ad essere qualcuno. La speranza che la vita non sia una mensola sulla quale appoggiare distese di beni materiali ma fotografie di ricordi di posti meravigliosi, di abbracci e di sorrisi che, come Claudio dice, sono l'unico vero lasciapassare di cui siamo in possesso.
Valentina-Gerini

Valentina Gerini
Ho due grandi passioni: i viaggi e la scrittura. Dei viaggi ne ho fatto la mia professione, diventando accompagnatrice turistica. La scrittura è il mio hobby. Mi piace avere una vita piena di cose da fare: sono una mamma, lavoro, collaboro con un mensile toscano, mi impegno a portare avanti il progetto Gli scrittori della porta accanto e scrivo libri.
Volevo un marito nero, StreetLib - Collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione)
La notte delle stelle cadenti, StreetLib - Collana Gli scrittori della porta accanto (seconda edizione).


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