METALIBRO
di Gabriele Porrometo
ISBN 978-8899466268 Salve, caro ascoltatore.
Non ti sei mai chiesto quale effetto susciterebbe sentirsi “raccontati”?
Avere quella sensazione di essere letti in qualunque momento della propria vita nel più profondo di se stessi, dove risiedono i luoghi più lugubri e i segreti più incredibili e sconosciuti?
E se un personaggio della storia che leggessi lo sentisse?
Che cosa penseresti?
Cosa faresti?
Diventeresti come lui?
Non ti sei mai chiesto quale effetto susciterebbe sentirsi “raccontati”?
Avere quella sensazione di essere letti in qualunque momento della propria vita nel più profondo di se stessi, dove risiedono i luoghi più lugubri e i segreti più incredibili e sconosciuti?
E se un personaggio della storia che leggessi lo sentisse?
Che cosa penseresti?
Cosa faresti?
Diventeresti come lui?
Molti lettori, nell'affrontare un romanzo, non si pongono il problema del punto di vista, né della relazione scrittore-protagonista-lettore, ma si limitano - giustamente - a godere dell'opera per come si offre. Queste sono invece questioni fondamentali per chi scrive.
Ma che succede se tali questioni diventano il fulcro, l'argomento stesso di un romanzo? Se il lettore si trova catapultato in una storia che rappresenta proprio queste problematiche?
Per scoprirlo bisogna leggere Metalibro, opera prima di Gabriele Porrometo. Il romanzo è, per certi aspetti, pirotecnico: in primo luogo perché propone continui cambiamenti del punto di vista, nell'alternanza della prima e della terza persona nella narrazione; poi perché mette in scena una serie smisurata di mondi fittizi, sfornati con molta fantasia, che alternano situazioni quasi normali ad altre completamente paradossali in un susseguirsi di aneddoti strampalati; infine perché stravolge e quasi distrugge la convenzione della finzione letteraria proponendo un continuo dissidio tra autore-scrittore e protagonista.
Tentiamo di entrare nella questione: l'autore è colui che inventa il mondo e la storia, ma non colui che la scrive. Il protagonista racconta in prima persona e a volte il racconto è in terza persona, ma non è l'autore a raccontare. Ci si chiede, chi è lo scrittore? Chi dice "tralasciamo questa parte perché l'autore non aveva fantasia?" C'è qualcuno che sta sopra l'autore ed è il narratore in terza persona, quindi la scala gerarchica dal basso pare essere la seguente: narratore in prima persona - autore - narratore in terza persona. Ma poi lo scrittore si ferma a pensare, quindi in questo caso scrittore e autore coincidono. A un certo punto persino lo scrittore in crisi di ispirazione viene messo in scena (da chi?). Non c'è niente da fare: il problema del punto di vista è messo alla berlina!
Rimane un problema senza soluzione, che poi è l'unica soluzione veramente onesta, quella che non costringe a derogare alla logica. Venendo alla storia, in questa rappresentazione multiforme è il caso che domina il mondo e l'uomo riesce a fatica a districarsi tra le situazioni create dai suoi capricci.
Sempre incombe la presenza occulta e minacciosa dell'autore (che diviene un vero e proprio personaggio, con tanto di messaggeri strampalati che lo supportano). Ne conseguono delle avventure in stile Viaggi di Gulliver, con il loro carico parodistico, o simili ai cartoni animati di Willy il coyote, dove le leggi della fisica non vigono completamente, o magari come un romanzo fantasy.
Alcune sequenze ricordano addirittura i videogiochi, per esempio in un passo dove un personaggio che viene sconfitto scompare improvvisamente. Si potrebbe accostare anche ad Alice nel paese delle meraviglie per i mondi che non rispettano la razionalità e anche a Pinocchio per la serie infinita di avventure e disavventure.
Spesso questi episodi costituiscono una critica a molti comportamenti e tendenze della società. Gli 'Hauts artistes du Monde' sembrano una esplicita parodia del mondo della moda, di tutte le mode - anche quelle editoriali (esilarante l'episodio in cui non è più l'abbronzatura ad essere di moda, ma l'annacquatura, con conseguenti raffreddori, polmoniti e decessi su ampia scala). La rappresentazione del telegiornale vuol essere una critica al mondo delle informazioni. Ma numerosi sono i riferimenti critici agli aspetti del mondo reale: il matrimonio e la vita di coppia con le loro problematiche, la carriera che annulla la personalità e fagocita la vita dell'individuo, e chissà quali e quanti altri.
Personalmente, in tutta questa abbondanza e incontinenza di fantasia leggo anche un sberleffo a certi autori di romanzi d'avventura, solo concentrati sull'invenzione di mille peripezie, senza alcun rispetto per la credibilità.
Certamente è difficile resistere alla tentazione di interpretare in chiave metaforica, critica o parodistica gli infiniti episodi che si susseguono senza posa. In molti casi lo scioglimento della metafora è veramente semplice, diretto, come in certi apologhi della tradizione popolare o nelle favole antiche (e moderne). Nel contempo però la tendenza a rappresentare mondi infiniti - e spesso impossibili - con insistita attenzione ai dettagli, anche ai più insignificanti, con una specie di impulso all'esaustività, spinge il lettore ad immedesimarsi nelle varie situazioni, portandolo a trascurare la ricerca di eventuali significati altri.
In questa alternanza di atteggiamento cui è spinto il lettore sta forse il vero valore di questo romanzo, perché alla fine si rivela un libro di ricerca, uno di quei libri che alla fine ti lascia una serie di domande. Nell'alternanza tra comico e tragico, tra ironico e serioso, tra leggero e impegnato, si rappresenta il mistero insondabile della vita, che possiamo soltanto limitarci a descrivere minuziosamente in tutti i suoi aspetti, perché ogni sintesi o rappresentazione parziale risulterebbe pretenziosa e fallace. E allora, quello che potrebbe sembrare solo un problema per lo scrittore, cioè di indagare la relazione tra autore, protagonista e scrittore, può diventare una questione esistenziale, anzi "la" questione, naturalmente irresolubile: quella del rapporto tra creatore e creatura, del senso del destino.
La lettura di Metalibro è quindi consigliata a chi apprezza le letture molto fantasiose e ricche di episodi avventurosi, dove la creatività spinge sull'acceleratore; ed anche a chi ama leggere tra le righe; consigliatissima a chi sa fare entrambe le cose.
Ma che succede se tali questioni diventano il fulcro, l'argomento stesso di un romanzo? Se il lettore si trova catapultato in una storia che rappresenta proprio queste problematiche?
Per scoprirlo bisogna leggere Metalibro, opera prima di Gabriele Porrometo. Il romanzo è, per certi aspetti, pirotecnico: in primo luogo perché propone continui cambiamenti del punto di vista, nell'alternanza della prima e della terza persona nella narrazione; poi perché mette in scena una serie smisurata di mondi fittizi, sfornati con molta fantasia, che alternano situazioni quasi normali ad altre completamente paradossali in un susseguirsi di aneddoti strampalati; infine perché stravolge e quasi distrugge la convenzione della finzione letteraria proponendo un continuo dissidio tra autore-scrittore e protagonista.
Tentiamo di entrare nella questione: l'autore è colui che inventa il mondo e la storia, ma non colui che la scrive. Il protagonista racconta in prima persona e a volte il racconto è in terza persona, ma non è l'autore a raccontare. Ci si chiede, chi è lo scrittore? Chi dice "tralasciamo questa parte perché l'autore non aveva fantasia?" C'è qualcuno che sta sopra l'autore ed è il narratore in terza persona, quindi la scala gerarchica dal basso pare essere la seguente: narratore in prima persona - autore - narratore in terza persona. Ma poi lo scrittore si ferma a pensare, quindi in questo caso scrittore e autore coincidono. A un certo punto persino lo scrittore in crisi di ispirazione viene messo in scena (da chi?). Non c'è niente da fare: il problema del punto di vista è messo alla berlina!
Rimane un problema senza soluzione, che poi è l'unica soluzione veramente onesta, quella che non costringe a derogare alla logica. Venendo alla storia, in questa rappresentazione multiforme è il caso che domina il mondo e l'uomo riesce a fatica a districarsi tra le situazioni create dai suoi capricci.
Sempre incombe la presenza occulta e minacciosa dell'autore (che diviene un vero e proprio personaggio, con tanto di messaggeri strampalati che lo supportano). Ne conseguono delle avventure in stile Viaggi di Gulliver, con il loro carico parodistico, o simili ai cartoni animati di Willy il coyote, dove le leggi della fisica non vigono completamente, o magari come un romanzo fantasy.
Alcune sequenze ricordano addirittura i videogiochi, per esempio in un passo dove un personaggio che viene sconfitto scompare improvvisamente. Si potrebbe accostare anche ad Alice nel paese delle meraviglie per i mondi che non rispettano la razionalità e anche a Pinocchio per la serie infinita di avventure e disavventure.
Spesso questi episodi costituiscono una critica a molti comportamenti e tendenze della società. Gli 'Hauts artistes du Monde' sembrano una esplicita parodia del mondo della moda, di tutte le mode - anche quelle editoriali (esilarante l'episodio in cui non è più l'abbronzatura ad essere di moda, ma l'annacquatura, con conseguenti raffreddori, polmoniti e decessi su ampia scala). La rappresentazione del telegiornale vuol essere una critica al mondo delle informazioni. Ma numerosi sono i riferimenti critici agli aspetti del mondo reale: il matrimonio e la vita di coppia con le loro problematiche, la carriera che annulla la personalità e fagocita la vita dell'individuo, e chissà quali e quanti altri.
Personalmente, in tutta questa abbondanza e incontinenza di fantasia leggo anche un sberleffo a certi autori di romanzi d'avventura, solo concentrati sull'invenzione di mille peripezie, senza alcun rispetto per la credibilità.
Certamente è difficile resistere alla tentazione di interpretare in chiave metaforica, critica o parodistica gli infiniti episodi che si susseguono senza posa. In molti casi lo scioglimento della metafora è veramente semplice, diretto, come in certi apologhi della tradizione popolare o nelle favole antiche (e moderne). Nel contempo però la tendenza a rappresentare mondi infiniti - e spesso impossibili - con insistita attenzione ai dettagli, anche ai più insignificanti, con una specie di impulso all'esaustività, spinge il lettore ad immedesimarsi nelle varie situazioni, portandolo a trascurare la ricerca di eventuali significati altri.
In questa alternanza di atteggiamento cui è spinto il lettore sta forse il vero valore di questo romanzo, perché alla fine si rivela un libro di ricerca, uno di quei libri che alla fine ti lascia una serie di domande. Nell'alternanza tra comico e tragico, tra ironico e serioso, tra leggero e impegnato, si rappresenta il mistero insondabile della vita, che possiamo soltanto limitarci a descrivere minuziosamente in tutti i suoi aspetti, perché ogni sintesi o rappresentazione parziale risulterebbe pretenziosa e fallace. E allora, quello che potrebbe sembrare solo un problema per lo scrittore, cioè di indagare la relazione tra autore, protagonista e scrittore, può diventare una questione esistenziale, anzi "la" questione, naturalmente irresolubile: quella del rapporto tra creatore e creatura, del senso del destino.
La lettura di Metalibro è quindi consigliata a chi apprezza le letture molto fantasiose e ricche di episodi avventurosi, dove la creatività spinge sull'acceleratore; ed anche a chi ama leggere tra le righe; consigliatissima a chi sa fare entrambe le cose.
di Gianni Lorenzi Gianni Lorenzi è nato in Svizzera nel 1969, è cresciuto a Valdastico e da 15 anni vive a Sovizzo. Laureato in Lettere all'università di Padova con il poeta vicentino Fernando Bandini, ha lavorato in varie aziende come copy-writer, responsabile marketing e sales manager. L'anno della grande nevicata, pubblicato nel novembre 2014 dall'editore David & Matthaus, è il suo primo romanzo. |
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