
Lifestyle Di Elena Genero Santoro. Celiachia: come orientarsi tra ristoranti e prodotti di supermercato per l'alimentazione domestica? Le interpretazioni normative di AIC e Assoceliaci a confronto.
Non chiederti mai come le leggi e le salsicce vengono fatte. Otto von BismarckA meno che tu non sia un celiaco e voglia capire a quali contaminazioni vai incontro.
La celiachia è una reazione immunitaria all'assunzione di glutine che scatena un'infiammazione a livello dell'intestino tenue e causa malassorbimento e carenze nutrizionali.
In un mondo in cui la celiachia fatica a farsi prendere in considerazione, in cui ancora molti ristoratori chiedono ai celiaci qual è il grado della loro celiachia, confondendo la reattività individuale al glutine con la gravità della malattia che è identica per tutti, ho realizzato in tempi recenti che nella comunità celiaca italiana si è verificata una profonda spaccatura che prima o poi potrebbe portare a un vero e proprio scisma, come tra cattolici e protestanti ai tempi di Lutero.La celiachia sta diventando come la religione. Quando ti dicono: sono cristiano, tu chiedi sì, ma cristiano cattolico o protestante? Quando ti dicono sono musulmano, tu chiedi sì ma sciita o sunnita? Ora quando conosco dei celiaci nuovi metto subito le mani avanti: celiaco team AIC o celiaco team Assoceliaci? Perché non è la stessa cosa, la radice è comune, ma i rami e le foglie sono molto diversi.
Se tutto va bene la risposta è: sono agnostico, Dio esiste, la celiachia esiste, ma non seguo nessuna fazione in particolare. Cerco di prendere il meglio da ciò che trovo in giro.
Quando mia figlia venne diagnosticata celiaca nel 2013, all'ospedale ci diedero delle indicazioni nutrizionali e ci indirizzarono all'AIC, Associazione Italiana Celiachia, che per noi diventò subito un punto di riferimento.
L'AIC sostiene i celiaci italiani con molte iniziative, dal supporto psicologico a quello pratico e concreto nella scelta degli alimenti e dei ristoranti.Periodicamente l'AIC aggiorna due liste: quella dei prodotti acquistabili al supermercato e quella dei ristoranti che fanno parte del suo circuito.
I ristoranti che espongono il bollino AIC non hanno una certificazione, ma sono informati e seguono un protocollo per la gestione della celiachia.
Per cui, si tratta di un'adesione volontaria, ma è comunque una cautela in più, anche perché l'AIC effettua dei controlli periodici. È vero che ci saranno sempre dei locali AIC in cui qualcosa va storto, così come ci sono dei locali fuori dal circuito AIC che gestiscono la celiachia altrettanto bene, ma l'AIC e le indicazioni che fornisce rimangono un faro nel marasma della scarsa consapevolezza che vi è tra i ristoratori.Per quanto riguarda i prodotti del supermercato per l'alimentazione domestica, ne esistono tre tipologie.
Si possono trovare:- prodotti col glutine (tipo la pasta di grano, o il pane ordinario di panetteria, assolutamente da evitare senza ombra di dubbio);
- prodotti naturalmente senza glutine (quelli come pasta, pane e biscotti specificamente formulati per i celiaci, oppure, per esempio, la verdura e le frutta fresche);
- prodotti a rischio, che sono i più insidiosi.
Su quelli a rischio l'AIC definisce delle linee guida rigorose, che tengono conto del procedimento con cui un alimento viene prodotto. Per esempio, il riso, il prosciutto crudo, lo speck, possono essere consumati senza porsi domande, ma se andiamo sul prosciutto cotto, su uno yogurt, su un sugo, su un vasetto di pesto, che sono preparati inglobando più costituenti, ci potrebbe essere stato l'uso di farine contenenti glutine.
E allora bisogna discriminare ogni singolo caso.
L'AIC ogni anno aggiorna un volume di alimenti confezionati idonei per i celiaci.
Volume che nel frattempo è stato affiancato da una app per lo screening in tempo reale tra gli scaffali del supermercato.In Italia però siamo dei celiaci ben abituati, perché la maggior parte dei prodotti potenzialmente dubbi riporta esplicita la dicitura "senza glutine" (gluten free), il che significa che per il celiaco è idoneo. Per cui, nella grande distribuzione italiana, per un celiaco non è difficile mangiare. Wurstel? Senza glutine, e si prendono. Yogurt? Senza glutine, e si prendono. Quasi tutti questi prodotti teoricamente rischiosi sono senza glutine e riportano la scritta esplicita. Poi, se sulla salsa che volevo mettere nel carrello non ci fosse la scritta evidente, nel dubbio potrò sempre ripiegare su una salsa simile dove invece questa evidenza è bella chiara.

Quindi, in Italia è molto raro che il celiaco al supermercato pianga perché non trova nulla da mangiare, anzi.
Qualche difficoltà in più si riscontra con brand di nicchia, magari nei discount, ma una Coop o un Conad forniscono prodotti confezionati relativi a marchi che hanno tutte le indicazioni possibili e spesso sono attenti anche nella gastronomia sfusa.Il celiaco in Italia ha vita semplice per l'alimentazione domestica, mentre un po' più dura è quando si reca all'estero soprattutto in certi stati, come la Francia. Tutte queste indicazioni, "senza glutine", in altri paesi europei non sono altrettanto diffuse. La normativa è valida per tutta l'Unione Europea, eppure ci sono differenti approcci interpretativi e soprattutto applicativi.
I regolamenti che riguardano il glutine in Unione Europea sono due.
Il primo è il Regolamento (UE) n. 828/2014, quello che norma le etichette di cui sopra.Un alimento che riporta la scritta "senza glutine" è, per legge, un alimento che può contenere un massimo di 20 ppm di glutine, quindi idoneo alla dieta del celiaco. L'azienda che scelga di riportare tale dicitura esplicita (o il simbolo della spiga barrata, che è equivalente), sta dicendo: "ti garantisco che questo alimento va bene, che ho il controllo di tutta la filiera di fornitura, effettuo periodicamente delle analisi e posso affermare con certezza che l'alimento è adatto a un celiaco".
Quindi, l'azienda che inserisce in etichetta la dicitura esplicita "senza glutine" si assume la responsabilità di ciò che mette sugli scaffali e l'utente finale non dovrebbe più porsi domande. Su questo primo regolamento non ci sono particolari dubbi interpretativi.
Ma se la scritta "senza glutine" non è riportata?
Se ho un budino che contiene latte, zucchero e amido di mais ma non ha l'indicazione "senza glutine"?C'è un altro regolamento, che è la pietra dello scandalo e che dà adito a discussioni. È il Regolamento (UE) 1169/2011 che dice che i quattordici principali allergeni (di cui il primo è "cereali contenenti glutine") devono essere sempre esplicitamente riportati nella lista degli ingredienti, che si tratti di cibi del supermercato o di quelli del ristorante.
La lista degli allergeni obbligatoriamente da dichiarare è nell'Allegato II.
Articolo 9
Elenco delle indicazioni obbligatorie
1. Conformemente agli articoli da 10 a 35 e fatte salve le eccezioni previste nel presente capo, sono obbligatorie le seguenti indicazioni:
- la denominazione dell’alimento;
- l’elenco degli ingredienti;
- qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata.
E qui arriviamo allo scisma interpretativo. C'è un gruppo di celiaci, che di recente ha fondato anche l'associazione Assoceliaci, che afferma: "Si può mangiare tutto ciò che nella sua lista di ingredienti non riporta la presenza di glutine".
Se il glutine, o il frumento, o l'orzo non sono menzionati, allora significa che l'alimento è idoneo. Il che è simile alla prassi che viene seguita da alcuni altri stati europei.Tuttavia c'è un però.
Riporto quanto rispostomi dall'AIC circa un anno fa:
Non è fatto però obbligo al produttore di indicare la possibile presenza di un allergene per contaminazione (la famosa dicitura "Può contenere..."), indicazione che, in assenza di specifica disciplina, viene fornita al momento volontariamente e senza una regolamentazione precisa, in ottemperanza del divieto di introdurre sul mercato alimenti potenzialmente pericolosi per la salute.
Rispetto alle contaminazioni accidentali, per definizione non quantificabile, la norma europea in vigore in tema di etichettatura (il Regolamento 1169 del 2011), rimanda a futuri atti, non emanati, ed è quindi a oggi incompleta, conseguentemente non chiara e oggetto di interpretazioni differenti, anche da Paese a Paese, come da lei correttamente evidenziato.
La lacuna della norma è stata confermata dalla stessa Commissione Europea nella recente risposta del novembre 2023 all’interrogazione di due europarlamentari italiani sensibilizzati da AIC nell’ambito della sua azione di lobby delle istituzioni su questo specifico tema, alla nostra attenzione da molti anni.
La Commissione Europea ha risposto all'interrogazione confermando la lacuna segnalata dall'AIC, ma ha rigirato il problema al Codex Alimentarius.
Sebbene l'etichettatura precauzionale, come la dicitura "può contenere", non sia attualmente disciplinata da una legislazione specifica dell'UE e sia fornita su base volontaria, gli operatori del settore alimentare devono garantire che tale etichettatura non sia fuorviante, ambigua o confusa per il consumatore e che sia basata, se del caso, su dati scientifici pertinenti. Le autorità nazionali hanno inoltre il dovere di valutare e verificare caso per caso la compatibilità di tali informazioni con la pertinente legislazione dell'UE.In due parole: se il glutine figura tra gli ingredienti o gli additivi, deve essere obbligatoriamente menzionato.
La Commissione continua a seguire da vicino e attivamente le discussioni in corso su un modo armonizzato e significativo per fornire un'etichettatura precauzionale degli allergeni (PAL) in seno al comitato sull'etichettatura dei prodotti alimentari del Codex Alimentarius.
Ma se in una fase del processo è avvenuta una contaminazione di qualsivoglia natura, la lista degli allergeni non è sufficiente a indicare l'assenza o la presenza del glutine.
Ci vorrebbe per lo meno la frase "può contenere..." che però non è obbligatoria. E l'azienda che non si è premurata di testare la presenza di glutine accidentale nei suoi prodotti, non è forzata a fornire indicazioni.Anche Assoceliaci sa che "può contenere..." non è una dicitura obbligatoria, come anche riportato nel parere che il Ministero della Salute italiano ha fornito, su loro richiesta, in data 11 gennaio 2024, ma secondo Assoceliaci il "può contenere..." è abusato, messo a sproposito anche senza evidenze; secondo AIC la sua assenza è una grave carenza.
La frase della Commissione Europea "tale etichettatura non sia fuorviante, ambigua o confusa per il consumatore e che sia basata, se del caso, su dati scientifici pertinenti" viene letta con due significati diversi.
Per Assoceliaci "fuorviante e non basata su dati scientifici" significa che il produttore sta inserendo il PAL a sproposito solo per tutelarsi legalmente anche se il glutine non c'è. E se c'è, in una contaminazione è talmente poco da non causare danni.Assoceliaci si rifà anche all'ultima Relazione al Parlamento sulla Celiachia del 2023, nel paragrafo in cui viene detto:
L’etichettatura precauzionale, se frutto di una corretta valutazione del rischio, rappresenta una valida alleata del consumatore che può scegliere in maniera consapevole il prodotto più adatto al suo profilo di salute. Nella realtà, invece, si assiste ad un abuso del PAL che viene applicato anche in assenza di una valutazione del rischio. I risultati delle indagini che sono state condotte sull’applicazione del PAL hanno dimostrato che in presenza di PAL non sempre viene rilevata la presenza di allergeni non intenzionali e che spesso la formulazione del PAL non ha nessuna relazione con il rischio reale.Per AIC "fuorviante e non basata su dati scientifici" significa che potrebbe esserci un rischio di glutine non valutato, che il produttore non ha effettuato i dovuti controlli e tuttavia non indica in etichetta la possibilità della contaminazione.
D'altronde, affermare che il PAL sia abusato e menzionato spesso a sproposito non implica che, al contrario, ci sia sempre quando serve. Anzi.
Assoceliaci si sta dando molto da fare per dimostrare che, se il glutine non è presente nella lista degli allergeni, di fatto nell'alimento non c'è. Quindi la lista degli allergeni sarebbe sufficiente. Fanno analizzare prodotti, sulla loro pagina IG riportano i risultati delle analisi chimiche: il glutine è sempre sotto il livello di soglia. Hanno testato il Bounty, le barrette Lindt. Tutto negativo. Garantiscono di avere analizzato più lotti. Sulla pagina IG finora sono apparse poche tipologie di prodotto e per ciascuno un unico valore di analisi. Ci piacerebbe vedere dei dossier più nutriti, la ripetizione dell'analisi non una volta ma di più – almeno tre dati per ogni oggetto di studio – perché nella scienza la ripetibilità del dato è la base.Anche la salsa di soia con frumento negli ingredienti è risultata negativa al test di Assoceliaci, qualcuno però contesta che che la FDA americana affermi che i test per il glutine di prodotti fermentati/idrolizzati potrebbero non dare risultati accurati. Di fatto, se negli ingredienti della salsa di soia è menzionato il frumento, non dovremmo evitare il prodotto proprio in base alla normativa allergeni che per Assoceliaci è la sacra Bibbia? Evitare senza nemmeno porsi la domanda, visto che la normativa è così millimetricamente precisa. Mi pare un po' contraddittorio.
Anche io, personalmente e soia a parte, ritengo che il rischio di trovare glutine laddove non dovrebbe esserci sia tutto sommato limitato.
Che, in fondo, nelle aziende le linee produttive devono garantire una certa igiene, non ci può finire la qualunque. Altro che il glutine!D'altronde, gli allergici, come fanno? E nelle altre nazioni come fanno?
(E qui la battuta politicamente scorrettissima non riesco proprio a trattenerla: davvero ci fidiamo delle analisi chimiche e biologiche fatte in paesi che non hanno neppure il bidet? – Perdonatemi, dovevo scriverlo)
Ritorno al mio dubbio iniziale, quello che mi ha fatto interessare all'attività di Assoceliaci.

La gestione delle allergie è uno dei cavalli di battaglia di Assoceliaci e delle associazioni europee che seguono "la normativa".
L'assunto di Assoceliaci ha un'origine legittima. Di fatto gli allergici che conosco io girano sempre con l'adrenalina dietro e fanno una vita sacrificata. Poi ci sono allergeni, tipo il sedano, che è difficile trovare in un alimento se non sono aggiunti intenzionalmente. Invece altri, come il latte o i cereali, sono più presenti. Le fragole e le pesche nemmeno rientrano nella famosa lista degli allergeni del regolamento europeo, eppure possono causare serissimi problemi, il che mi fa propendere ancora una volta verso l'idea che davvero alla normativa allergeni manchi qualche pezzo.Nel suo sito, AIC si esprime in questi termini:
Non dimentichiamo che i meccanismi di reazione delle persone allergiche al frumento (o ad altri cereali contenenti glutine) sono diversi da quelli dei celiaci, le soglie che gli operatori di solito utilizzano per valutare se riportare un warning per i soggetti allergici sono basate sul concetto di “dose per porzione” e non “concentrazione”, come per i celiaci. È quindi possibile che prodotti adatti ai celiaci (glutine inferiore ai 20 mg su kg) non lo siano per i soggetti allergici e viceversa prodotti adatti ai soggetti allergici (la dose oggi in discussione al Codex Alimentarius è di 5 mg proteine totali del frumento/porzione) non lo siano per chi è celiaco. Purtroppo, si tratta di un argomento molto complesso e il vuoto normativo rispetto all’informazione al consumatore sulla potenziale presenza non intenzionale di un allergene non è ancora stato colmato. I celiaci, però, hanno a disposizione una norma e un claim dedicati: il Regolamento 828/2014 e la scritta “senza glutine”. Affidiamoci ad essi con serenità.
Quindi, assimilare celiaci ed allergici è un concetto sbagliato come punto di partenza.
Come diceva un celiaco saggio e rigoroso con cui ho parlato un po' di tempo fa, ognuno dei suoi villi intestinali fa ciò che meglio crede.Ognuno ha il diritto di vivere la celiachia come ritiene e se nel suo bilancio di costi e benefici il rischio di una contaminazione saltuaria e remota vale meno della libertà sociale, nessuno può forzarlo a fare il contrario.
Sappiamo tutti che una contaminazione sporadica può capitare a chiunque, anche a chi è attentissimo, e non uccide il celiaco. La celiachia non è un'allergia. Ma sappiamo anche che contaminazioni reiterate e ricorrenti si possono far sentire nell'intestino e nella salute generale.
Ma i residui di glutine da contaminazioni menzionati o no con un "può contenere..." possono rappresentare davvero un rischio per la salute?
Sicuramente l'approccio AIC è molto più cautelativo, più rigido e vincolante. Qualcuno lo trova inutilmente ansiogeno. Qualcuno ipotizza che l'AIC gestisca una lobby a fini di lucro. Qualcuno dice che AIC non è disposta al dialogo.Magari un giorno le indicazioni AIC attuali verranno in parte o tutte sconfessate, ed è già successo: il cucchiaio di legno che nel 2013 mi era stato presentato come il demonio in cucina perché in grado di assorbire il glutine, si è dimostrato non essere un pericolo nei fatti. Adesso pare che anche lo scolapasta in comune non sia poi così nocivo per il celiaco. Vedremo come evolve.
Ciò che personalmente mi viene da contestare ad Assoceliaci e ad analoghe associazioni di altri Stati europei, è che non possono affermare di basarsi sulla normativa, perché la normativa attualmente in vigore presenta dei gap evidenti, che Assoceliaci interpreta a suo uso e consumo e AIC anche, ma in senso opposto.
Lo dico come celiaca madre di due celiaci, ma soprattutto come persona che di mestiere interpreta la legislazione sulle sostanze pericolose – non alimentari nel mio caso. C'è una grossa differenza – sempre a livello normativo – tra il richiedere ai fornitori la dichiarazione di determinate sostanze intenzionalmente aggiunte – ingrediente/additivo potenziale allergene – e il tracciare possibili contaminazioni avvenute a monte. Le catene di fornitura possono essere complicate.Il rischio – almeno teorico – che ci si assume a basarsi sulla sola lista degli allergeni è probabilmente basso, forse trascurabile da chi decide coscientemente e liberamente di farlo, ma, sulla carta, non è zero.
A maggior ragione, mi auguro che la dicitura "può contenere..." venga regolamentata in un modo netto. Ho sentito spesse volte i sostenitori di Assoceliaci affermare: "Io mi baso solo sulla normativa [degli allergeni] e i miei esami sono sempre a posto!"
Riporto quel che ho letto nel libro Celiachia di Marta Civettini, dietista celiaca specializzata, ovviamente, in celiachia.
Nel capitolo 3 lei menziona lo studio del 2007 del professor Carlo Catassi che ha indagato quanto glutine possa effettivamente causare un danno alle persone celiache.Tre gruppi di volontari hanno assunto per tre mesi rispettivamente 10 mg di glutine purificato, 50 mg di glutine purificato, 50 mg di amido di mais come placebo. Si è visto che 50 mg al giorno di glutine sono stati sicuramente dannosi per la mucosa intestinale. Sui 10 mg al giorno non si è raggiunto un risultato univoco. Il dato interessante, tuttavia, è il seguente: "In tutti i pazienti non c'è stato un cambiamento di valori anti-trans-glutaminasi IgA e IgG antigliadina a dimostrazione che questi esami non monitorano l'aderenza alla dieta".
La dottoressa Civettini mette in guardia verso tutti i rischi di una celiachia non trattata, che può causare osteoporosi, celiachia refrattaria fino al linfoma e all'adenocarcinoma.
Al capitolo 5, nei consigli per la spesa al supermercato, per yogurt e legumi lavorati, consiglia l'acquisto solo in caso di dicitura "senza glutine" presente.
Eppure la dottoressa Civettini non è una che vive barricata in casa: chi la segue sui social sa che è andata persino in Giappone, che non è il paradiso per i celiaci. Lo studio dei 50 mg viene menzionato anche sul sito di Assoceliaci proprio a riprova del fatto che nell'alimentazione quotidiana del celiaco tale soglia non viene mai superata, solo leggendo gli allergeni riportati nell'etichetta.
Mi piacerebbe sapere se la certezza di Assoceliaci ha avuto riscontro solo dalle analisi di IgA e IgG oppure se c’è una controprova nell’analisi della loro mucosa intestinale.
Se anche Assoceliaci avesse ragione nei fatti, se fosse vero che le potenziali contaminazioni non superano la soglia accettabile e sono sempre sicure per il celiaco, ciò non ha comunque riscontro nell’attuale normativa.
La più recente conferma dell'insufficienza della normativa si è avuta a fine 2024 dalla Corte dei Conti Europea.
Secondo il rapporto, infatti, i consumatori allergici e celiaci rimangono in attesa di linee guida UE sull’utilizzo delle indicazioni del tipo ‘Può contenere’, su cui la Commissione Europea risulta inadempiente.L'ultima cosa che contesto ad Assoceliaci, che purtroppo fa perdere loro quell'aura di credibilità di cui si fregiano con analisi chimiche "non dovute, ma volute", come dicono loro, è l'atteggiamento. Sulle loro pagine social non si può accedere se non la si pensa come loro e se si manifesta un pensiero critico. Hanno il ban molto rapido anche di fronte a domande neutre. Apostrofano come "talebani" i celiaci che preferiscono essere più cautelativi. E, nonostante promuovano uno stile di vita più "libero, aperto, sciolto", non sono altrettanto "liberi e aperti" verso chi semplicemente blinda i propri villi intestinali più rigorosamente. Ecco, Assoceliaci, io ve lo dico: non è elegante e non è serio. Non è credibile prendersela con la rigidità di AIC e arroccarsi su opposte posizioni con la stessa tenacia.
Iniziate a produrre tante, ma tante analisi sugli alimenti, non solo su quelle che avete mostrato finora. Avete cominciato, andate avanti. Se avrete ragione su tutto, meglio ancora. Il mondo celiaco vi ringrazierà in eterno. Perché non è vero che le analisi sono "non dovute, ma volute". Sono proprio dovute.
Nella scienza per avere un'evidenza bisogna avere una miriade di dati.
Se li avete, non siate timidi: mostrateli tutti. I vostri, quelli dei celiaci francesi, inglesi e austriaci con cui vi siete allineati. Senza tali dati abbiamo solo propaganda e allora non biasimate chi adotta un approccio più cautelativo mentre attende. Mostrate i vostri dati, pubblicate dossier corposi, e non bannate dalle vostre pagine i celiaci che si cautelano, perché non è così che li convincerete e soprattutto non vedranno le vostre evidenze scientifiche. Avete fondato un'associazione per questo, no? Altrimenti potevate rimanere dei privati cittadini con mere opinioni personali.Concludo sperando che dopo le interrogazioni parlamentari venga stilata una linea guida per un'interpretazione blindata, un linguaggio comune per tutti i paesi europei; mi auguro che la normativa rispecchi le più attuali e robuste evidenze scientifiche, in modo che i celiaci possano restare uniti nel diffondere consapevolezza e fare viaggi, almeno in Europa, trovando lo stesso livello di servizi.
Purtroppo è già difficile farci prendere sul serio… non accadrà mai se non iniziamo almeno a chiedere la stessa cosa.
Elena Genero Santoro |
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Che tu abbia scritto 30.000 battute per non dire nulla di concreto è un risultato di tutto rispetto: un saggio sul vuoto cosmico, condito da battute scadenti sui bidet e il solito paternalismo mascherato da divulgazione.Noi non siamo interessati a un derby AIC vs Assoceliaci. Oggi Assoceliaci ha zero ban dai social, i prodotti analizzati da noi sono risultati tutti idonei secondo i criteri della normativa vigente, i dati vengono pubblicati, nero su bianco. I nostri detrattori, invece, si limitano a opinioni, supposizioni e qualche "ho sentito dire che...".
RispondiEliminaLa ripetibilità scientifica dei dati è importante? Assolutamente sì. È per questo che continueremo ad analizzare prodotti, senza bisogno di ricevere lezioni da chi non ha mai pubblicato un dato analitico in vita sua.
Il tuo articolo è l’ennesimo tentativo di banalizzare il nostro lavoro con un sarcasmo stanco. Noi offriamo strumenti di lettura critica e informazioni supportate da dati oggettivi. Infine se hai dubbi sulle nostre analisi, benissimo. Pagati dei test indipendenti e confrontali con i nostri. È così che funziona il confronto scientifico. Tutto il resto è fuffa. E di fuffa, qui, ne abbiamo letta fin troppa.
Il fatto che voi di Assoceliaci replichiate in questo modo a un articolo del genere (ma in anonimo!!) la dice lunga su molte cose. Non vi siete nemmeno accorti dei dati positivi che vi vengono riconosciuti. Siete prevenuti e basta. Chi non la pensa come voi va bannato. Ciò non depone a vostro favore, ma continuate così.
EliminaAbbiamo
EliminaPubblicato con account Google ma non è apparso. . Noi rispondiamo; lei banna r blocca i commenti…. Cioè prima fa lo screen shot poi banna e cancella. Complimenti. Sembrano mezzi fascisti. Forse la rappresenta come
Concetto
Lei insiste che noi banneremmo, la
EliminaNostra pagina non ha nessun bannato né su Facebook né su istagram, quindi insiste a sostenere menzogne, diversamente lei ha appena bannato dalla sua pagine e rimosso tutti i commenti che sono stati fatti….
L'articolo mi è risultato interessante, ben scritto è conosco bene tutti gli argomenti trattati.
RispondiEliminaVolevo solo dire che la genesi di Assoceliaci secondo me nasce, come nel paragone religioso, da una profonda necessità nel mondo dei celiaci di mettere ordine a molti dubbi causati dai DOGMI e sottolineo DOGMI di AIC.
Sono una persona che vuole sempre una spiegazione razionale alle cose, ovviamente è d'obbligo in campo medico eppure troppe volte AIC risponde : "è così e basta".
Ci sono più discussioni bloccate sulla loro pagina facebook dopo pochi commenti che libere.
E troppe volte ho visto i loro comandamenti ribaltarsi completamente da un giorno all'altro dopo anni e io che pensavo: " ma era ovvio ! "
Ci sono molte cose che non vanno e, anche se non sono assolutamente privi di difetti, ringrazio infinitamente Assoceliaci per il loro operato, per aver aperto molte discussioni che in molti sentivamo necessarie
Mi scusi ma anche lei signora ha fatto la sua risposta in anonimo, eppure è l' autrice no? Quindi invece di accusare, forse c' era un problema qui sul blocco.
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