George C. Wolf REGISTA
Hilary Swank, Denise Di Novi, Alison Greenspan, Molly Smith PRODUTTORE
Shana Feste, Jordan Roberts SCENEGGIATORE
2014 ANNO
Koch Media DISTRIBUZIONE
CAST
Hilary Swank, Emmy Rossum, Josh Duhammel, Stephanie Beatriz, Jason Ritter
Attenzione! SPOILER
Nelle prime scene del film, si conosce Kate (Hilary Swank) che è una pianista talentuosa, giovane, bella e raffinata. E' sposata con Evan (Josh Duhamel) uomo d'affari (non si capisce bene quale sia il suo lavoro, ma deve rendere bene, perché hanno una casa bellissima) che la ama e lei ricambia.
E' il loro anniversario di nozze; per festeggiare, hanno invitato, a casa loro, alcune coppie di amici e la serata si presenta allegra e vivace. Gli invitati esortano Kate a suonare il piano, lei pone le sue dita sulla tastiera e le lascia andare, con leggerezza e abilità. Alla fine dell'esibizione, tutti applaudono ma lei è turbata; si è accorta che la sua mano destra non ha risposto come doveva.
La scena successiva, la inquadra davanti allo specchio. Suo marito, delicatamente, le stende il fondotinta e le mette il rossetto sulle labbra. Lei lo invita a lasciarla fare da sola, anche se si nota che ha le braccia abbandonate e che muove le mani a fatica, ma Evan insiste e, mentre continua a truccarla, le chiede se la sua nuova assistente stia per arrivare.
“L'ho licenziata, non aveva nulla che non andasse se non il fatto che mi faceva sentire troppo ammalata” risponde la donna, con la sua voce dolce e lo sguardo quasi di supplica. Non vuole repliche, ma desidera che il marito comprenda la sua motivazione.
Naturalmente, è chiaro che Kate sia ammalata, ma ancora non si capisce di cosa stia soffrendo. Si saprà solo più avanti, quando una ragazza (Emmy Rossum) risponderà al suo annuncio, e si presenterà per candidarsi come aiutante. Bec è una studentessa universitaria, un po' scapestrata, disordinata, poco incline alle regole. A Evan fa una pessima impressione e vorrebbe liquidarla subito, ma Kate scorge, in lei, qualcosa di speciale e la assume.
Bec crede che il suo compito sarà, più che altro, quello di dama di compagnia, ma Kate la informa di essere affetta da SLA, la quale non le consente di espletare nemmeno le primarie necessità, come quella di andare in bagno.
La ragazza non sa nulla della malattia, dei suoi terribili effetti invalidanti sulla deambulazione e respirazione, che è degenerativa e incurabile e accetta il lavoro con entusiasmo. Solo nel tempo, si accorgerà di quanto sia impegnativa la sua mansione e di quanto tempo le occupi. Decide di lasciare l'università e di dedicarsi completamente all'assistenza di Kate, con la quale instaura un rapporto di profonda amicizia.
Tratto dal libro “You're not you” scritto da Michelle Wildgen.
Del film, non voglio svelare altro, vorrei soffermarmi, invece, sui suoi pregi, sui difetti e su quanto mi ha trasmesso.
Gli attori sono stati eccezionali, in particolare Hilary Swank, che ha dovuto interpretare una parte molto difficile. Certo, sapendo poco della Sla, mi rendo conto che il mio parere sia poco obbiettivo, ciò nonostante, mi sento di dire che la sua recitazione non può essere che il frutto di una profonda documentazione sui sintomi della malattia e le invalidità che comporta.
I personaggi di Kate e di Bec, mi sono apparsi un po' troppo esasperati nella loro diversità. La prima sembra poco credibile, nella sua perfezione: dolce, paziente, fedele, realizzata, con una vita piena e soddisfacente (fino al momento della malattia). La seconda: avventata, disordinata, ritardataria, passa da un'avventura all'altra con estrema facilità, rifuggendo coinvolgimenti affettivi e intrattiene dei pessimi rapporti con i genitori, con la madre in particolare.
Ho trovato più “umano” Evan, poiché, come tutti, ha dimostrato di avere una componente buona e una più debole: ama teneramente la moglie, sia nel bene che nel male ma, di fronte a questo, si trova disorientato. Finisce col trattarla come un oggetto delicato, che ha il terrore di rompere e cerca in un'altra donna il coinvolgimento passionale che, con lei, non riusciva più ad avere.
La regia mi è piaciuta e ho apprezzato la capacità di sdrammatizzare l'argomento con alcune scene leggere e brillanti, senza le quali il contesto poteva diventare troppo cupo.
La storia è una di quelle che, già si sa, fanno commuovere. Non si riesce a rimanere indifferenti di fronte alla rappresentazione di una malattia grave e di tutte le implicazioni che essa comporta a livello fisico ed emotivo. Tuttavia, a mio avviso, essa è il contorno per mettere in luce i poteri di una grande amicizia. Sarà l'amicizia che darà la forza a Kate di affrontare il suo difficile cammino e a Bec la ragione di credere in se stessa.
Nella mia personale classifica, che va da una stella per le pellicole che non mi sono piaciute, sino a cinque stelle per i capolavori, darei a “Qualcosa di buono” tre stelline.
Lo considero un buon film, di quelli che sono riusciti a intenerire la mia scorza dura, che mi hanno lasciato qualcosa e che rivedrò, con piacere, alla sua futura rappresentazione televisiva.
E' il loro anniversario di nozze; per festeggiare, hanno invitato, a casa loro, alcune coppie di amici e la serata si presenta allegra e vivace. Gli invitati esortano Kate a suonare il piano, lei pone le sue dita sulla tastiera e le lascia andare, con leggerezza e abilità. Alla fine dell'esibizione, tutti applaudono ma lei è turbata; si è accorta che la sua mano destra non ha risposto come doveva.
La scena successiva, la inquadra davanti allo specchio. Suo marito, delicatamente, le stende il fondotinta e le mette il rossetto sulle labbra. Lei lo invita a lasciarla fare da sola, anche se si nota che ha le braccia abbandonate e che muove le mani a fatica, ma Evan insiste e, mentre continua a truccarla, le chiede se la sua nuova assistente stia per arrivare.
“L'ho licenziata, non aveva nulla che non andasse se non il fatto che mi faceva sentire troppo ammalata” risponde la donna, con la sua voce dolce e lo sguardo quasi di supplica. Non vuole repliche, ma desidera che il marito comprenda la sua motivazione.
Naturalmente, è chiaro che Kate sia ammalata, ma ancora non si capisce di cosa stia soffrendo. Si saprà solo più avanti, quando una ragazza (Emmy Rossum) risponderà al suo annuncio, e si presenterà per candidarsi come aiutante. Bec è una studentessa universitaria, un po' scapestrata, disordinata, poco incline alle regole. A Evan fa una pessima impressione e vorrebbe liquidarla subito, ma Kate scorge, in lei, qualcosa di speciale e la assume.
Bec crede che il suo compito sarà, più che altro, quello di dama di compagnia, ma Kate la informa di essere affetta da SLA, la quale non le consente di espletare nemmeno le primarie necessità, come quella di andare in bagno.
La ragazza non sa nulla della malattia, dei suoi terribili effetti invalidanti sulla deambulazione e respirazione, che è degenerativa e incurabile e accetta il lavoro con entusiasmo. Solo nel tempo, si accorgerà di quanto sia impegnativa la sua mansione e di quanto tempo le occupi. Decide di lasciare l'università e di dedicarsi completamente all'assistenza di Kate, con la quale instaura un rapporto di profonda amicizia.
Tratto dal libro “You're not you” scritto da Michelle Wildgen.
YOU'RE NOT YOU
di Michelle Wildgen ISBN 978-0312369521
Picador (seconda edizione)
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Del film, non voglio svelare altro, vorrei soffermarmi, invece, sui suoi pregi, sui difetti e su quanto mi ha trasmesso.
Gli attori sono stati eccezionali, in particolare Hilary Swank, che ha dovuto interpretare una parte molto difficile. Certo, sapendo poco della Sla, mi rendo conto che il mio parere sia poco obbiettivo, ciò nonostante, mi sento di dire che la sua recitazione non può essere che il frutto di una profonda documentazione sui sintomi della malattia e le invalidità che comporta.
I personaggi di Kate e di Bec, mi sono apparsi un po' troppo esasperati nella loro diversità. La prima sembra poco credibile, nella sua perfezione: dolce, paziente, fedele, realizzata, con una vita piena e soddisfacente (fino al momento della malattia). La seconda: avventata, disordinata, ritardataria, passa da un'avventura all'altra con estrema facilità, rifuggendo coinvolgimenti affettivi e intrattiene dei pessimi rapporti con i genitori, con la madre in particolare.
Ho trovato più “umano” Evan, poiché, come tutti, ha dimostrato di avere una componente buona e una più debole: ama teneramente la moglie, sia nel bene che nel male ma, di fronte a questo, si trova disorientato. Finisce col trattarla come un oggetto delicato, che ha il terrore di rompere e cerca in un'altra donna il coinvolgimento passionale che, con lei, non riusciva più ad avere.
La regia mi è piaciuta e ho apprezzato la capacità di sdrammatizzare l'argomento con alcune scene leggere e brillanti, senza le quali il contesto poteva diventare troppo cupo.
La storia è una di quelle che, già si sa, fanno commuovere. Non si riesce a rimanere indifferenti di fronte alla rappresentazione di una malattia grave e di tutte le implicazioni che essa comporta a livello fisico ed emotivo. Tuttavia, a mio avviso, essa è il contorno per mettere in luce i poteri di una grande amicizia. Sarà l'amicizia che darà la forza a Kate di affrontare il suo difficile cammino e a Bec la ragione di credere in se stessa.
Nella mia personale classifica, che va da una stella per le pellicole che non mi sono piaciute, sino a cinque stelle per i capolavori, darei a “Qualcosa di buono” tre stelline.
Lo considero un buon film, di quelli che sono riusciti a intenerire la mia scorza dura, che mi hanno lasciato qualcosa e che rivedrò, con piacere, alla sua futura rappresentazione televisiva.
Ornella Nalon I miei hobby sono: il giardinaggio, la buona cucina, il cinema e, naturalmente, la scrittura, che pratico con frequenza quotidiana. Scrivo con passione e trasporto e riesco a emozionarmi mentre lo faccio. La mia speranza è di trasmettere almeno un po’ di quella emozione a coloro che leggeranno le mie storie. “Quattro sentieri variopinti”, Arduino Sacco Editore “Oltre i Confini del Mondo”, 0111 Edizioni “Ad ali spiegate”, Edizioni Montag “Non tutto è come sembra”, da 0111 Edizioni. |
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