Gli scrittori della porta accanto

Eva, la prima donna

Eva, la prima donna

Il salotto di Emma Di Emma Fenu. Nel mio salotto pare che l’invito a denudarsi sia stato preso alla lettera. Oggi entra Eva, la prima donna.

Voglio instaurare un dialogo d’anime, senza filtri eredi di stereotipi e tabù, con la libertà di esprimersi fino al saggio limite di neminem laedere, non lo nego. La scorsa volta, tuttavia, si presentò la Venere di Willendorf, nuda con suoi attributi sessuali scolpiti nella pietra, oggi è la volta di Eva, anche lei priva di vesti: bella, innocente, fiera.
Sorride e inizia a raccontare, senza attendere le mie domande: mi limito a versarle il tè.

La storia è lunga e il ruolo della “prima donna” le calza a pennello.

«Ci fu un tempo senza passato, presente e futuro. Un tempo che era eterno, ed era mio. Mio era l’Eden rigoglioso, mio era l’Uomo di cui fu la costola dalla quale presi forma, per essergli compagna, alla pari.
Mia fu la sete di conoscenza e la consapevole disobbedienza: colsi il frutto perché la Storia avesse inizio, perché fossimo consci non solo della morale, ma anche della nostra natura sessuale.
Il frutto non era una mela: l’equivoco è frutto di una cattiva traduzione dal latino, per cui il genitivo mali ha duplice significato, ossia “del male” e “della mela”, per cui si trattava del mitico albero della conoscenza del bene e del male. Era un fico sicomoro, secondo molti, il simbolo della sessualità che ornava gli altari delle antiche Madri, quando Dio era donna e il sesso era potenza divina.
E il serpente non è estraneo a me, non solo è emblema fallico o dio del paganesimo praticato della terra di Canaan, è l’unione circolare ed infinita del maschile e femminile.
Io e Adamo siamo nell’eterno a cui il suo otto allude.
Né inizio, né fine: carne della stessa carne e famiglia d’amore, allora, come oggi.

Il Medioevo fu l’epoca in cui la misoginia assunse tinte più fosche, definendo le mie figlie seduttrici ingannevoli, porta dell’inferno, sacco di escrementi, streghe da bruciare, causa di tutti i mali.

Avete arso, mossi dal terrore, impegnati nelle guerre contro i vari nemici, libri e corpi di donne, ma non potrete mai interrompere lo spargersi infinito delle nostre ceneri feconde.
Vi invito alla pace, all’accoglienza della differenza.
Vi invito a mordere il frutto del sapere, per essere liberi di perseguire il bene; vi invito a masticarlo, per avere la forza di combattere ogni forma di sottomissione e abuso; vi invito a ingerirlo, per stringere alleanze.
Fatelo. Lo dovete a vostra madre.»

Terminato il suo monologo, ci guardiamo una davanti all’altra, come in uno specchio. 

Le sue sono iridi in cui mi perdo: sono gli occhi di tutte le donne nel corso dei secoli, di quelle che hanno perso e quelle che hanno vinto; di quelle celebri e di quelle dimenticate; di quelle amate e di quelle odiate. Tutte ospiti che aspetto, nel mio salotto, per raccontarsi e raccontarci chi siamo e da dove veniamo.

Il tè si è sfreddato. Sono trascorsi millenni in pochi minuti.
Vado a prepararne dell’altro, solo per voi.



Emma Fenu


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1 commenti
  1. È sempre affascinante inseguire la storia attraverso le donne,siano esse figure reali o leggende raccontate di madre in figlia. Amo questo genere di scrittura.

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