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Stefano Lucchesi, l'archeologo che rende il viaggio un tuffo nel passato

Stefano Lucchesi, l'archeologo che rende il viaggio un tuffo nel passato

People A cura di Valentina Gerini. Intervista a Stefano Lucchesi, archeologo e accompagnatore turistico: «Sono finito nel turismo quasi per caso, ho cercato di far collimare l’esigenza di un lavoro con il mio percorso di studi e la mia passione».

Ciao Stefano, grazie per averci concesso questa intervista. A noi piace curiosare nella vita delle persone che hanno cose interessanti da raccontare o che svolgono lavori fuori dall’ordinario. Tu, oltre ad essere un accompagnatore turistico come me, sei un archeologo. Spiegaci: cosa è precisamente un archeologo e come si diventa? 

Grazie a voi. L’archeologo è uno dei massimi esperti del mondo antico insieme allo storico, al filologo e a una serie di altri professionisti dell’antichità. L’archeologo indaga il passato per mezzo dello studio dei materiali che l’uomo, nel corso della storia, ci ha lasciato. La tua domanda è molto interessante perché il nostro immaginario ci porta a vedere l’archeologo come una sorta di Indiana Jones all’avventura. La verità è in realtà molto diversa: per quanto possa deludere l’idea, l’archeologo impiega la gran parte del suo tempo a studiare in biblioteca e negli archivi leggendo, interpretando vecchi scavi e traducendo antichi scritti in lingue morte ormai da secoli. Poi arriva il momento dello scavo o dell’indagine sul campo, ed è qui che l’archeologo può assomigliare, in parte, a quell’idea romantica dell’Indiana Jones a spasso per il mondo. Diventare archeologi è tutt’altro che semplice. Sono importanti una buona capacità di intuizione e molta memoria: si parte dal latino e dal greco che sono i primi esami da superare, poi ci si addentra in lingue ancora più antiche e scritte con migliaia di segni diversi: il geroglifico è stata la mia passione fin da subito. Si studiano nel frattempo la storia, l’archeologia, le tecniche d’indagine, la geologia e la storia dell’arte di ogni periodo storico per poi specializzarsi in una zona e un periodo specifico. Essenziale è saper leggere anche diverse lingue moderne per stare al passo con le scoperte. Nel mio caso ho scelto il mondo Vicino Orientale e la Valle del Nilo nei primi tre millenni prima della nostra era, da circa 5.000 anni fa fino ai romani. È buffo pensare che per me i romani rappresentino, quindi, qualcosa di nuovo e moderno rispetto al mio periodo di studi.

Il tuo lavoro però non è prettamente legato alla figura dell’archeologo che tutti ci immaginiamo, e cioè colui che va in paesi come l’Egitto e scava alla ricerca di antichi reperti, tu sei molto di più perché accompagni le persone sul posto e racconti loro la storia del luogo. Dicci qualcosa del tuo lavoro.

La ricerca e metodi di scoperta di un lavoro alla conclusione del percorso di studi è, ironia della sorte, il momento in cui l’archeologo scava più a fondo. Sono finito nel turismo quasi per caso, più per la conoscenza di lingue moderne che per il percorso di studi. Poi con il tempo ho cercato di far collimare l’esigenza di un lavoro con il mio percorso di studi e la mia passione.
Il mondo antico è qualcosa che attira tutti e l’idea di avere un archeologo specializzato nella zona di visita che spiegasse e facesse rivivere il mondo antico interessa già da tempo molte agenzie di viaggio. Ho iniziato a visitare i paesi che più amo: in Africa dal Marocco passando per Algeria, Tunisia, Egitto e Sudan dove vivo per 3-4 mesi in inverno. In estate mi dirigo spesso in Iran, passando dalla Turchia e dalle repubbliche del Caucaso. Questi sono alcuni dei paesi dove lavoro come accompagnatore archeologo: in altre parole mi occupo della gestione del gruppo e faccio da guida o collaboro con quella locale quando presente. Durante i viaggi parliamo di periodi di splendore, d’invasioni, guerre, carestie, stirpi, lingue antiche e tecniche di costruzione: tutto questo per rivivere al meglio ogni momento del viaggio e fare un vero e proprio tuffo nel tempo.

Cosa volevi fare da grande quando eri bambino? Quando hai capito che la tua strada era quella dell’archeologo?

Mia madre direbbe che ho iniziato a fare l’archeologo guardando Indiana Johnes e Jurassic Parc quando ero piccolo. Sembra ovvio e c’è della ragione dietro questa idea che mi accomuna con quasi tutti i miei coetanei che hanno scelto questa strada. Credo che abbia sempre avuto una pulsione verso il mondo antico e ogni volta che nei viaggi trovavo una traccia di qualche manufatto, mi chiedevo chi poteva averlo fatto, quando, come viveva, cosa faceva e che lingua parlava. Indagare il mondo antico ti permette di vivere mille vite in mille periodi diversi. Credo fermamente che la storia sia il modo per potersi sentire parte del mondo e che conoscere chi ci ha preceduto, cosa ha prodotto e in che modo sia essenziale per la conoscenza dell’oggi.

Che studi hai fatto? La scelta della scuola è stata in linea con la tua professione attuale o hai fatto un cambiamento di rotta?

Nonostante amassi il mondo antico, ho scelto archeologia a Firenze, che è sotto la facoltà di Lettere e Filosofia, quasi alla fine dell’estate dopo la maturità. L’altra scelta era Fisica astronomica. Sembra buffo ma è stato detto che sia Fisica sia Archeologia sono discipline che necessitano di intuizione e di una sana dose di abnegazione per la ricerca. Il fascino del tempo era forse più potente di quello dello spazio e la scelta è stata quindi il mondo antico. Professionalmente può sembrare che abbia ripiegato sul turismo, tralasciando la ricerca universitaria, credo tuttavia fermamente che grazie al background che mi ha fornito lo studio sia possibile creare insieme agli operatori e ai clienti un modo diverso di vivere un viaggio non solo nello spazio ma anche nel tempo.

Adesso facci sognare… Raccontaci dei paesi che hai visitato ultimamente, di ciò che hai visto, di ciò che hai vissuto. Libero sfogo ai ricordi e, se possibile, mostraci qualche foto.

La più bella esperienza che ha cambiato tanto della mia percezione del mondo è stato il Sudan. Ho vissuto in Sudan nell’inverno del 2014 e poi ancora nel 2015 fino a febbraio 2016 guidando gruppi italiani e stranieri per le meraviglie archeologiche e naturalistiche del paese. Nel Novembre 2015 ho guidato una spedizione nel deserto di 15 giorni in una delle zone più impervie e disabitate della terra: il deserto Nubiano. Due settimane senza contatti con il mondo esterno, senza cellulare, senza doccia, senza bagno e senza letto: avevo soltanto una tenda, una jeep, una bacinella d’acqua di pozzo al giorno per sciacquarsi e tanta voglia di scoprire e vivere il deserto. Ho visitato i luoghi dove gli egizi avevano estratto tutto l’oro che tanto ci affascina e che creò la loro fortuna. Ho visto valli incantante dove la formazione delle montagne sembrava essersi fermata a milioni di anni fa dormendo sulla sabbia cristallina di un cratere di un antico vulcano. Ogni tanto qualche nomade ci faceva visita o ci invitava a bere un tè sotto un cielo stellato come non avevo mai visto. Mi sono reso conto come andare a letto al tramonto e svegliarsi con le prime luci dell’alba ti renda più lucido e riposato nonostante dormissi sulla sabbia, a volte sotto il cielo stellato fuori dalla tenda. Questo è il mio lavoro insomma.

Leggendo ciò che ci racconti adesso ci è venuta voglia di essere tutti archeologi… Ma la strada per diventarlo non deve essere affatto facile. Hai un consiglio da dare a chi, come te, ha la passione per i viaggi e, soprattutto, la passione per l’archeologia?

Tanta curiosità, dedizione e studio delle lingue. Non sottovalutate mai la conoscenza d’inglese, francese, tedesco e spagnolo. Poi per il resto è sufficiente essere curiosi e non credere mai alla prima teoria o idea uscita da internet. Mi piace tanto confutare con amici le tesi su alieni, atlantidei e chi ne ha più ne metta, ed è semplice se si domina quel poco che basta del metodo storico. Se amate il Medio Oriente come me studiate un po’ di arabo, così quando incontrerete un nomade nel deserto potrete parlagli e saprete chiedergli la strada.

Stefano, noi ci conosciamo da molti anni ormai. Abbiamo lavorato insieme spesso e ci siamo divertiti. Avremo tanti aneddoti da raccontare come accompagnatori turistici, ma oggi parliamo di archeologia e viaggi con archeologo, e allora ti chiedo: qual è la cosa più buffa che ti è capitata andando in giro per il mondo come archeologo?

Più che storie buffe, ho fatto incontri interessanti. Ho avuto l’onore di rivivere con la pronipote di uno dei più importanti egittologi del primo ‘900 i luoghi visti dal nonno in Sudan. Ricordo ancora con i brividi mentre cercavamo la strada leggendo il diario del giovane James Henry Breasted. Ho guidato una signora francese nel deserto che aveva visitato tutti gli stati del mondo, Afghanistan compreso: dal primo viaggio nel 1958 a soli 18 anni dalla Francia alla Mauritania in auto da sola nel Sahara non aveva più smesso di viaggiare. Nell’inverno scorso ho poi conosciuto la coppia inglese da guinness dei primati che dal 1985 non ha più rimesso piede in Inghilterra viaggiando per tutto il mondo.


Valentina Gerini


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