Gli scrittori della porta accanto

[La ricompensa è il viaggio] L'editoriale di Giulia Mastrantoni: un biglietto per Berlino di andata e non-ritorno, rocamboleschi voli low cost


L’epoca dei low cost è quello che è. Prenotare voli con mesi di anticipo e ricordarsene il giorno prima della partenza, prenotare voli molto (ma molto) last minute, partenze rimandate e anticipate con bagagli improvvisati. Sono tutte cose che capitano e, quando si parla di viaggi, non ci si stupisce più di nessuna stranezza. Eppure, il mio volo di andata e ritorno per Berlino è stato quanto di più strano mi riesca di immaginare. Folle e bellissimo, come questa capitale.
Sarei dovuta venire a Berlino per quattro mesi con un programma Erasmus + Traineeship. Avrei lavorato al Berlino Magazine e la cosa mi riempiva di gioia. Peccato che ero appena tornata dal Canada, con un volo che è durato la bellezza di 72 ore, giuro, e non riuscivo neppure a stare in piedi. Avevano cancellato il mio volo Montréal-Parigi, Parigi-Roma alle 4 del mattino il giorno di Natale causa sciopero. Vi lascio immaginare il resto.
Avevo chiamato l’assistenza, dove una simpatica e poco melodiosa voce mi aveva spiegato che era Natale e che, per questo motivo, il servizio clienti non era garantito. Avrei voluto rispondere che era Natale e che, per questo motivo, io volevo proprio tornare a casa mia, a Roma. Ma era una voce pre-registrata. Ho fatto amicizia con il tasto recall del telefono, fino a che mi ha risposto un essere umano. Hanno trovato un volo sostitutivo per il giorno successivo, cambiandomi rotta e compagnia. Secondo il gentile ragazzo dell’assistenza, avrei dovuto fare scalo da Montréal a NY, poi prendere un intercontinentale per Roma. Arrivo in aeroporto a Montréal il giorno dopo e scopro che il mio volo per NY è posticipato di un’ora. Perderò l’intercontinentale. Vado all’assistenza clienti, dove mi dicono che mi riserveranno un posto sul prossimo volo NY-Roma. Quando arrivo a NY, mi spiegano che posso prendere il primo intercontinentale per Roma, perché il gate è accanto a quello dove sono atterrata. Fantastico!, mi dico. Quando finalmente decolla anche il secondo aereo, una dolcissima hostess mi dice che il mio bagaglio verrà recapitato direttamente al mio indirizzo italiano, perché non hanno potuto imbarcarlo insieme agli altri. Sospiro e mi addormento, pensando che sia la cosa più saggia che possa fare.

Ero arrivata in Italia con la prospettiva di una settimana per riprendermi e prepararmi per Berlino, settimana in cui non ho dormito, presa tra amici che non vedevo da mesi e festeggiamenti vari. La sera prima della partenza tedesca, avevo un bisogno di dormire che rivaleggiava con quello della Bella Addormentata. Con la differenza che le mie occhiaie facevano di me la Nevrotica Insonne. Dettagli.
L’andata berlinese è stata tragicomica. Nonostante il sonno e la mezza idea di rimandare la partenza, sono arrivata a Fiumicino. È andato tutto benissimo: check in, luggage drop, security check, imbarco. «Ho già dato con il volo canadese», ricordo di essermi detta. Il momento del decollo, però, le cose hanno iniziato a prendere una piega diversa. Si sono accesi i motori e ho sentito il brivido che sento ogni volta. Poi ho avvertito anche un odore di fumo che non era proprio rassicurante. Fortunatamente, lo ha avvertito anche il pilota, che è atterrato nuovamente e ci ha detto che avrebbero provato ad aggiustare il guasto. Un paio d’ore dopo, ci fanno scendere dall’aereo, dicendoci che sta arrivando un aereo da Berlino tutto per noi per portarci in Germania. Qualcosa come sei ore dopo, sono finalmente nella mia stanza a Berlino. Mi sono innamorata una sola volta in vita mia e è successo proprio quella sera. Del mio letto. È stata un’esperienza fantastica.
I quattro mesi successivi sono stati eccezionali. Il Berlino Magazine è il luogo dove nessuna sfida è troppo grande e nessun traguardo troppo distante. Ho vissuto ogni giorno come se fosse contemporaneamente il primo e l’ultimo.


La città offre di tutto, il melting pot culturale è incredibile e la musica… la musica che c’è a Berlino ti entra dentro e non ne esce più. È stato meraviglioso.
Proprio per questo, una settimana prima del mio rientro in Italia, ho iniziato seriamente a pensare che avrei potuto stracciare il biglietto di ritorno. Che male c’era, a fermarsi un mese in più? Ci ho riflettuto sapendo già che lo avrei fatto. Ho fantasticato sul momento, meraviglioso, in cui avrei sentito la carta lacerarsi tra le mie dita. La sera prima della mia non-partenza, ho preso il biglietto e l’ho osservato come si fa con le cose che si odiano, ma si stanno guardando per l’ultima volta. In quel momento, mi ha chiamata la mia più cara amica, dicendomi che, wow!, ma allora domani ci vediamo e chissà quante cose mi dovrai raccontare e non sai cosa devo raccontarti io e, oddio, ma poi com’è andata con quel tizio carino che avevi conosciuto? Non ho stracciato il biglietto. Era troppo tardi per decidere di salutare tutti gli amici berlinesi, così mi sono detta che avrei usato quella scusa per tornare quanto prima a Berlino. Un po’ più soddisfatta, ho iniziato a fare i bagagli.
Il mio volo era decisamente mattiniero. Più di me sicuramente. Mi sarei dovuta svegliare alle 5. Tra fare i bagagli, l’insonnia pre-partenza, organizzarsi per lasciare le chiavi di casa all’amica che mi aveva affittato l’appartamento, si erano fatte le 3 di notte. Ed è allora che il destino ha deciso per me. Mi hanno chiamata degli amici e siamo usciti. Quando sono tornata a casa per prendere le valigie, erano già le 6. Sono arrivata a casa della mia amica alle 7 passate, tra sbahn, ubahn e trolley trascinati. E anche lì, il destino ha deciso per me. Immagino che si sia verificato un qualche fenomeno irripetibile nella storia del mondo. Le lancette dell’orologio, tra un caffè e un mare di abbracci, segnavano già le 8.30. Il mio volo sarebbe partito alle 10.35. Ero dall’altra parte della città. Ho fatto una super corsa per prendere la ubahn, poi la sbahn e poi il TXL. L’autobus sembrava non arrivare più e mi sono detta che oramai l’aereo era perso, tanto valeva tornare dalla mia amica, riprendermi le chiavi e restare a Berlino. «È il destino», mi sono detta, «devo restare». Quando sono arrivata in aeroporto, erano già le 9.45. In 50 minuti il volo sarebbe decollato. Una coppia belga con cui avevo chiacchierato durante il tragitto mi ha detto che sicuramente avrei fatto in tempo ad imbarcarmi, mentre io, dentro di me, pregavo che non fosse così. Ne ero sicura, in realtà. Avevo mentalmente iniziato a prepararmi per annunciare alla mia amica che «Sorpresa! Sono ancora qui». E invece mi hanno permesso di fare il check in. «Poco male», mi sono detta, «ci sarà un sacco di coda security check». Not really! Sono arrivata al gate addirittura prima che iniziasse l’imbarco. A malincuore, ho pensato che sì, quell’aereo, dopotutto, l’avrei preso. Poi ho alzato lo sguardo e ho letto il tabellone su cui era indicato il mio volo: See you again in Berlin, c’era scritto. L’ho preso come un segno del destino. Non vedo l’ora.



Giulia Mastrantoni
Da quattro anni collaboro all’inserto Scuola del Messaggero Veneto, scrivo per il mash up online SugarPulp e per la rivista dell’Università di Trieste Sconfinare.
Dopo aver trascorso un periodo in Inghilterra, ho iniziato un periodo di studi in Canada, ma, dovunque sia, scrivo.
Misteri di una notte d’estate, ed. Montag.
One Little Girl – From Italy to Canada, eBook selfpublished.
Veronica è mia, Pensi Edizioni.



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