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La Corsica esotica di sangue e amore di Prosper Mérimée

La Corsica esotica di sangue e amore di Prosper Mérimée

Nella novella "Colomba" di Prosper Mérimée, una Corsica esotica di sangue e amore, lo spirito indomito di un’affascinante ed enigmatica “amazzone”.

«Voi sapete meglio di chiunque che i banditi corsi non sono dei ladri, ma dei puri e semplici fuggiaschi, che la vendetta ha esiliato dal loro villaggio.»
A. Dumas, Il Conte di Montecristo, trad. Ilaria Biondi
Prosper Mérimée, scrittore raffinato ed erudito attivo nella Parigi degli anni Trenta dell’Ottocento, è un assiduo frequentatore dei salotti letterari animati dagli artisti del cenacolo romantico, con i quali condivide una capacità immaginativa débordée (come evidenzia la sua predilezione per soggetti violenti e per gli epiloghi tragici e misteriosi), ma dai quali si distingue per l’impianto di fondo realista delle sue opere, venato di un profondo e convinto scetticismo. È autore versatile e prolifico che si cimenta in differenti generi letterari: teatro, poesia, romanzo storico, studi eruditi (produzione, questa, strettamente legata al prestigioso incarico di Ispettore Generale dei Monumenti Storici, che egli ricopre a partire dal 1834), saggistica letteraria e traduzione di autori russi. La sua fama è legata tuttavia soprattutto alle novelle, forma d’arte non facile che esige la massima densità e concisione e che egli sa portare ad eccelsi livelli di qualità letteraria, creando un sapiente contrasto tra la purezza classica dello stile limpido e incisivo con il folle turbinare delle passioni: Mateo Falcone (1829), La Vénus d’Ille (1837), Colomba (1840) e la celebre Carmen (1845), che ispira a Bizet la magnifica opera che conosciamo.
Mérimée visita la Corsica nel 1839, in qualità di archeologo scrupoloso incaricato di ispezionare i monumenti storici dell’isola. L’animo dello scrittore che alberga in lui è però desideroso di scoprire ed esplorare anche i costumi degli abitanti e la fisionomia di quel paese dove egli ha ambientato il suo Mateo Falcone dieci anni prima, pur senza aver mai messo piede sull’isola. Mérimée attraversa pertanto la Corsica da nord a sud, facendosi accompagnare e guidare da un uomo, tale Jérôme Roccaserra, che vive nel terrore continuo di cadere vittima di una vendetta, avendo egli ucciso a colpi di fucile due uomini.
La documentazione sull’Île de Beauté è già cospicua agli inizi dell’Ottocento e annovera studi e note di viaggio redatti da autori britannici e tradotti in francese, come Relation de l’île de Corse di James Boswell (1768) e Aperçus de la vie en Corse di Robert Benson (1825), ma anche e soprattutto opere autoctone, tra i quali spiccano i due tomi di Valéry Voyage en Corse, en l’île d’Elbe et en Sardaigne (1837-1838) e Recherches historiques et statistiques sur la Corse di Robiquet (1835), due testi che Mérimée ben conosce e dai quali attinge informazioni circa la vicenda d’odio che contrappone le famiglie Bertoli e Durazzo e che costituisce il canovaccio della sua novella Colomba. È inoltre plausibile che Mérimée abbia letto con curiosità e interesse le Lettres de Corse, una serie di articoli apparsi nel quotidiano «Le Globe», al quale egli stesso collabora saltuariamente.
In maniera non dissimile da altri autori coevi anche Mérimée si lascia affascinare dal concetto di “vendetta”; pensiamo fra gli altri a Honoré de Balzac, che nel 1830 pubblica il romanzo La Vendetta, ambientato a Parigi ma con protagonisti di ascendenza corsa.
Se da un punto di vista archeologico l’isola, come Mérimée puntualizza nelle sue Notes d’un voyage en Corse, si rivela piuttosto deludente, con la sola eccezione delle tracce celtiche preromane (che a suo dire meriterebbero approfondimenti ulteriori), non così per la civiltà a lui contemporanea, che con la sua violenta intransigenza, la sua forza ed energia vitale e con il suo senso dell’onore esercitano su di lui un vero e proprio incantamento. Egli decide infatti di incontrare personalmente Colomba Carabelli Bartoli, di cui apprende notizia nella succitata opera di Valéry, un’affascinante ed enigmatica “amazzone” al centro delle violente e sanguinarie ostilità che, dal 1830, contrappongono ferocemente nel piccolo villaggio corso di Fozzano i clan dei Durazzo-Paoli da una parte e dei Carabelli-Bartoli dall’altra, in un clima di odio sordo, assassinii, attentati e imboscate.
Nel personaggio letterario di Colomba confluiscono, con fine abilità, i tratti della vera Colomba Bartoli, icona di coraggio e selvaggia fierezza isolana, e quelli della di lei figlia, fanciulla dal fascino misterioso e dalla sensualità intrigante.
Ho visto un’altra eroina, Mme Colomba, che eccelle nella fabbricazione delle cartucce e che sa perfettamente bene come indirizzarle alle persone che hanno la sventura di non piacerle. Sono riuscito a conquistare questa illustre signora che ha solo sessantacinque anni e quando ci siamo lasciati, ci siamo baciati alla moda corsa, id est (sic.) sulla bocca. Simile buona sorte ho avuto anche con la figlia, eroina al pari della madre, ma di vent’anni […] La chiamano “la Morgana” ed è veramente una fata, io ne sono rimasto stregato.
La vicenda raccontata da Mérimée – storia di vendetta e d’amore – si svolge principalmente nella parte centrale della Corsica, anche se l’autore, che si cimenta con un’opera di finzione e non con un testo storico e documentale, imbroglia volontariamente un poco le carte. Il villaggio di Pietranera, al centro delle avventure narrate, viene infatti collocato da Mérimée nei pressi della foresta di Vizzavona, mentre la località che realmente porta questo nome si trova a nord della città di Bastia.
La descrizione dei luoghi è strettamente legata al progredire dell’azione e alla messa in luce dei temi-chiave della drammatica vicissitudine. Due spazi di centrale valenza sono il villaggio, la cui piazza - che separa le abitazioni rivali - ha un chiaro valore simbolico, e la macchia, universo per eccellenza del banditismo e ventre oscuro dell’isola, in cui tutto può accadere.

Il sentiero […] attraversava una macchia bruciata di recente. In quel punto la terra era ricoperta di cenere biancastra e qua e là degli alberelli e alcuni grandi alberi anneriti dal fuoco e completamente spogli, privi di foglie rimanevano in piedi, benché avessero smesso di vivere. Alla vista di una macchia bruciata ci si sente trasportati in un paese del Nord nel bel mezzo dell’inverno, e il contrasto tra l’aridità della terra percorsa dalle fiamme e la lussureggiante vegetazione tutt’intorno fa sembrare il posto ancor più triste e desolato. Ma Orso in quel momento vedeva una sola cosa in quel paesaggio […]: la nuda terra non poteva celare alcuna imboscata. […] La macchia bruciata confinava con diversi campi coltivati, racchiusi , secondo il costume locale, da muri di pietra a secco […]. Il sentiero s’insinuava tra i muretti e qui degli enormi castagni, piantati alla rinfusa, davano da lontano l’immagine di un folto bosco.

Le descrizioni paesaggistiche, seppur sobrie e piuttosto contenute, sono condotte con grazia e maestria dall’autore e servono a conferire, insieme alla terminologia presa a prestito dalla lingua corsa, un deciso colore locale alla storia, gettando luce anche sul carattere di un popolo che, seppur geograficamente non distante dalla Francia, presenta dei tratti così dissimili e per certi versi incomprensibili da risultare fortemente estraneo al sentire dei continentali.
Particolarmente pregnante la vista del golfo di Ajaccio dal mare, che con la sua bellezza selvaggia venata di greve malinconia, nudo isolamento e severa desolazione riflette l’animo dei suoi stessi abitanti e imprime all’atmosfera del luogo una nota mestamente funerea.

Dopo tre giorni di navigazione si giunse davanti alle Isole Sanguinarie, e il magnifico panorama del golfo di Ajaccio si dispiegò davanti agli occhi dei nostri viaggiatori. Non a torto lo si mette a confronto con la baia di Napoli; e nel momento in cui la goletta stava entrando nel porto, una macchia in fiamme, ricoprendo di fumo la Punta di Girato, ricordava il Vesuvio […]. Però, affinché la similitudine possa essere completa, un’armata di Attila dovrebbe prima abbattersi sui dintorni di Napoli, essendo tutto morto e deserto attorno ad Ajaccio. […] Non ci sono che macchie cupe e, dietro a queste, montagne pelate […]. Solo qua e là, nella parte alta della città, alcune costruzioni bianche isolate si stagliano su uno sfondo di vegetazione: sono cappelle funerarie, tombe di famiglia. Tutto, in questo paesaggio, è di una bellezza grave e triste.
Mérimée coniuga abilmente in questa novella il genuino e onesto sforzo di ricerca e documentazione dell’erudito con la visione romantica dello scrittore, offrendo al lettore del 1839, che volentieri si lascia ammaliare dall’esotismo drammatico e violento della vicina e misconosciuta isola, un quadro un poco idealizzato della Corsica. L’Île de Beauté viene dipinta come un mondo “a parte” in cui i cattivi vengono sempre puniti per le colpe commesse e i banditi sono vittime incolpevoli dell’incompatibilità insanabile tra la tradizione della giusta “vendetta” (l’unico mezzo conosciuto e praticato per lavare il proprio onore) e le leggi imposte dal continente, che prevedono una punizione per ogni delitto compiuto, indipendentemente dal motivo che ad esso soggiace, visione questa che induce il lettore a simpatizzare con i banditi d’onore, costretti dalla necessità a prendere la strada della macchia.
Benché la letteratura insulare abbia offerto un’immagine in qualche misura riduttiva della Corsica (pensiamo non solo a Mérimée, ma anche ad Alexandre Dumas, Guy de Maupassant e Alphonse Daudet), enfatizzando ora aspetti negativi ora qualità e pregi, è innegabile quanto la novella Colomba abbia dato avvio ad una tradizione letteraria capace di suscitare curiosità e interesse verso quest’isola fieramente bella, il cui cuore selvaggio e passionale è custodito gelosamente dai suoi abitanti, che nella ritrosa seppur accogliente, sincera e pura selvatichezza di Colomba e nel suo spirito indomito e focoso, vedono riflessi e fissati per sempre, come in un cameo di rara preziosità, il proprio animo di arditi isolani.
le traduzioni dei testi sono tutte di Ilaria Biondi


Ilaria Biondi
Laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Bologna. Durante il Dottorato di Ricerca in Letterature Comparate vive per lunghi periodi in Francia. Si occupa di traduzione letteraria e critica della traduzione, di letteratura francese e belga (in lingua francese) e letteratura tedesca dell’Ottocento. È appassionata di letteratura fantastica , science-fiction, letteratura al femminile, di viaggio, per l’infanzia e poesia.
Raymond Radiguet. Giovinezza perduta, eterna giovinezza, Delta Editrice.


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