"Senza più paura" di Roberto Fancellu, Lettere Animate, 2016, thriller. C'è un solo modo per affrontare l'inferno. Viverlo.
Massimo Pandolfini, protagonista di questo romanzo, non ha mai navigato in buone acque. Gli è arduo attraccare in una sponda che non gli si sbricioli tra le mani o non lasci spazio ad acque nelle quali andare, di nuovo, alla deriva. Nella sua vita c’è l’alcol, il desiderio e il tentativo di riscatto, ma anche disordine e rimpianto. Il motivo è tanto irrazionale quanto profondo, sommerso negli abissi della propria mente. Gli manca la strada, un terreno solido sotto i piedi. Avvolto da un buio senza principio, né fine, è preda di incubi dai quali emergono tracce inquietanti che potrebbero aprire un vero e proprio vaso di Pandora. Qual è l’origine del proprio stato? Una debolezza congenita, una inadeguatezza dello spirito comune a mille altri, come uno Zeno Cosini qualunque?
Massimo non ha gli strumenti per raggirare l’impasse o, se vi sono, non è nelle condizioni di utilizzarli. Per garantirsi il più fragile degli equilibri, non è sufficiente tenersi distante dalle ombre e dai vuoti che lo perseguitano, adattarsi a muoversi dentro uno spazio sempre più stretto.
Se di equilibrio si tratta, è di quelli che Massimo contribuisce (nel suo rapporto con Sara e con gli altri) a spezzare a intervalli, infrangendo innumerevoli volte la stessa promessa; perché il suo inconscio suggerisce risposte a domande che non è in grado di porsi. E allora desidera perdersi in un carnevale etilico infinito in cui avrebbe dato la morte anche al suo ultimo stoico neurone…
Il romanzo si sviluppa attraverso sollecitazioni che piovono dall’esterno, le quali spingono il protagonista in un terreno altrimenti non perlustrabile: il suicidio di suo padre (il Maestro) e un misterioso figuro che gli parla attraverso sottintesi e inquietanti allusioni. Ci domandiamo cosa sia più pericoloso per Massimo: se colui che si fa chiamare Starsky (che somiglia a una fiera di dantesca memoria) o la sequela di immagini che sembrano parlare di un passato dimenticato, anzi, rimosso (il proprio inferno).
Inizia quindi, su due fronti, una persecuzione dalla quale è impossibile sfuggire. Un po’ come quel racconto di Kafka che narra di un topolino inguaiato fra la trappola e un famelico gatto. Questo il senso della sua indecisione e della sua paura contro la quale sembra non esservi rimedio.
«Un pazzo ci tormenta chissà perché, e tu cosa fai? Invece di tirar fuori le palle e cercare una soluzione, ti chiudi in te stesso escludendomi e tornando a rifugiarti nella bottiglia da perfetto codardo…»
Queste le parole di Sara, la donna che il destino ha posto al suo fianco. Assomigliano, per il tono, a quelle pronunciate da una Beatrice e da un Virgilio (riferimento non troppo fuori luogo essendo le vicende ambientate nella patria di Dante), intese a scrollare un’indecisione che sa di assoluto, e che deve essere spazzata via. Vi è un unico modo: non scendere a patti, ma affrontare di petto il proprio inferno. Ciò per guadagnare la risalita e neutralizzare le fiere che, in principio, ostacolano il cammino.
Alla fine è quanto suggerisce il titolo del romanzo. La via da seguire non è tanto la psicanalisi di Freud, destinata a lasciare le cose come stanno, ma la psicologia analitica di Jung: che impone di vivere in pieno le proprie vicende interiori, senza fare a se stessi sconti di nessun genere.
Massimo non ha gli strumenti per raggirare l’impasse o, se vi sono, non è nelle condizioni di utilizzarli. Per garantirsi il più fragile degli equilibri, non è sufficiente tenersi distante dalle ombre e dai vuoti che lo perseguitano, adattarsi a muoversi dentro uno spazio sempre più stretto.
Se di equilibrio si tratta, è di quelli che Massimo contribuisce (nel suo rapporto con Sara e con gli altri) a spezzare a intervalli, infrangendo innumerevoli volte la stessa promessa; perché il suo inconscio suggerisce risposte a domande che non è in grado di porsi. E allora desidera perdersi in un carnevale etilico infinito in cui avrebbe dato la morte anche al suo ultimo stoico neurone…
Il romanzo si sviluppa attraverso sollecitazioni che piovono dall’esterno, le quali spingono il protagonista in un terreno altrimenti non perlustrabile: il suicidio di suo padre (il Maestro) e un misterioso figuro che gli parla attraverso sottintesi e inquietanti allusioni. Ci domandiamo cosa sia più pericoloso per Massimo: se colui che si fa chiamare Starsky (che somiglia a una fiera di dantesca memoria) o la sequela di immagini che sembrano parlare di un passato dimenticato, anzi, rimosso (il proprio inferno).
Inizia quindi, su due fronti, una persecuzione dalla quale è impossibile sfuggire. Un po’ come quel racconto di Kafka che narra di un topolino inguaiato fra la trappola e un famelico gatto. Questo il senso della sua indecisione e della sua paura contro la quale sembra non esservi rimedio.
«Un pazzo ci tormenta chissà perché, e tu cosa fai? Invece di tirar fuori le palle e cercare una soluzione, ti chiudi in te stesso escludendomi e tornando a rifugiarti nella bottiglia da perfetto codardo…»
Queste le parole di Sara, la donna che il destino ha posto al suo fianco. Assomigliano, per il tono, a quelle pronunciate da una Beatrice e da un Virgilio (riferimento non troppo fuori luogo essendo le vicende ambientate nella patria di Dante), intese a scrollare un’indecisione che sa di assoluto, e che deve essere spazzata via. Vi è un unico modo: non scendere a patti, ma affrontare di petto il proprio inferno. Ciò per guadagnare la risalita e neutralizzare le fiere che, in principio, ostacolano il cammino.
Alla fine è quanto suggerisce il titolo del romanzo. La via da seguire non è tanto la psicanalisi di Freud, destinata a lasciare le cose come stanno, ma la psicologia analitica di Jung: che impone di vivere in pieno le proprie vicende interiori, senza fare a se stessi sconti di nessun genere.
Dopo aver troncato i rapporti con la famiglia, Massimo ha vissuto per molti anni come barbone nelle strade di Firenze diventando alcolista.
Quando finalmente sembra aver raggiunto un fragile equilibrio, la dipartita del padre, morto suicida, e la comparsa di un misterioso individuo, lo costringono a mettere tutte le sue certezze in discussione.
Mentre è di ritorno dal funerale del genitore, nota un vecchio cavallino in plastica con un bigliettino: “A Hutch, con affetto e nostalgia. Starsky.” Guardandolo avverte un forte disagio, ma ne resta talmente rapito che se ne impossessa.
Da allora Starsky lo perseguita in modi sempre più inquietanti, ostacolando il suo percorso di recupero e la relazione clandestina con la psicologa Sara che col suo amore gli ha dato una nuova ragione di vita.
di Roberto Fancellu | Lettere Animate | Thriller
Davide Dotto Sono nato a Terralba (OR) vivo nella provincia di Treviso e lavoro come impiegato presso un ente locale. Ho collaborato con Scrittevolmente, sono tra i redattori di Art-Litteram.com e curo il blog Ilnodoallapenna.com. Ho pubblicato una decina di racconti usciti in diverse antologie. Il ponte delle Vivene, Ciesse Edizioni. |
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