Gli scrittori della porta accanto

[Inediti d'autore] Racconto: "Masai, un abbraccio che arriva dritto al cuore", di Valentina Gerini


Erano passati quasi otto anni da quando aveva guardato, per l’ultima volta, il cielo di Zanzibar. Quell’oscuro manto tempestato di stelle che brillavano come diamanti era lì sopra di lei, con una luna piena così grande che sembrava cadere da un momento all'altro. Quella luna che a lei, in procinto di partire, sembrava proprio le stesse dicendo arrivederci. Perché sì, per Valentina quella partenza non significava un addio, segnava solo la fine di un’avventura ma in cuor suo sentiva che prima o poi sarebbe tornata.
Quella notte, calda come tutte le altre notti, si era lasciata coccolare dal tiepido venticello che soffiava dal mare. Era rimasta in terrazza ad osservare l'oceano senza distinguerne bene i movimenti, riusciva a percepire il suono delle onde sulla battigia ma non ne vedeva il confine. Aveva guardato il cielo e, gettando il capo all'indietro, il suo sguardo era arrivato fino alla luna, che spuntava maestosa sopra le palme. Avrebbe voluto fermare il tempo. Quello era il suo posto nel mondo, lo sentiva. Ma per una qualche strana forza opposta sapeva che era giusto partire e proseguire per la sua strada, momentaneamente. Sapeva che era giusto vedere il mondo, viaggiare ancora, conoscere altre persone, e cercare la sua anima gemella. Se solo non fosse stata così romanticamente innamorata dell’amore forse sarebbe rimasta lì, sulla spiaggia di Zanzibar, a lavorare in qualche hotel e condividere la vita basata sull’oggi e sull’adesso con i suoi amici Masai.
Sì, proprio i Masai. Quel popolo che le aveva letteralmente invaso il cuore, glielo aveva conquistato sin dal primo giorno. Riusciva a perdersi nei loro occhi neri, ad addormentarsi cullata dal suono delle loro voci. Adorava vederli saltare ed esibirsi nei loro tipici salti, le piaceva trascorrere con loro le sue serate, dopo il lavoro, e imparare tutto ciò che c’era da imparare sulla loro cultura. Era rimasta piacevolmente colpita quando anche loro si erano rivelati interessati nel coltivare questa amicizia per lei tanto importante. La cercavano, le parlavano col loro inglese african style e qualche parola di italiano che faceva capolino nelle frasi. Le volevano bene, glielo ripetevano sempre. E quella sera ne ebbe la conferma. Seduta in terrazza, a godersi gli ultimi respiri di quell’aria africana, li vide dirigersi verso di lei, silenziosi e solenni, in fila indiana. Il primo della fila era quello che lei conosceva come il capo Masai, Charlie. Un uomo che poteva avere trent’anni come quarantacinque. Dietro di lui Pettinino proseguiva a passo svelto, come fosse Cucciolo in fondo della fila dei sette nani. Gli aveva affibbiato questo soprannome perché lui portava sempre un pettine incastrato tra i capelli ispidi e spugnosi. Non se ne separava mai. In realtà si chiamava Mandley ed era, probabilmente, uno dei più giovani del gruppo. Aveva, più o meno, diciassette anni. L’età, per persone come loro, è relativa. Valentina aveva più volte tentato di fare un calendario dei loro compleanni, chiedendo loro informazioni e instaurando animate conversazioni con l’aiuto di grandi disegni sulla sabbia, ma non ne era venuta a capo. Loro non avevano idea di quale fosse il giorno della loro nascita. Mandley era seguito da Murope, altro giovane Masai. Era il più impacciato e riservato ma anche il più divertente, quando riusciva a superare la barriera della timidezza. Adorava fare gli scherzi e aveva una risata che riecheggiava in tutta la spiaggia. A chiudere la fila c’era lui, Ranjli, il Masai più attraente. Era avvolto in un drappo rosso con dei quadretti blu, il suo vestito preferito. La guardava dritta negli occhi, con lo sguardo più bello e più puro che avesse mai visto. La sua pelle color ebano risplendeva sotto la luce della luna, i suoi bracciali tintinnavano ad ogni passo. Alto, poco meno di Charlie, Ranjli, proseguiva fissandola finché, arrivati davanti a lei, non le sorrise. Ognuno di loro aveva un pacchetto fra le mani, Ranjli ne stringeva uno un po’ più grande degli altri, simbolo della loro amicizia che si era rivelata, da subito, speciale. Lui la adorava, la corteggiava. Lei lo trovava bello, intrigante e molto buono ma non si era mai lasciata andare. Charlie fu il primo a posare il pacchetto a terra, vicino ai piedi di Valentina. Le disse che era un regalo e che doveva aprirlo. Subito dopo Mandley e Murope emularono il gesto del capo Masai. Ranjli invece si avvicinò e le  consegnò il pacchetto direttamente in mano. Valentina iniziò a scartare i pacchetti e si ritrovò le mani piene di collane e bracciali di perline colorate, i più belli che avesse mai visto. Il pacco di Ranjli invece conteneva un autentico telo masai, della fantasia che lui stava indossando. Il suo preferito. Gli occhi le si riempirono di lacrime e non riuscì più a trattenersi. Scattò in piedi e si gettò al collo di Ranjli, allargando le braccia per accogliere anche gli altri Masai. Loro si avvicinarono e la avvolsero in un groviglio che racchiudeva tutto l’amore del mondo. Rimasero così, abbracciati e in silenzio, per qualche minuto e il tempo per lei sembrò fermarsi. Poi però Charlie le ricordò che era l’ora di partire e il magico momento svanì. Valentina tornò, a malincuore, alla realtà.

Mentre saliva sul piccolo autobus che l’avrebbe condotta a nord dell’isola, Valentina, ripensava a quella sera. I quasi otto anni non avevano sbiadito nemmeno un istante di quella notte. Era tutto impresso lì, nella sua memoria e nel suo cuore, indelebile come una scritta su una roccia. Respirare di nuovo quell’aria calda e afosa la fece sentire bene. Quell’aria era ciò che i suoi polmoni stavano aspettando da anni. Dal finestrino poteva vedere le altissime palme che facevano da sfondo all’aeroporto di Zanzibar. Le foglie verdi smeraldo ondeggiavano a ritmo del dolce venticello che soffiava dal mare. I forti odori delle spezie della vicina Stone Town si introducevano prepotenti nell’abitacolo del piccolo mezzo e riuscivano a sovrastare la puzza di polvere e sudore che aleggiava nell’aria. Non appena l’autobus partì una nube di terra rossa si levò nell’aria e per un attimo non le permise di vedere al di la del suo naso. Poi, attraversata la nebbia rossa, ritornò a vedere. Un paio di carretti trainati da vecchie mucche con la gobba proseguivano in mezzo alla strada senza curarsi del passaggio delle auto o dei pedoni. Sul ciglio della strada un numero infinito di bancarelle vendevano e cucinavano l’impossibile. File interminabili di baracche si estendevano fino ai campi e i bambini giocavano scalzi, vestiti con abiti di fortuna, nei cortili. Le donne vestite in abiti colorati, abbinati al turbante che avvolgeva loro i capelli, trasportavano sulla testa dei cesti pieni di viveri e sulla schiena bambini addormentati, cullati dal loro movimento. Il vociare della gente, gli odori pungenti, la polvere, il caldo, i colori accesi. Questa era l’Africa che aveva sognato, in questi otto anni, e finalmente era tornata a vederla!
Arrivò a Nungwui in un baleno, l’ora di viaggio passò rapidamente tanto era stata rapita dal paesaggio. Scese dal piccolo autobus e si diresse verso la reception dell’hotel che aveva prenotato. Fu in quel momento che sua figlia, rimasta in silenzio per tutto il viaggio in macchina, le chiese quando sarebbero andate a giocare in spiaggia. Valentina la guardò e le sorrise. Avrebbero prima preso possesso della camera, poi avrebbero raggiunto i Masai. Solo allora sarebbero andate in spiaggia a giocare. Valentina non aveva intenzione di cambiare l’ordine di queste cose, neppure per soddisfare i desideri della sua dolcissima figlia, che aveva appena compiuto tre anni. La camera era semplice, spartana, arredata in pieno stile africano. C’era tutto ciò che serviva per dormire e per lavarsi, niente di più. Il tempo di darsi una sciacquata ed erano già fuori dalla modesta struttura turistica. La piccola aveva un vestito bianco, che spiccava in contrasto con la terra rossa della strada appena fuori dall’hotel. Valentina non stava nella pelle, aveva atteso così a lungo... troppo a lungo! Sua figlia saltellava felice raccogliendo dei sassi da terra, ignara del fatto che il cuore della madre le stesse quasi scoppiando nel petto. Il momento che tanto aveva aspettato era arrivato: avrebbe rivisto i suoi Masai e sua figlia, il pezzo più grande del suo cuore, li avrebbe conosciuti per la prima volta.
Era fondamentale, per lei, che anche la piccola Amy entrasse in contatto con quelle persone. Gliene aveva parlato sempre, fin da quando la allattava al seno. Le aveva mostrato le foto di quando li aveva conosciuti e tutte quelle che loro, in questi otto anni, le avevano mandato. Si erano sempre tenuti in contatto, tramite messaggi prima, con whatsapp poi. Non tutti si erano dati alla tecnologia. Charlie e Ranjli non avevano ancora ceduto e resistevano col loro vecchio Nokia che serviva solo per semplici chiamate e messaggi. Mandley, giovane e curioso, aveva comprato uno smartphone e così potevano chattare spesso, quando lui trovava una rete wi-fi alla quale agganciarsi. Era lui, infatti, quello che le dava notizie di tutti gli altri, quello che le mandava le foto e la teneva aggiornata.
Arrivate al centro del villaggio si diressero verso il punto in cui Mandley le aveva detto avrebbe sicuramente incontrato Charlie. Se lo ritrovò davanti così, di colpo. Sembrava molto invecchiato ma sempre in forma. Il suo sguardo era sereno e non appena la vide, la riconobbe e aprì le braccia per salutarla.
Con un braccio attorno alle spalle di Valentina, la scortò verso una piccola abitazione dove erano seduti gli altri Masai. Stavano mangiando, col capo chino. Quando furono sulla soglia Amy non trattene l’emozione di vedere quelle persone di cui la mamma le aveva tanto parlato e gridò: «Mamma! I Masai, guarda!». Gli uomini alzarono gli occhi e videro Valentina. I loro sguardi si illuminarono e gettarono a terra le ciotole di legno, non curandosi del cibo che ancora si trovava al loro interno. Si alzarono in piedi e corsero ad abbracciarla. Uno per uno, la strinsero forte e, dopo averla salutata, si abbassarono all’altezza di Amy per presentarsi e salutare anche la bambina. Amy era meravigliata. Chi erano quelle persone che al posto dei pantaloni e delle maglie avevano delle coperte colorate e una cintura piena di pugnali e bastoni? Continuava a guardarli, senza riuscire a spiccicare parola. Valentina si sedette per terra, accanto a Ranjli che le aveva fatto spazio, e invitò sua figlia a fare altrettanto. Le promise che, se si fosse seduta, sarebbero andate in spiaggia di lì a mezz’ora. Amy si sedette, ricordando alla madre che una promessa è una promessa. Già si immaginava i grandi castelli di sabbia che avrebbero costruito.
Ranjli non lasciava la mano di Valentina mentre Charlie continuava a ripetere: «Hay Valentina! Hay Valentina!». Rotto il ghiaccio del primo momento iniziarono a parlare. Quasi tutti avevano migliorato il loro inglese e il loro italiano, grazie alla presenza dei turisti che ogni settimana venivano in vacanza sull’isola. Parlare era molto più semplice che otto anni fa. Le sembrava un sogno, essere di nuovo lì, con i suoi Masai. Il tempo era passato, i loro corpi erano invecchiati sotto quel sole cocente, ma i loro sguardi... quelli erano rimasti identici. Occhi scuri e brillanti, sorrisi meravigliosi. Rimasero d’accordo che si sarebbero incontrati in spiaggia al tramonto, per godere di quel momento catartico in cui il sole si spegne nel mare, mentre Amy ancora sarebbe stata impegnata nella costruzione dei castelli di sabbia. Quando si stava accordando con Charlie, vide Amy sedersi in braccio a Mandley e giocare con le collane che lui aveva al collo. Mandley le fece il solletico e Amy, gettando la testa all’indietro, rise come una pazza. Questa scena le riempì letteralmente il cuore di gioia. L’imbarazzo della piccina era sicuramente svanito. Valentina invitò Amy a consegnare ai Masai ciò che avevano portato per loro. La bambina, felice di distribuire regali, rovistò nella borsa di stoffa della mamma alla ricerca delle buste da lettera che aveva, poco prima, messo lì dentro. Una volta trovate, iniziò il giro e le consegnò, una per uno. I Masai erano curiosi di scoprirne il contenuto ma lo fecero solo quando Amy invitò Mandley a farlo.
«Che aspetti, dai! Aprila così vedi che c’è… Mamma ti ha preparato una lettera!».
Amy aveva svelato la sorpresa. I Masai si ritrovarono fra le mani un foglio pieno di foto che li ritraevano assieme a Valentina. Mandley avvicinò il foglio alla bocca, per dargli un bacio, poi prese Amy e la fece volteggiare in aria come fosse un aeroplano. Charlie e Murope non la smettevano di guardare le foto e di dire grazie. Ranjli fissò dritta Valentina negli occhi, come quella notte di otto anni prima, poi avvicinò il foglio al petto e le disse sottovoce: «Amici per sempre».
Valentina era al settimo cielo. In una capanna malconcia, col tetto di paglia, senza pavimento, con un materasso nudo gettato in un angolo, con le palme che facevano capolino da una finestra, lei era felice come non lo era mai stata. Ciò che aveva sempre sperato si avverasse era davvero diventato realtà: era tornata in Africa, dai suoi Masai, e aveva portato con sé sua figlia.


Valentina Gerini
Dopo la maturità scientifica e uno studio approfondito della lingua inglese inizia a lavorare all’estero. Le sue più grandi passioni sono i viaggi e la scrittura. Dei viaggi ne ha fatto la sua professione, diventando accompagnatrice turistica; della scrittura il suo hobby, occupandosi degli articoli di copertina per un mensile dedicato alle storie di paese.
Volevo un marito nero, 0111Edizioni.
La notte delle stelle cadenti, Lettere Animate.



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