"Un giorno di festa" di Graham Swift, Neri Pozza Editore, 2016. Un amore proibito nell'Inghilterra degli anni '20.
Galeotta fu la copertina...La trama di questo romanzo è abbastanza semplice: Inghilterra, anni '20, in un giorno di festa dei primi di marzo, le casate lasciano libertà alle cameriere e tra queste ce n'è una giovane e carina che da parecchio tempo entra nel letto del padroncino. Questa sarà l'ultima occasione per un loro incontro, poiché il rampollo dovrà raggiungere la sua promessa sposa e convolare a nozze.
La giornata è tra le più belle, luminose e calde che si possano avere e il loro amplesso è durato forse anche troppo. Lui è in ritardo per recuperare la fidanzata, ma non ci arriverà mai, come si può supporre. Un albero ne bloccherà la corsa.
Jane, intanto, rimugina su quello che vorrebbe fare: leggere (poiché come trovatella ha studiato ed è piuttosto intraprendente), passare il tempo a visitare il giardino e rilassarsi dopo quell'ora romantica.
Jane, intanto, rimugina su quello che vorrebbe fare: leggere (poiché come trovatella ha studiato ed è piuttosto intraprendente), passare il tempo a visitare il giardino e rilassarsi dopo quell'ora romantica.
Anche da adulta, quando ricorderà l'accaduto, e da scrittrice, registrando il fatto in un romanzo, ricorderà i suoni, gli odori e le carezze con la giusta dose di malinconia.
Il romanzo è breve, la scrittura forbita ma non in modo esagerato, i ricordi si alternano alla narrazione, in un susseguirsi elegante, intenso e raffinato. La struttura e il linguaggio raggiungono un equilibrio perfetto, dove ogni parola ha il peso e il significato necessario.
Graham Swift è un grande scrittore. Il materiale che aveva tra le mani era poca cosa; senza la sua bravura, il romanzo poteva ridursi a una storia banale, invece ne è uscito un gioiellino da leggere con grande passione. In "Un giorno di festa" ha coniugato Eros e Thanatos con maestria, ha parlato di sesso senza pudori, pur non cadendo nella trivialità. Non ha pudori l’aitante Paul e non ne ha neppure Jane, le parole degli attributi fisici non hanno veli ma, nello stesso tempo, il colpo d’occhio alle orchidee, alle cornici d’argento, a un mobile o a una tenda, ci induce a spingere lo sguardo al di là dei corpi, a contemplare la casa e viverla nel presente. La scena di sesso tra Paul e Jane non ha nulla di pornografico, tutt’altro. Non c'è niente di meglio che leggere frasi che scaturiscono dal cuore, che sono dettate dai sentimenti migliori per goderne al massimo. Allora anche il sesso (in questo caso a pagamento) diventa quasi amore.
È il Mothering Sunday, la Festa della Mamma, del 1924 in Inghilterra. La guerra è alle spalle e un’altra è all’orizzonte. Ma è una bella domenica di fine marzo, perfetta per rimuovere i lutti e celebrare in allegria la speciale ricorrenza del giorno. Il rituale della festa prevede visite di cortesia, picnic all’aperto e inviti a pranzo in compagnia di amici e familiari. Un rituale già quasi in disuso, ma che i Niven e gli Sheringham, due delle famiglie più in vista del Berkshire, si tengono ben stretto, come se appartenessero ormai a un’unica famiglia dopo aver perso dei figli in guerra.
Su invito degli Hobday, un altro illustre casato delle verdi contee che circondano Londra, si vedranno a pranzo per brindare e parlare dell’evento ormai imminente: le nozze tra Paul, il giovane rampollo degli Sheringham scampato alla guerra, ed Emma Hobday.
Per la servitù dei Niven, com’è consuetudine, il Mothering Sunday è una «giornata libera» da trascorrere con i propri cari. Per tutti, eccetto che per Jane Fairchild. Giovane orfana che presta ormai da qualche tempo servizio presso i Niven, Jane si appresta a trascorrere la domenica di festa su una panchina in giardino, tra il ronzio dei fuchi e il profumo della magnolia già carica di boccioli, quando squilla il telefono. Si affretta all’apparecchio e il suo cuore si libra in cielo allorché riconosce la voce all’altro capo del telefono: Paul Sheringham, il giovane rampollo di cui da sette anni, con gioia e senza alcun pudore, è l’amante, la invita per la prima volta a casa sua. La telefonata di Paul, e le ore poi trascorse con lui, faranno di quel Mothering Sunday del 1924 una data incancellabile nel ricordo di Jane negli anni a venire, un giorno di festa cominciato nella luce più pura e terminato nel buio di un’oscura notte della vita e dell’anima.
Su invito degli Hobday, un altro illustre casato delle verdi contee che circondano Londra, si vedranno a pranzo per brindare e parlare dell’evento ormai imminente: le nozze tra Paul, il giovane rampollo degli Sheringham scampato alla guerra, ed Emma Hobday.
Per la servitù dei Niven, com’è consuetudine, il Mothering Sunday è una «giornata libera» da trascorrere con i propri cari. Per tutti, eccetto che per Jane Fairchild. Giovane orfana che presta ormai da qualche tempo servizio presso i Niven, Jane si appresta a trascorrere la domenica di festa su una panchina in giardino, tra il ronzio dei fuchi e il profumo della magnolia già carica di boccioli, quando squilla il telefono. Si affretta all’apparecchio e il suo cuore si libra in cielo allorché riconosce la voce all’altro capo del telefono: Paul Sheringham, il giovane rampollo di cui da sette anni, con gioia e senza alcun pudore, è l’amante, la invita per la prima volta a casa sua. La telefonata di Paul, e le ore poi trascorse con lui, faranno di quel Mothering Sunday del 1924 una data incancellabile nel ricordo di Jane negli anni a venire, un giorno di festa cominciato nella luce più pura e terminato nel buio di un’oscura notte della vita e dell’anima.
Beatrice Rurini Del 1969, sono appassionata di lettura e musica sin da piccola. Ho conseguito la maturità magistrale (senza insegnare), studiato pianoforte e violoncello. Lavoro come restauratrice d'arte. Sono sposata con prole e, soffrendo d'insonnia, mi appoggio alla lettura per evitare di stare con le mani in mano. |
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