In anteprima La scuola (peri)patetica di Marco Premoli, 0111 Edizioni, 2016. Un romanzo autobiografico, di crescita.
di Marco Premoli
0111 Edizioni
Narrativa
ISBN 978-88-9370-001-6
cartaceo 14,50€
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ebook 3,99€ | Acquista
Un ingegnere disoccupato accetta una supplenza in un Istituto Professionale maschile e viene proiettato di botto in un universo surreale e disamorato, distante anni luce dalla seriosa e compassata scuola da cui uscì pieno di speranze trent'anni fa. Ora le speranze le ha perse non solo lui, ma un'intera generazione di studenti. Il primo impatto è una doccia gelata. Ventinove adolescenti pronti a mangiarselo iniziano a saggiarne la consistenza, impiegando ogni arma per fargli saltare i nervi. Quando la situazione appare incontrollabile, invece di alzare bandiera bianca un colpo di genio gli suggerisce, per sovrastare il vocio, di intonare a piena voce un lied corale. I ragazzi, sconcertati, ridacchiano, poi ammutoliscono ed esplodono in un applauso. Comincia così un esperimento irripetibile in cui accoglie senza pregiudizi qualunque cosa: scassinamenti, canne, spogliarelli, risse, scorregge, bestemmie, tentativi di corruzione e coretti omofobi. Uno studente lo invita persino ad andare a puttane con lui. Gli piovono domande sui più disparati temi, rivelatrici di una profondità di sentimenti e di una curiosità della vita insospettabili e dirompenti. Sorge in lui un’infinita compassione per quelle giovani vite scombussolate e abbandonate nel caos delle moderne armi di distrazione di massa (cellulari et similia), sulle quali cerca di dimostrare il primato dell’intelligenza e della fantasia umana. La scuola, lì, è rovinosamente naufragata e constata con disappunto che nemmeno la sua buona volontà e l’amore potranno sortire il miracolo. Un'istantanea amara, impietosa e ironica di una gioventù bruciata ancor prima di gettarsi nel fuoco, disillusa e incapace di appassionarsi, ma con un gran desiderio nascosto di trovare qualche adulto di cui possa fidarsi. Tra le righe si intravede un messaggio di fiducia in questi giovani tanto meravigliosi quanto sottovalutati da un mondo di adulti che non sanno cosa farsene né cosa fare.
L'autore racconta
Raccontaci qualcosa di te: chi è Marco Premoli nella vita di tutti i giorni?
Marco Premoli nella vita di tutti i giorni è un uomo poliedrico e imprevedibile, eclettico e dedito a mille interessi, in continua crescita ed evoluzione nonostante una routine quotidiana abbastanza ben delineata, grazie all’attuale impiego come insegnante di sostegno (privato, in quanto assunto direttamente dalla famiglia dello studente che seguo ormai da un anno). Nel pomeriggio poi mi dedico ad altri studenti, che aiuto, su richiesta, in matematica, chimica, fisica (sono ingegnere chimico), non disdegnando occasionali e appetitose scorribande in altri territori da me assai amati, quali italiano e latino, nonché, all’occorrenza e in emergenza, altre materie in cui svolgo funzione di tutor (parola che aborrisco ma che rende bene l’idea del mio ruolo in quei casi particolari). Mi piacerebbe potermi definire precettore in senso classico, ma ancora non credo di saperne abbastanza.
Terminato il cosiddetto dovere, che in realtà dovere non è, perché l’insegnamento è per me una vera passione, in quanto mi permette non solo di trasmettere le mie conoscenze e la mia esperienza ai giovani, ma anche di apprendere ogni giorno qualcosa di nuovo e di interessante dai miei ragazzi, mi dedico al piacere con altrettanto entusiasmo. Da non molto ho scoperto una predilezione e una insospettata predisposizione per il canto, che pratico come tenore in due cori, il Coro polifonico Città di Cernusco e la Corale Lirica Ambrosiana, con la quale ho debuttato pochi mesi fa nell’opera lirica, interpretando Rigoletto e Traviata in forma semiscenica al Teatro Donizetti di Bergamo, e nella quale sono stato da poco inserito come socio effettivo dopo aver superato brillantemente il periodo di prova, con mia grande gioia. I sacrifici sono notevoli, dovendo dedicare parecchio tempo allo studio e alla preparazione dei brani corali, ma sono ripagati ampiamente dalla grande emozione di intonarli per il pubblico e salire sul palcoscenico. Quando riesco mi dedico anche allo sport: ciclismo, prevalentemente in estate, e podismo, tutto l’anno, oltre allo sci di fondo d’inverno con la mia famiglia, una buona occasione per riuscire a stare tutti insieme. Mia moglie Paola è una grande appassionata di questo sport e le nostre figlie, Marta e Francesca, ormai sciano meglio di entrambi. Amo l’opera lirica, la musica classica, il teatro, la pittura, i viaggi e, naturalmente, la letteratura. Ho avuto la grande opportunità di partecipare come corista a livello semiprofessionistico in uno spettacolo di prosa (“Nerone, 2000 anni di calunnie” di e con Edoardo Sylos Labini) rappresentato più di trenta volte al Teatro Manzoni di Milano, tra il 2014 e il 2015, e in diversi altri importanti teatri nazionali. Questa e altre mille mirabolanti esperienze e avventure necessitano e meritano ampio approfondimento in altra sede, infatti costituiranno l’ossatura dei miei prossimi romanzi.
Questo è il primo romanzo che pubblichi?
Sì. Ma non è il primo che scrivo. Ora qualcuno dei miei lettori, entusiasta di questo romanzo, mi ha già chiesto il secondo. Devo ancora decidere sul da farsi, per ora vorrei concentrarmi sulla promozione dell’attuale, poi ci penserò.
Un ingegnere disoccupato che si ritrova a fare da supplente in una scuola tutt’altro che semplice. E poi come prosegue?
Partiamo da lontano, spiegando prima – in sintesi; il racconto dettagliato lo farò in un altro libro, uno dei prossimi che pubblicherò - come mai questo ingegnere (io) si ritrova disoccupato, è fondamentale per capire il prosieguo. Ci sono due tappe: la prima, assai coraggiosa, è il licenziamento volontario, cinque anni fa, dal posto fisso e supersicuro in una grande multinazionale, per lanciarmi nell’avventura dell’insegnamento in una scuola steineriana, dopo essermi appassionato alla pedagogia rivoluzionaria, attualissima e innovativa introdotta da Rudolf Steiner e aver frequentato un apposito corso triennale di formazione (in orari extralavorativi). La seconda, tre anni or sono, imprevedibile e forzata, è il licenziamento, altrettanto coraggioso e volontario, dalla scuola steineriana in cui mi figuravo che avrei lavorato per il resto dei miei anni. Ripartire da zero, a quarantasei anni suonati, non è stato per nulla semplice, ma con l’aiuto prezioso quanto discreto di mia moglie e una grande forza di volontà ce l’ho fatta, aprendomi strade nuove e impensate che mi hanno portato a recitare in teatro, cantare all’opera, insegnare fisica come supplente e scrivere questo libro. Inutile dire altro, qui e ora. Ci sarà tutto nel prossimo libro. Anzi, nei prossimi libri, perché c’è materiale interessantissimo per scriverne ben più di uno.
Dunque, a seguito delle suddette vicissitudini, a febbraio 2015 mi sono ritrovato disoccupato, perlomeno con tutte le mattinate libere, poiché nei pomeriggi avevo già diversi studenti da seguire, sia pure saltuariamente. Quindi ho accettato la prima supplenza assegnatami, senza andar troppo per il sottile. Con tutte le mie esperienze di vita, pensavo che in qualche modo me la sarei cavata. Infatti alla fine me la sono cavata, talvolta anche elegantemente, altre solo abbozzando, mai però alzando bandiera bianca, come vedrà chi leggerà tutto il libro. Ma mai avrei pensato che sarebbe andata così com’è andata e come ho voluto raccontare, perché all’inizio era talmente incredibile – anche il mio comportamento, che non avevo per nulla previsto - che non ci credevo nemmeno io. Si è deciso tutto nel giro di un quarto d’ora, il primo nella prima classe. In quel quarto d’ora è successo un po’ di tutto, e quando mi sono trovato sul punto di non avere più risorse a disposizione, un istante prima di cedere mi è giunta inaspettatamente in soccorso … la musica! Sì, proprio la musica, con la lirica e la polifonia sacra. Un’ispirazione tanto folle quanto felice mi ha fatto intonare a tutto volume due dei miei cavalli di battaglia nei cori che frequentavo: la parte dei tenori secondi nell'“Abendlied” di Rheinberger (col mitico e impareggiabile Coro Città di Cernusco) e un riadattamento per il coro del “Nerone” de “La calunnia è un venticello” dal Barbiere di Siviglia. Com’è andata a finire? Leggetevi “La scuola (peri)patetica” e lo saprete …!
È un romanzo autobiografico. Con che spirito lo hai scritto? Volevi fare conoscere la tua esperienza interessante? È stato liberatorio?
Il romanzo è totalmente autobiografico, con tutti gli annessi e connessi, tuttora in gran parte a me sconosciuti, che questa scelta forte e coraggiosa, ai limite del temerario (qualcuno la potrebbe considerare incosciente o quantomeno imprudente), può comportare. Scrivere romanzi non è facile, farlo esponendosi pubblicamente e narrando le proprie esperienze senza barare, ancor meno. Vedasi Céline, mio mito irraggiungibile e grande ispiratore, che stavo leggendo proprio in quei giorni di immobilità da frattura, e guarda caso mi stava affascinando. Non ci ho pensato su nemmeno un istante, sono partito subito a spron battuto scrivendo in prima persona, ovviamente omettendo date e luoghi e cambiando i nomi, ma riportando fedelmente i fatti così come li ricordavo. Inizialmente l’ho scritto per una ristretta cerchia di amici e di familiari (mio fratello insiste a dire che l’ho scritto per me stesso … e in un certo senso ha ragione), poiché spesso durante la mia esperienza scolastica mi è capitato di narrare ad amici, familiari e conoscenti occasionali alcuni dei più succosi fra gli aneddoti riversati poi nel libro, e visto il notevole successo che incontravano tali racconti, per evitare di doverli ripetere oralmente in continuazione, ho pensato che prima o poi avrei dovuto raccoglierli in un libro. Poi è arrivata la frattura … e libro fu. Scritto con lo spirito impregnato di nostalgia per quei ragazzi con cui avevo appena instaurato (o perlomeno cercato di instaurare) un rapporto umano che andasse al di là della sterile e asettica presentazione di un programma scolastico preconfezionato, perché sapevo benissimo che il mio ruolo era confinato a quello di un precario quale ero e sono tuttora, e quindi non avrei più avuto occasione di essere il loro insegnante. Tutto ciò, dall’alto della mia inguaribile ingenuità, mi pareva profondamente ingiusto e anche molto stupido, perché se in un sistema una combinazione di elementi funziona bene, a quale scopo cambiarla per introdurne una che molto probabilmente non si rivelerà migliore per nessuna delle componenti in questione? Sapevo bene fin dall’inizio che il mio ruolo sarebbe stato a termine, nonostante tutto a quei ragazzi mi ci sono affezionato subito e quindi ho dovuto abbandonare molto a malincuore, facendo appello a tutta la mia abilità di attore per dissimulare il profondo dispiacere che mi attanagliava negli ultimi giorni di scuola. Così, quando mi capitò la frattura, dopo l’iniziale scoramento che si univa alla disillusione appena patita con la fine dell’anno scolastico, mi misi a scrivere animato anche dalla certezza che in qualche modo avrei potuto far vivere per sempre quella singolare esperienza trasferendola sulle pagine di un originale diario di scuola. Man mano che procedevo mi ritrovavo davanti i loro volti, le loro espressioni, le loro astuzie e le loro ingenuità, il loro desiderio a volte straziante di essere amati e considerati uomini e la mia percezione, distorta, di totale e assoluta inadeguatezza nei loro confronti. Allora li ho amati ancora di più, e mi sono concesso il lusso di rappresentarli nella loro verità, ben sapendo che a qualcuno di loro questa verità sarebbe apparsa scomoda, goffa o insopportabile. Molto spesso ho riflettuto su questa mia scelta, perché se il libro fosse diventato famoso, per qualche ragione imperscrutabile, qualcuno di loro (i protagonisti dei vari episodi non faticheranno a riconoscersi) sarebbe diventato altrettanto famoso, magari per motivi non proprio edificanti. Ho corso il rischio, per regalare a tutti loro un ultimo, inestimabile insegnamento. Anzi, più d’uno. Sono talmente bravi che lo capiranno da soli. Alla luce di tutto quanto detto finora, posso quindi affermare che è stato liberatorio, sicuramente per me, nel senso che ho potuto dire pubblicamente cose che non avrei mai detto direttamente ai ragazzi, e auspicabilmente anche per tutti loro. Infine, sì, l’ho scritto anche per far conoscere a tutti questa mia esperienza irripetibile e provocatoria, che reputo assai interessante e degna di essere diffusa il più possibile.
Il finale è quello “vero”? Ne avresti voluto uno diverso?
Sì, il finale, come tutto nel libro, è quello vero. Compreso l’epilogo. Siccome nel libro si parla – anche - della mia vita trascorsa, sarebbe molto facile cedere alla tentazione di voler cambiare qualcosa, chi non lo vorrebbe, nella propria? Invece no, non vorrei un finale diverso, ma vorrei invece che quel finale costituisse, per tutti, lo spunto iniziale per costruire una prosecuzione diversa in modo da creare un mondo sempre migliore attorno a noi. Ingenuo sino alla fine, lo so. Ma questo mio tratto caratteristico proprio non lo vorrei cambiare.
Marco Premoli nella vita di tutti i giorni è un uomo poliedrico e imprevedibile, eclettico e dedito a mille interessi, in continua crescita ed evoluzione nonostante una routine quotidiana abbastanza ben delineata, grazie all’attuale impiego come insegnante di sostegno (privato, in quanto assunto direttamente dalla famiglia dello studente che seguo ormai da un anno). Nel pomeriggio poi mi dedico ad altri studenti, che aiuto, su richiesta, in matematica, chimica, fisica (sono ingegnere chimico), non disdegnando occasionali e appetitose scorribande in altri territori da me assai amati, quali italiano e latino, nonché, all’occorrenza e in emergenza, altre materie in cui svolgo funzione di tutor (parola che aborrisco ma che rende bene l’idea del mio ruolo in quei casi particolari). Mi piacerebbe potermi definire precettore in senso classico, ma ancora non credo di saperne abbastanza.
Terminato il cosiddetto dovere, che in realtà dovere non è, perché l’insegnamento è per me una vera passione, in quanto mi permette non solo di trasmettere le mie conoscenze e la mia esperienza ai giovani, ma anche di apprendere ogni giorno qualcosa di nuovo e di interessante dai miei ragazzi, mi dedico al piacere con altrettanto entusiasmo. Da non molto ho scoperto una predilezione e una insospettata predisposizione per il canto, che pratico come tenore in due cori, il Coro polifonico Città di Cernusco e la Corale Lirica Ambrosiana, con la quale ho debuttato pochi mesi fa nell’opera lirica, interpretando Rigoletto e Traviata in forma semiscenica al Teatro Donizetti di Bergamo, e nella quale sono stato da poco inserito come socio effettivo dopo aver superato brillantemente il periodo di prova, con mia grande gioia. I sacrifici sono notevoli, dovendo dedicare parecchio tempo allo studio e alla preparazione dei brani corali, ma sono ripagati ampiamente dalla grande emozione di intonarli per il pubblico e salire sul palcoscenico. Quando riesco mi dedico anche allo sport: ciclismo, prevalentemente in estate, e podismo, tutto l’anno, oltre allo sci di fondo d’inverno con la mia famiglia, una buona occasione per riuscire a stare tutti insieme. Mia moglie Paola è una grande appassionata di questo sport e le nostre figlie, Marta e Francesca, ormai sciano meglio di entrambi. Amo l’opera lirica, la musica classica, il teatro, la pittura, i viaggi e, naturalmente, la letteratura. Ho avuto la grande opportunità di partecipare come corista a livello semiprofessionistico in uno spettacolo di prosa (“Nerone, 2000 anni di calunnie” di e con Edoardo Sylos Labini) rappresentato più di trenta volte al Teatro Manzoni di Milano, tra il 2014 e il 2015, e in diversi altri importanti teatri nazionali. Questa e altre mille mirabolanti esperienze e avventure necessitano e meritano ampio approfondimento in altra sede, infatti costituiranno l’ossatura dei miei prossimi romanzi.
Questo è il primo romanzo che pubblichi?
Sì. Ma non è il primo che scrivo. Ora qualcuno dei miei lettori, entusiasta di questo romanzo, mi ha già chiesto il secondo. Devo ancora decidere sul da farsi, per ora vorrei concentrarmi sulla promozione dell’attuale, poi ci penserò.
Veniamo al libro, “La scuola (peri)patetica”, 0111 Edizioni. Com’è nata l’idea?
L’idea è nata … a seguito di una frattura! Il 14 giugno 2015, solo quattro giorni dopo il termine della mia attività di supplente narrata nel libro, durante una gara di corsa in montagna, in una discesa affrontata con eccessiva velocità, mi sono fratturato la caviglia sinistra e sono rimasto immobilizzato per circa un mese. Già accarezzavo l’idea di riversare in un libro la mia singolare esperienza di neodocente (alla tenera età di 47 anni!) pro tempore in un Istituto Professionale, poi il riposo forzato mi ha anche concesso tutto il tempo necessario, e il libro è saltato fuori di getto, avendo la memoria ancora fresca. In seguito l’ho levigato, aggiustato, infiocchettato e proposto, in bozza, a mio fratello Gianluca, uomo di notevole cultura, grande perspicacia e intelligenza fuori del comune, nonché critico imparziale e obiettivo. Quando me l’ha restituita dicendomi che per conto suo era un’opera valida e divertente, ma che – stante l’attuale crisi dell’editoria - difficilmente avrei trovato un editore e, quand’anche l’avessi trovato, non avrei venduto nemmeno cento copie tra amici e parenti, è scattata la molla che mi ha fatto partire con la ricerca dell’editore e mi spinge tuttora alla promozione del libro, pur avendone vendute personalmente già più di 340 copie (senza contare quelle vendute dall’editore). Ho già in programma due presentazioni, la prima il 22 ottobre 2016 alle ore 17 alla Biblioteca di Pioltello, la mia città da sempre, per cercare di smentire il detto “Nemo propheta in patria”, la seconda a Milano, il 9 febbraio 2017 alle ore 18 alla Biblioteca di via Valvassori Peroni, e altre in corso di programmazione. Non so se si è capito, ma non mi sono mai piaciute le cose facili, e quel che mi stimola al massimo sono le sfide.Un ingegnere disoccupato che si ritrova a fare da supplente in una scuola tutt’altro che semplice. E poi come prosegue?
Partiamo da lontano, spiegando prima – in sintesi; il racconto dettagliato lo farò in un altro libro, uno dei prossimi che pubblicherò - come mai questo ingegnere (io) si ritrova disoccupato, è fondamentale per capire il prosieguo. Ci sono due tappe: la prima, assai coraggiosa, è il licenziamento volontario, cinque anni fa, dal posto fisso e supersicuro in una grande multinazionale, per lanciarmi nell’avventura dell’insegnamento in una scuola steineriana, dopo essermi appassionato alla pedagogia rivoluzionaria, attualissima e innovativa introdotta da Rudolf Steiner e aver frequentato un apposito corso triennale di formazione (in orari extralavorativi). La seconda, tre anni or sono, imprevedibile e forzata, è il licenziamento, altrettanto coraggioso e volontario, dalla scuola steineriana in cui mi figuravo che avrei lavorato per il resto dei miei anni. Ripartire da zero, a quarantasei anni suonati, non è stato per nulla semplice, ma con l’aiuto prezioso quanto discreto di mia moglie e una grande forza di volontà ce l’ho fatta, aprendomi strade nuove e impensate che mi hanno portato a recitare in teatro, cantare all’opera, insegnare fisica come supplente e scrivere questo libro. Inutile dire altro, qui e ora. Ci sarà tutto nel prossimo libro. Anzi, nei prossimi libri, perché c’è materiale interessantissimo per scriverne ben più di uno.
Dunque, a seguito delle suddette vicissitudini, a febbraio 2015 mi sono ritrovato disoccupato, perlomeno con tutte le mattinate libere, poiché nei pomeriggi avevo già diversi studenti da seguire, sia pure saltuariamente. Quindi ho accettato la prima supplenza assegnatami, senza andar troppo per il sottile. Con tutte le mie esperienze di vita, pensavo che in qualche modo me la sarei cavata. Infatti alla fine me la sono cavata, talvolta anche elegantemente, altre solo abbozzando, mai però alzando bandiera bianca, come vedrà chi leggerà tutto il libro. Ma mai avrei pensato che sarebbe andata così com’è andata e come ho voluto raccontare, perché all’inizio era talmente incredibile – anche il mio comportamento, che non avevo per nulla previsto - che non ci credevo nemmeno io. Si è deciso tutto nel giro di un quarto d’ora, il primo nella prima classe. In quel quarto d’ora è successo un po’ di tutto, e quando mi sono trovato sul punto di non avere più risorse a disposizione, un istante prima di cedere mi è giunta inaspettatamente in soccorso … la musica! Sì, proprio la musica, con la lirica e la polifonia sacra. Un’ispirazione tanto folle quanto felice mi ha fatto intonare a tutto volume due dei miei cavalli di battaglia nei cori che frequentavo: la parte dei tenori secondi nell'“Abendlied” di Rheinberger (col mitico e impareggiabile Coro Città di Cernusco) e un riadattamento per il coro del “Nerone” de “La calunnia è un venticello” dal Barbiere di Siviglia. Com’è andata a finire? Leggetevi “La scuola (peri)patetica” e lo saprete …!
Qual è il target a cui ti rivolgi? Che tipo di lettori ambisci a conquistare?
Mi rivolgo a un target ampio e variegato, poiché il libro è scritto per tutti, con un linguaggio semplice ma non semplicistico e una certa non linearità di approccio (a detta di qualche lettore) che potrebbe scoraggiare le persone non avvezze a far uso prolungato del cervello (non è ironico, purtroppo è così, la mia scrittura dà moltissimo al lettore, ma gli richiede di abbandonare la passività assoluta e di produrre un piccolo sforzo, che poi viene ampiamente ripagato, per allinearsi sulla mia non banale lunghezza d’onda narrativa). Il libro è diretto a tutte le persone dai 13-14 anni in su, in particolare a chi ha, ha avuto o avrà a che fare con il mondo della scuola, in particolar modo a insegnanti, studenti e genitori, ma anche a nonni, zii, amici e parenti, a politici e amministratori, nonché a chiunque abbia frequentato, a qualunque titolo, una scuola superiore negli ultimi trenta o quarant’anni. Mi rivolgo a lettori compulsivi e lettori occasionali, a persone che siano in grado di assaporare uno stile incisivo, articolato, ironico e graffiante, di accettare le provocazioni e di sospendere il giudizio, di lasciarsi sorprendere e disorientare, di amare i giovani e la vita, nonostante tutto.È un romanzo autobiografico. Con che spirito lo hai scritto? Volevi fare conoscere la tua esperienza interessante? È stato liberatorio?
Il romanzo è totalmente autobiografico, con tutti gli annessi e connessi, tuttora in gran parte a me sconosciuti, che questa scelta forte e coraggiosa, ai limite del temerario (qualcuno la potrebbe considerare incosciente o quantomeno imprudente), può comportare. Scrivere romanzi non è facile, farlo esponendosi pubblicamente e narrando le proprie esperienze senza barare, ancor meno. Vedasi Céline, mio mito irraggiungibile e grande ispiratore, che stavo leggendo proprio in quei giorni di immobilità da frattura, e guarda caso mi stava affascinando. Non ci ho pensato su nemmeno un istante, sono partito subito a spron battuto scrivendo in prima persona, ovviamente omettendo date e luoghi e cambiando i nomi, ma riportando fedelmente i fatti così come li ricordavo. Inizialmente l’ho scritto per una ristretta cerchia di amici e di familiari (mio fratello insiste a dire che l’ho scritto per me stesso … e in un certo senso ha ragione), poiché spesso durante la mia esperienza scolastica mi è capitato di narrare ad amici, familiari e conoscenti occasionali alcuni dei più succosi fra gli aneddoti riversati poi nel libro, e visto il notevole successo che incontravano tali racconti, per evitare di doverli ripetere oralmente in continuazione, ho pensato che prima o poi avrei dovuto raccoglierli in un libro. Poi è arrivata la frattura … e libro fu. Scritto con lo spirito impregnato di nostalgia per quei ragazzi con cui avevo appena instaurato (o perlomeno cercato di instaurare) un rapporto umano che andasse al di là della sterile e asettica presentazione di un programma scolastico preconfezionato, perché sapevo benissimo che il mio ruolo era confinato a quello di un precario quale ero e sono tuttora, e quindi non avrei più avuto occasione di essere il loro insegnante. Tutto ciò, dall’alto della mia inguaribile ingenuità, mi pareva profondamente ingiusto e anche molto stupido, perché se in un sistema una combinazione di elementi funziona bene, a quale scopo cambiarla per introdurne una che molto probabilmente non si rivelerà migliore per nessuna delle componenti in questione? Sapevo bene fin dall’inizio che il mio ruolo sarebbe stato a termine, nonostante tutto a quei ragazzi mi ci sono affezionato subito e quindi ho dovuto abbandonare molto a malincuore, facendo appello a tutta la mia abilità di attore per dissimulare il profondo dispiacere che mi attanagliava negli ultimi giorni di scuola. Così, quando mi capitò la frattura, dopo l’iniziale scoramento che si univa alla disillusione appena patita con la fine dell’anno scolastico, mi misi a scrivere animato anche dalla certezza che in qualche modo avrei potuto far vivere per sempre quella singolare esperienza trasferendola sulle pagine di un originale diario di scuola. Man mano che procedevo mi ritrovavo davanti i loro volti, le loro espressioni, le loro astuzie e le loro ingenuità, il loro desiderio a volte straziante di essere amati e considerati uomini e la mia percezione, distorta, di totale e assoluta inadeguatezza nei loro confronti. Allora li ho amati ancora di più, e mi sono concesso il lusso di rappresentarli nella loro verità, ben sapendo che a qualcuno di loro questa verità sarebbe apparsa scomoda, goffa o insopportabile. Molto spesso ho riflettuto su questa mia scelta, perché se il libro fosse diventato famoso, per qualche ragione imperscrutabile, qualcuno di loro (i protagonisti dei vari episodi non faticheranno a riconoscersi) sarebbe diventato altrettanto famoso, magari per motivi non proprio edificanti. Ho corso il rischio, per regalare a tutti loro un ultimo, inestimabile insegnamento. Anzi, più d’uno. Sono talmente bravi che lo capiranno da soli. Alla luce di tutto quanto detto finora, posso quindi affermare che è stato liberatorio, sicuramente per me, nel senso che ho potuto dire pubblicamente cose che non avrei mai detto direttamente ai ragazzi, e auspicabilmente anche per tutti loro. Infine, sì, l’ho scritto anche per far conoscere a tutti questa mia esperienza irripetibile e provocatoria, che reputo assai interessante e degna di essere diffusa il più possibile.
C’è qualche messaggio particolare che speri di comunicare attraverso questo romanzo?
Ci sono diversi messaggi che vorrei comunicare attraverso questo romanzo, anzi sono il motivo principale per cui l’ho scritto, in tutta sincerità. Finora ho lasciato che ognuno li cogliesse o li ignorasse in base alla propria sensibilità personale, e reputo tuttora che sia il sistema migliore. Ho inserito di proposito parecchi messaggi importanti, più o meno espliciti e su diversi piani di lettura e di comprensione, proprio perché ognuno recepisse quel che più gli è affine. Parlando con alcuni lettori ho potuto verificare che è avvenuto davvero quanto auspicavo, ossia che ciascuno ha colto e rielaborato in modo personale gli innumerevoli spunti, le larvate evocazioni e i velati accenni disseminati qua e là nel corso della narrazione, superando spesso le mie pur ambiziose intenzioni. Qualcun altro invece potrebbe non averci colto nulla di significativo o di pregnante, il che non significa che non ci sia, ma semplicemente che il suo livello di sensibilità o di approfondimento non lo ha portato più in là di una piacevole e spensierata lettura. Comunque, per non eludere totalmente la domanda, direi che un messaggio particolare lo vorrei trasmettere in modo esplicito, soprattutto ai giovani, fra i mille che ho tentato di suggerire: con l’impegno, la volontà e, soprattutto, l’amore, non c’è nulla che non si possa fare. Non importa quanti sbagli si facciano in una vita, l’amore e la passione sono più forti di tutto. Quindi amate e appassionatevi, non importa di chi o di cosa, fatelo sempre, senza calcoli e senza riserve. Allora, davvero, vivrete.Il finale è quello “vero”? Ne avresti voluto uno diverso?
Sì, il finale, come tutto nel libro, è quello vero. Compreso l’epilogo. Siccome nel libro si parla – anche - della mia vita trascorsa, sarebbe molto facile cedere alla tentazione di voler cambiare qualcosa, chi non lo vorrebbe, nella propria? Invece no, non vorrei un finale diverso, ma vorrei invece che quel finale costituisse, per tutti, lo spunto iniziale per costruire una prosecuzione diversa in modo da creare un mondo sempre migliore attorno a noi. Ingenuo sino alla fine, lo so. Ma questo mio tratto caratteristico proprio non lo vorrei cambiare.
Grazie per essere stato con noi, Marco. In bocca al lupo per i tuoi progetti futuri.
Grazie a voi per avermi stimolato a produrre delle riflessioni che altrimenti sarebbe rimaste solo potenziali e arrivederci al mio prossimo romanzo.
Grazie a voi per avermi stimolato a produrre delle riflessioni che altrimenti sarebbe rimaste solo potenziali e arrivederci al mio prossimo romanzo.
Elena Genero Santoro Ama viaggiare e conoscere persone che vivono in altri Paesi. Lettrice feroce e onnivora, scrive da quando aveva quattordici anni. Perché ne sono innamorata, Montag L’occasione di una vita, ebook Lettere Animate Un errore di gioventù, 0111 Edizioni Gli Angeli del Bar di Fronte, 0111 Edizioni. Il tesoro dentro, 0111 Edizioni. |
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