Gli scrittori della porta accanto

Oggi mi masturbo in autobus così ottimizzo i tempi, di Giulia Mastrantoni

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Dal 15 gennaio 2016, in Italia gli atti osceni in luogo pubblico non sono più reato: chi si masturba su un autobus, ad esempio, se la cava con una multa. Si può definire questa libertà civile? Evoluzione dei costumi? Certo è che, da qui a perdere ogni senso di civiltà, è un attimo...

Oggi sarebbe dovuta essere una mattinata tranquilla, secondo i miei piani. Avevo spento il telefono, preso un libro e deciso di rilassarmi, e così ho fatto. Quando ho riacceso lo smartphone, però, una volta effettuato l’accesso a Facebook, ho trovato un link pubblicato da un amico: si trattava di un articolo de «Il corriere» dal titolo Atti osceni sul bus. Denuncia rifiutata.
Per chi non conoscesse la vicenda: a Roma una donna è stata testimone dell’atto masturbatorio di un uomo in autobus, rivolto proprio a lei, che ha avuto la prontezza di filmare il tutto e portare il video alla più vicina stazione di polizia, dove si è sentita rispondere che compiere atti osceni in luogo pubblico era reato fino al 15 gennaio 2016, mentre ora è stato depenalizzato: vuol dire che chi si masturba in pubblico se la cava con il pagamento di un’ammenda. La cosa è fortunatamente diversa nel caso siano coinvolti minori, ma per approfondimenti vi incoraggio a cliccare sul link all’articolo originale.
Come faccio sempre quando una tematica mi interessa, sono andata a leggere i commenti che erano stati postati sotto l’articolo. Ѐ stata la parola moralismo a farmi decidere di scrivere il mio commento. Questo, e il fatto che il ragazzino che ha scritto “Ma basta con questo moralismo da due soldi!” abbia 19 anni e domani sarà un uomo nella nostra società. Ma su questo torneremo dopo.


Partiamo dai casi di cronaca in Europa.

Il 19enne diceva che in tutti i "paesi civili" funziona così: nessuno si scandalizza per le nuditá altrui e, se proprio, si paga una multina e passa la paura.
I “paesi civili” citati dal ragazzo sono, presumibilmente, localizzabili nel nord Europa. In Germania c’è stato di recente il caso di un uomo che si è lamentato del suo vicino, il quale girava nudo nel proprio giardino prima e dopo la sauna. Girare nudi in Germania, però, non è un reato, quindi la questione si è risolta nel nulla. Nello stesso modo i paesi scandinavi, che hanno un rapporto diverso rispetto al nostro con il corpo, non considerano reato il mostrarsi nudi e, anzi, ritengono poco corretto indossare qualunque tipo di indumento nelle spa. Si tratta di casi legati a un contesto particolare, che si basa anche su un uso molto più diffuso della sauna e di spa open air rispetto all’Italia.
In Svezia, però, il caso del 65enne di pochi anni fa ha fatto parlare: l’uomo si è masturbato in spiaggia e non è stato perseguito dalla legge, perché l’atto non era rivolto a una persona specifica; qualora lo fosse stato, l’uomo sarebbe stato ritenuto colpevole.
Molti sono stati gli interrogativi sollevati all’epoca, soprattutto per quanto riguarda la tutela dei bambini: come la si mette, quando c’è di mezzo la presenza di minorenni? E quando, come nel caso che si è verificato a Roma, l’atto è esplicitamente rivolto a qualcuno? Nei cosiddetti “paesi civili”, quindi, a conti fatti, l’uomo dell’autobus avrebbe passato qualche guaio?
Nel Regno Unito, mostrarsi nudi in pubblico e/o masturbarsi è un reato. In Scozia, alla Stirling University, il 27enne Neil Cox è stato accusato proprio lo scorso anno di indecent exposure per essersi ripetutamente mostrato nudo in università. In questo caso, dunque, il “paese civile” avrebbe condannato il comportamento dell’uomo dell’autobus.
Al di là delle differenze culturali, quindi, che includono una percezione del corpo distinta, nei “paesi civili” c’è una sorta di protezione nei confronti della vittima di un atto masturbatorio.

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Ma andiamo oltre: le leggi che noi non abbiamo... ma che esistono altrove.

Nei “paesi civili” ci sono leggi piuttosto severe che puniscono cose come il revenge porn, che noi non abbiamo. In Italia ci sono stati vari episodi di revenge porn, tra cui quello di Tiziana Cantone, in cui del materiale pornografico è stato distribuito senza il consenso del protagonista. Il caso di Tiziana si è concluso con il suicidio della ragazza (e non è l’unico), forse anche perché non c’è una legge che tuteli le vittime di questo fenomeno e perché c’è la tendenza al linciaggio sui social media. Ovviamente il linciaggio non è indirizzato al carnefice ma alla vittima, in pieno rispetto dello slut shaming.
In 34 stati degli US, ci sono leggi che tutelano le vittime del revenge porn e che puniscono chi inserisce il materiale online o lo distribuisce. Nel Regno Unito sono stati più di 200 i casi portati all’attenzione della legge dal 2015.
Ma non finisce qui: tra il materiale da includere come revenge porn non ci sono solo fotografie o filmati di nudo integrale, bensì anche “qualunque cosa che una persona possa ragionevolmente ritenere sessuale” incluse fotografie in cui si posa in maniera provocante. Tutta un’altra cosa rispetto allo slut shaming, no?
Nei “paesi civili” non ci sono leggi meno severe o meno numerose, bensì leggi diverse che si adattano alla cultura del paese e rispondono alle necessità della società. Depenalizzando il compiere atti osceni in luogo pubblico, in Italia non facciamo passi avanti, ma andiamo a negare che nel nostro paese ci sia bisogno di pene adeguate per reati che sono diffusi, magari depenalizzati proprio perché frequenti, chissà. A tale proposito, si ricordi il caso accaduto a Udine nel 2015, in cui una coppia ha fatto sesso sul tavolino di un bar in pieno centro davanti ai passanti allibiti. La coppia era stata denunciata per atti osceni in luogo pubblico, che all’epoca era ancora un reato; come questo, diversi altri casi.

Perché in Italia le cose sono diverse.

In paesi come l’Olanda l’educazione sessuale nelle scuole viene insegnata ai bambini di 4 anni. Si reputa che così facendo la società tragga benefici sia a livello fisico sia psicologico, e che le gravidanze precoci vengano prevenute con discreto successo.
L’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole è obbligatorio in tutti i paesi dell’UE, come si legge nell’articolo al link sopra, tranne in Italia e pochi altri. In un altro articolo del 2016 si legge:
I paesi scandinavi (con la Svezia apripista nel 1955), Olanda, Francia e Germania sono gli esempi più virtuosi, con programmi [di educazione sessuale] che puntano a ritardare l’età del primo rapporto sessuale, ridurre la frequenza di attività non protette, incrementare l’uso di precauzioni per evitare gravidanze non volute e malattie. Ma anche a riconoscere e smontare gli stereotipi alla base delle discriminazioni di genere e quelli legati all’orientamento sessuale, ad acquisire consapevolezza dei diritti umani, avere rispetto ed empatia per gli altri, costruire relazioni basate sul rispetto.
La “consapevolezza dei diritti umani”. Ѐ proprio nelle ultime righe dello stralcio riportato sopra che stanno le parole chiave dei “paesi civili”: consapevolezza dei diritti umani, rispetto ed empatia, relazioni basate sul rispetto. Il “paese civile”, insomma, non è quello permissivo e liberale, ma quello che può permettersi di non considerare reato gli atti osceni in luogo pubblico perché il sistema educativo è tale da insegnare ai cittadini, anche giovanissimi, quali siano i limiti del rispetto e le basi di una buona sessualità.

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Pericolosità sociale e altre sconosciute.

In Italia ci sono stati vari scandali, tra cui quelli di insegnanti che hanno fatto sesso in classe con i loro studenti, La Bibba 3.0 (archivio pornografico e pedo-pornografico, spesso all'insaputa dei soggetti delle foto stesse), il suicidio di Tiziana Cantone e il recentissimo gruppo Facebook Dark Polo Gang 777, per non parlare dei consigli di Raffaele Sollecito su come liberarsi di una ex. Ѐ davvero il momento di depenalizzare gli atti osceni in luogo pubblico?
A prescindere dalle opinioni personali, di certo non è il momento giusto per fingere che non esista alcun problema legato alla sessualità in Italia.
Sollecito si è difeso giudicando come “una ragazzata” i gruppi Facebook, tra cui quello sopracitato, ma quello che sfugge a lui e ad altri ragazzi è la pericolosità sociale di questi fenomeni e commenti. Perché tra il dare del moralista a chi difende i diritti civili e l’iniziare a masturbarsi in autobus il passo è breve. E tra il non vedere che gli atti osceni diretti a una persona specifica sono una violenza sessuale a tutti gli effetti e il violentare una ragazza il passo è brevissimo. Da lì al perdere ogni senso di civiltà è un attimo, per non parlare dell’influenza negativa che si può avere sui coetanei, soprattutto considerato che viviamo nell’epoca dei social network e della condivisione (ricordate il caso del video in cui veniva violentata una ragazza diffuso in rete dalle sue "amiche"?).

La masturbazione compulsiva può essere indice di grave disagio sociale, conseguente traumi psichici, storie di vergogna, abuso e diniego, oltre a rappresentare una forma di violenza verso la vittima cui è rivolto l'atto pubblico. 

Il problema è che nascondersi dietro il moralismo (o presunto tale) altrui è cosa facile. Ben più difficile è analizzare in modo critico la vicenda e capire che giustificare l’uomo che si è masturbato in autobus non fa bene né a lui né alle donne, tantomeno alla società.
Queste persone hanno bisogno di aiuto e non di essere incoraggiate, perché magari oggi esprimono un disagio psicologico, masturbandosi in autobus, ma domani potrebbero violentare o suicidarsi, magari proprio perché i loro appelli di aiuto non sono stati ascoltati da una società che ha scelto di ignorare il problema, anziché affrontarlo di petto. Perché, masturbarsi in pubblico, può essere a tutti gli effetti un chiaro indice di un disagio psicologico, magari legato a una moltitudine di problemi relazionali e non.
Non esiste solo la faccia della medaglia per cui chi ama tenere il sesso nel proprio letto è un moralista, ma anche quella per cui chi sente l’impellente necessità di farlo uscire dalle mura domestiche (e dai pantaloni) ha bisogno di supporto e terapia. E non capirlo, rifiutarsi di riconoscere una patologia quando la si vede, come pure diffondere l’idea che chi vuole una società migliore sia bigotto, è solo sintomo di tanta strada da dover percorrere prima di diventare adulti. Magari un uomo, di quelli veri, che da grande renderanno migliore la società.


Giulia Mastrantoni
Da quattro anni collaboro all’inserto Scuola del Messaggero Veneto, scrivo per il mash up online SugarPulp e per la rivista dell’Università di Trieste Sconfinare.
Dopo aver trascorso un periodo in Inghilterra, ho iniziato un periodo di studi in Canada, ma, dovunque sia, scrivo.
Misteri di una notte d’estate, ed. Montag.
One Little Girl – From Italy to Canada, eBook selfpublished.
Veronica è mia, Pensi Edizioni.


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