DOCAS
Amo questa linea di Lisboa,
la riva che si stende lungo la sponda
destra del Tejo, e corre e cammina e pedala
e fluisce, parallela all’acqua,
come un secondo Rìo che l’accompagna
di vita, distesa al suo fianco.
Amo tutti i segni per terra, le frecce, i pallini bianchi,
lo scandire delle cifre dei km, le frasi che parlano del fiume
e che corrono come un fiume di lettere
e di parole vive, nel letto dei passi delle persone
che incrocio, e di tutte, nei loro sguardi
di ogni età, leggo giorni passati.
Amo la geometria delle gru in fila,
il carico dei loro uncini,
e la solitudine ammassata dei container in pila
chiusi nel sigillo di metallo del tempo di queste rive
e del loro confine, che traccia la trasformazione dei vecchi magazzini
del porto, in eleganti locali alla moda
popolati di bistrot e dei tavolini dei cafè.
Amo l’acciaio rosso del ponte del 25 de Abril
la sua altezza maestosa, sopra la doca de Alcântara,
la sagoma dei delfini sfuggiti al cemento dei suoi basamenti,
la vista verso il cielo sull’oceano, vestito di tramonto,
dalla terrazza della Cais do Sodrè,
e le luci in fila all’imbrunire, con gli aerei
che attraversano il cielo del ponte
in diagonale, nella discesa su Alfama.
Amo la vista delle colline dall’altro lato
del Rìo, la sponda benedicente,
e quella delle barche ormeggiate
ai bacini delle docas, con il cielo del loro
sàrtiame, nel contrappunto degli stralli del ponte;
.. e le bandiere che ondeggiano al vento e
lo schiaffo delle onde, al passaggio dei balsas,
che arrampicano d’acqua e del suo odore
salmastro, le sponde oblique del fiume.
Il vento, il rinfrescare dell’aria,
la Luna che poggia la sua esile falce nuova
bianchissima, sul ponente del Cabo da Roca,
dove estremo è il continente
e lo sguardo verso l’orizzonte.
Amo aver vissuto tutto questo
per poterne scrivere adesso,
ripensando ancora, al bianco di Belem,
e a quello accecante della prima mattina
del Campo de Santa Clara e dell’Arco
Grande de Cima fino alla vista di São Vicente,
e a quello stagliato di vedetta sulla storia
nello scorrere millenario del fiume,
che veste di gloria monumentale gli scopritori,
e di memoria lo spirito dei marinai portoghesi,
ammiragli di cartografia,
e di rotte tracciate per prime
in tutte gli oceani, dalla tua ultima riva
Tejo, da questa sponda salpati.
Vincenzo Mirra Nato a Napoli nel 1973, si è diplomato all'Istituto Nautico per poi laurearsi in Ingegneria Aeronautica ad indirizzo Spaziale. Alle passioni per la navigazione, il mare e l’astronautica, ha sempre aggiunto quelle per la letteratura, la scrittura di viaggio e di meditazione ed il teatro. È autore del blog letterario Beaufort, scritture al vento e taccuini di mare che esprime scritture di vario tipo e argomentazione, anche di natura sperimentale. Dal 2005 vive a Pisa, dove dal 2015 ha iniziato a frequentare corsi e laboratori teatrali, di recitazione, di lettura corale e di drammaturgia. Isole, AUGH! Edizioni. |
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