Gli scrittori della porta accanto

Monologo da Il gabbiano, di Cechov

Monologo da Il gabbiano, di Cechov

Palcoscenico Di Tamara Marcelli. Il monologo teatrale di Nina, dal dramma in quattro atti del 1896 Il gabbiano, di Anton Cechov.

Il gabbiano, di Anton Chechov, Einaudi, edizione 1997 cartaceo 8,50€

Anton Cechov. Drammaturgo e scrittore russo nato il 29 gennaio 1860. Cresciuto in una famiglia numerosa e problematica, studia medicina, ma da subito comincia a scrivere e ad appassionarsi alla letteratura. La sua doppia vita divisa tra arte e scienza lo caratterizzerà al punto tale da farlo emergere per la sua spiccata dote descrittiva dei personaggi.
La medicina è la mia moglie legittima, la letteratura la mia amante.
Ferocemente introverso, sfugge da qualsiasi etichetta. Ha la capacità di indagare e descrivere il decadimento della società del tempo, tra incontri, separazioni, addii. Una vena malinconica pervade i suoi scritti che sanno però stupire il lettore con brevi pause di ilarità, seppur contrita.
La sua attività di drammaturgo e scrittore è eccezionale, a partire dalla raccolta di novelle “Le fiabe di Melpomene” del 1884 a “Il gabbiano” del 1896, “La signora con il cagnolino” del 1898 e “Nel burrone” del 1900, solo per citarne alcuni. Nel 1897 durante una terribile epidemia di colera si dedica all’attività medica e al termine scrive il racconto “Mugichi”. Nel 1901 sposa una attrice di teatro di nome Olga, conosciuta durante il trionfo della rappresentazione de “Il Gabbiano” nel Teatro di Mosca. Altre celebri opere, la cui fama non ha bisogno di presentazioni, sono sicuramente “Il giardino dei ciliegi” del 1904, “Tre sorelle” 1901,  “Zio Vanja” 1899. Altre opere teatrali “Senza padre” del 1878, “Sulla strada maestra” dramma in atto unico del 1885, “Il canto del cigno” commedia in atto unico del 1888, “I danni del tabacco” atto unico 1889, “Tragico suo malgrado” dramma in atto unico e “Le nozze “ commedia in atto unico del 1889, solo per citarne alcune.
Malato, morirà in Germania durante un viaggio a Badenweiler, nei pressi della Foresta Nera, il 15 luglio 1904.
Le sue opere rappresentano un punto fisso, indelebile da cui partire e, spesso, a cui fare ritorno per ridimensionare il piano della vita a quell’Arte magnifica che vive sulle scene. In Teatro.
Le nostre sofferenze si trasformeranno in gioia per quelli che vivranno dopo di noi: la felicità e la pace scenderanno sulla terra e gli uomini ricorderanno con gratitudine e benedizione coloro che vivono adesso…
da “Le tre sorelle”

Monologo di Nina

Perché dite che baciavate la terra su cui ho camminato? Bisogna uccidermi.

[Si piega sul tavolo]

Ho sofferto tanto! Potessi riposare... riposare!

[Alza la testa]

Io sono un gabbiano... No, non c'entra. Io sono un'attrice. Ebbene, sì!

[Sentendo le risa dell'Arkadina e di Trigopin tende l'orecchio, poi corre verso la porta di sinistra e guarda dal buco della serratura]

C'è anche lui.

[Ritornando da Treplev]

Ebbene, sì... Non fa nulla... Sì... Egli non credeva nel teatro, non faceva che ridere dei miei sogni, e a poco a poco anch'io ho smesso di credere e mi sono perduta d'animo... E poi le pene d'amore, la gelosia, la paura continua per il piccolo... Divenni meschina, una nullità, recitavo assurdamente... Non sapevo che fare delle mani, non sapevo stare sulla scena, non controllavo la voce. Non potete capire la condizione di chi sente che sta recitando in modo orrendo. Io sono un gabbiano. No, non c'entra... Ricordate quando uccideste un gabbiano? Giunse per caso un uomo, lo vide e per ingannare il tempo lo rovinò... Un soggetto per un racconto breve... Non c'entra...

[Si strofina la fronte]

Di che stavo parlando?... Parlavo della scena. Adesso sono cambiata... Sono una vera attrice, recito con soddisfazione, con entusiasmo, mi inebrio sulla scena e mi sento meravigliosa. E adesso, da quando vivo qui, non faccio che camminare, cammino sempre e penso, penso e sento crescere di giorno in giorno le mie forze spirituali... Io adesso so, capisco, Kostja, che nel nostro lavoro, e non importa se recitiamo in teatro o scriviamo, la cosa più importante non è la gloria, non è lo splendore, non è ciò che io sognavo, bensì la capacità di sopportazione. Sappi portare la tua croce e credi. Io credo, e il mio dolore si placa, e quando penso alla mia vocazione, non ho paura della vita.

[TREPLEV , tristemente:  «Avete trovato la vostra strada, voi sapete dove andate, io invece vagolo ancora nel caos di chimere e immaginazioni, senza sapere per che cosa e a chi questo sia necessario. Io non ho fede, e non so quale sia la mia vocazione», tendendo l'orecchio]

Sst... Io vado. Addio. Quando sarò una grande attrice, venite a vedermi. Me lo promettete? E adesso...

[Gli stringe la mano]

E già tardi. Mi reggo appena in piedi... sono sfinita, ho fame...

[TREPLEV: «Restate, vi porterò da mangiare...»]

No, no... Non mi accompagnate, andrò da sola... I miei cavalli non sono lontani... Quindi lei lo ha portato con sé? Ebbene, che importa? Quando vedrete Trigorin, non ditegli nulla... Io lo amo. Lo amo ancor più che prima... Un soggetto per un racconto breve... Lo amo, lo amo con tutta l'anima, fino alla disperazione. Si stava bene prima. Kostja! Ricordate? Com'era luminosa, calda, felice, pura la vita, che sentimenti, sentimenti simili a teneri, leggiadri fiori... Ricordate?

[Legge]

"Gli uomini, i leoni, le aquile e le pernici, i cervi dalle maestose corna, le oche, i ragni, i pesci silenziosi abitatori dell'acqua, le stelle marine e tutti quegli esseri invisibili a occhio nudo, in una parola, tutte le vite, tutte le vite, tutte le vite, compiuto un malinconico ciclo, si spensero. Sono migliaia di secoli che la terra non porta su di sé una sola creatura vivente, e questa povera luna invano accende il suo lampione. Sul prato non si svegliano più gridando le gru, e i maggiolini non si sentono più nei boschi di tigli ... "

[Abbraccia Treplev impetuosamente e corre via attraverso la porta a vetri]


Tamara Marcelli


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