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Una giornata bestiale, di Vincenzo Carriero: incipit

Una giornata bestiale, di Vincenzo Carriero - incipit

Incipit #147 | Faceva insolitamente caldo quel giorno di dicembre. Diciassette gradi, pareva primavera.

Una giornata bestiale

Una giornata bestiale

di Vincenzo Carriero
Mainstream | Pulp
0111Edizioni
ebook 2,99€
cartaceo 14,00€



Le mimose del giardino della signora Anna erano già in fiore, non sembrava che stesse arrivando il Natale.
«Non esistono più le mezze stagioni» mi diceva la vecchia mentre andava su e giù per il terrazzo, stendeva i panni che sapevano di fresco, e si godeva il sole.
«Signò ma quali mezze stagioni, mò vene Natale» risposi mentre me ne stavo seduto sorseggiando il primo caffè della giornata, nero, amaro, bollente, bruciato; una vera ciofeca.
Mia moglie ha tanti pregi, devo dirlo. È una bella donna, ‘na pulitona, madre esemplare, cuoca discreta e grande amatrice. Ma o’ ccafè non è proprio arte sua. Tuttavia non posso farne a meno, devo prenderne almeno uno ogni giorno. Per me che soffro di stitichezza da quando ero bambino, il suo caffè rappresenta un vero toccasana. Meglio del bifidus actiregularis.
Anche quella mattina la bevanda aveva fatto il suo dovere, la mia pancia cominciava a brontolare. Mi congedai dal terrazzo con un gesto cortese della mano e mi barricai in bagno prima che ci entrasse mia figlia. Se mi avesse preceduto, sarebbero stati guai seri.
Cominciai a sfogliare il catalogo di Ikea, seduto sulla tazza del cesso mentre pensavo ai fatti miei.
Davo un’occhiata alle sedie svedesi dai nomi improbabili, pieni di consonanti. Non sono la fine del mondo ma costano poco. Prima o poi ne avrei comprata qualcuna, pensai, ne avevamo proprio bisogno.
All’improvviso il citofono si mise a trillare.
«Chi è?» disse mia moglie affacciandosi al balcone. È Automatico. Suona il citofono e lei va al balcone. Ormai ci ero abituato.
«Il postino, c’è da firmare!» disse il postino con nonchalance.
Due trilli, era il postino, dovevo aspettarmelo.
Quando sentii che c’era da firmare, che vi devo dire, ‘o fridd ncuoll’. Non era mai un buon segno, sarebbero state rogne. Mia moglie scese a ritirare la posta col cuore a mille mentre io me ne stavo sul cesso e origliavo trepidante.
«‘O ‘ssapevo, ‘na bella cartolina bianca… è arrivata Equitalia!» la sentii esclamare ad alta voce.
Accidenti, il mio presentimento si stava avverando. Se ci penso, a distanza di tempo, ci sto ancora male.
«Ma come, sotto Natale? Manco la decenza di aspettare? Fateci fare le feste in grazia di nostro Signore!» mia moglie provò a protestare perché già sapeva che quella cartolina mi avrebbe intossicato il capitone. Figuriamoci l’alberello di Natale.
«Signò che ci posso fare?» replicò il postino quasi a volersi scusare.
Quindi aprì la cartolina, sgranò gli occhi e, con la voce sommessa e le mani tremanti disse: «Mamma d’o Carmine, so’ quasi cinquecento euro, addio week end sulla neve.»

Il freddo addosso.

Poi, allargando le braccia con fare sconsolato, aggiunse: «Che ciorta, adesso devo disdire e perdo pure la caparra.»
Mi alzai dal cesso e andai a controllare; era giunto il momento di intervenire.
«Amò, mi sa che dobbiamo rimandare» le dissi con una faccia degna di un funerale mentre stringevo la malefica missiva fra le mani.
«Nun te piglià collera, tanto nun ce sta ‘a neve» disse lei mettendomi una mano sulle spalle. Poi passò oltre.
Se la prese con filosofia, fingendo che la cosa non la facesse soffrire. Si sforzò di non farmela pesare. In realtà si vedeva che ci era rimasta male. Era il regalo per il suo compleanno, un vero peccato dovervi rinunciare. Così si mise a lavare i piatti dandomi le spalle, fingendo di non curarsene più di tanto.
“Speriamo non stia piangendo” pensai, ma non ebbi il coraggio di andare a controllare.
Non vi dico il magone, avevo il morale a terra. Cinquecento euro sono una bella cifra da apparare al giorno d’oggi.
Le lanciai uno sguardo da orsacchiotto come per dire mi dispiace tanto, poi scostandole i capelli le sussurrai in un orecchio: «‘O ssaje ca te voglio bbene?» e la strinsi forte. Poi uscii fuori al balcone, dovevo prendere un po’ d’aria, mi veniva da vomitare.
Che jurnata ch’è schiarata” pensai; manco una cagata in pace mi avevano fatto fare.
Se lo sapevo non mi facevo trovare, non rispondevo al citofono, evitavo la notifica, perdevo tempo. Magari un giorno sarebbe andata in prescrizione, chi avrebbe potuto dirlo…? Fortuna, in questo caso inteso in senso ironico, quindi sfortuna.


Mettere insieme.

Guardavo la cartella esattoriale, la ripassavo fra le mani come se la volessi pesare, non ci potevo credere. Cinquecento euro per aver pagato l’INPS con un giorno in ritardo, di questi tempi che è un miracolo restare aperti.
«Tanto non me la darete mai la pensione, maledetti!»
«Site ggente senza core! Mannaggia ‘a morte!»
«Fanculo voi ed Equitalia!» cominciai a sbraitare contro un nemico immaginario che, se lo avessi avuto davanti, lo avrei fatto a pezzi.
Mi dovevo sfogare. Assolutamente. Com’è difficile uscire di casa per lavorare con uno stato d’animo del genere. Avevo voglia di tornarmene a letto, ero depresso. Scesi le scale lentamente, sforzandomi di non pensare; avrei fumato volentieri una sigaretta.
«Prima o poi riprendo il vizio» mormorai a testa bassa.
Feci i primi dieci gradini e mi resi conto che al peggio non c’è mai fine. Il rompipalle del piano di sotto mi aspettava fuori la sua porta come un segugio in mezzo al pianerottolo, con le mani sui fianchi. Indossava una vestaglia rossa a scacchi e due moppine per ciabatte. Mi venne quasi da ridere ma riuscii a trattenermi.
«Enzo per favore, l’aspirapolvere non la passare dopo le due, lo sai che devo dormire» disse con voce stridula.
Giuro, non ci vidi più dalla rabbia. Quello già mi stava sul cazzo. “Mò basta” pensai.
«M’è rutt’ ‘e palle» gli dissi «in casa mia faccio quello che mi pare.»
Scattai come una molla. La mia voce rimbombava nella tromba della scale come un tuono che annuncia la tempesta. Infatti… il tizio questo voleva sentire, aveva voglia di litigare, glielo leggevo negli occhi. Guardandomi con fare minaccioso mi disse: «Sei un maleducato!» e si fece rosso in viso mentre agitava l’indice della mano destra, teso teso. Aveva gli occhi stretti come le asole di una giacca.
Non ci vedevo più dalla rabbia, stavo per attaccare; quando mi viene la scippacentrella divento davvero una bestia e comincio a menare.
«La prossima volta che sali sopra, ti butto dalle scale» gli gridai contro agitando il pugno.

Quarta di copertina
"Una giornata bestiale" di Vincenzo Carriero, 0111edizioni, 2017.

Una giornata bestiale, un romanzo breve, truce, intimo. Un viaggio onirico attraverso le visioni del protagonista, il suo modo di vedere il mondo, la gente, il vizio, il peccato, la morte, ma anche l'amore. Una storia fantozziana dove sogno, incubo e realtà si confondono in una serie di avvenimenti grotteschi e reali al tempo stesso. Enzo, accompagnato dal suo angelo custode, un essere androgino dalla sessualità indefinita, percorrerà un viaggio interiore attraverso il quale affronterà le sue paure, i suoi incubi ricorrenti, i mostri che popolano la sua mente. Li guarderà in faccia, ne incrocerà lo sguardo, ne sentirà il tanfo. La cosa non gli piacerà affatto.

★★★★★

Il buon giorno si vede dal mattino, dicono, e un buon incipit e una copertina accattivante possono essere il perfetto bigliettino da visita di un libro.
Secondo voi, quante stelline si merita il biglietto da visita di questo libro?

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