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La vita davanti a sé, di Romain Gary: pagina 69

La vita davanti a sé, di Romain Gary: pagina 69

Pagina 69 #151 La vita davanti a sé, di Romain Gary, edizione Neri Pozza. Uno «di quei libri che sconvolgono l'equilibrio affettivo del lettore».

Disgraziatamente Madame Rosa subiva dei cambiamenti a causa delle leggi della natura che le si attaccavano da tutte le parti, le gambe, gli occhi, gli organi conosciuti come il cuore, le arterie, il fegato e tutto quello che si può trovare in persone molto consumate. E siccome non aveva l’ascensore, le succedeva di entrare in avaria tra un piano e l’altro e dovevamo scendere tutti quanti a spingerla, perfino Banania che incominciava a svegliarsi alla vita e a sentire che era suo interesse difendere la pagnotta.
In una persona i pezzi più importanti sono il cuore e la testa ed è per questi che bisogna pagarla più cara. Se si ferma il cuore, non si può continuare come prima e se la testa si stacca del tutto e non gira più bene, la persona perde i suoi attributi e non gode più della vita. Io penso che per vivere bisogna mettercisi molto presto perché dopo si perdono tutte le forze e regali non te ne fa nessuno.
Certe volte portavo a Madame Rosa degli oggetti che raccoglievo senza nessuna utilità, che non possono servire a niente ma fanno piacere lo stesso perché nessuno li vuole e li hanno buttati via. Per esempio, c’è della gente che in casa tiene dei fiori per un compleanno o anche senza motivo, per rallegrare l’appartamento, e poi, quando sono secchi e hanno perso il loro splendore, li butta nella pattumiera e se vi alzate presto la mattina li potete recuperare, ed erano la mia specialità quelli che si chiamano rifiuti. Certe volte i fiori hanno ancora dei residui di colore e vivono ancora un po’e io facevo dei mazzi senza preoccuparmi della loro età e li offrivo a Madame Rosa che li metteva in vasi senz’acqua, tanto ormai non serviva più a niente. Oppure fregavo bracciate intere di mimosa dai fiorai ambulanti al mercato delle Halles e tornavo a casa perché odorasse di buona fortuna. Camminando pensavo alle battaglie dei fiori a Nizza e ai boschi di mimosa che crescono in gran numero attorno a quella città tutta bianca che il signor Hamil ha conosciuto nella sua gioventù e di cui mi parlava ancora di tanto in tanto perché non era più lo stesso.



Quarta di copertina
La vita davanti a sé, di Romain Gary

Il colpo di pistola con cui Romain Gary si uccise la notte del 3 dicembre 1980 fece scalpore nella società letteraria parigina, ma non giunse completamente inaspettato. Eroe di guerra, diplomatico, viaggiatore, cineasta, tombeur de femmes , vincitore di un Goncourt, Gary era considerato un sopravvissuto, un romanziere a fine corsa, senza più nulla da dire. Pochi mesi dopo la sua morte, il colpo di scena. Con la pubblicazione postuma di Vie et mort d'Emile Ajar, si seppe che Emile Ajar, il romanziere più promettente degli anni Settanta, il vincitore, cinque anni prima, del Goncourt con La vita davanti a sé, l'inventore di un gergo da banlieu e da emigrazione, il cantore di quella Francia multietnica che cominciava a cambiare il volto di Parigi, altri non era che Romain Gary. A trent'anni di distanza dalla sua prima edizione, la Biblioteca Neri Pozza pubblica questo capolavoro della letteratura francese contemporanea. «Venti anni prima di Pennac e degli scrittori dell'immigrazione araba, ecco la storia di Momo, ragazzino arabo nella banlieu di Belleville, figlio di nessuno, accudito da una vecchia prostituta ebrea, Madame Rosa» (Stenio Solinas).

È la storia di un amore materno in un condominio della periferia francese dove non contano i legami di sangue e le tragedie della storia svaniscono davanti alla vita, al semplice desiderio e alla gioia di vivere. Un romanzo toccato dalla grazia, in cui l'esistenza è vista e raccontata con l'innocenza di un bambino, per il quale le puttane sono «gente che si difende con il proprio culo», e «gli incubi sogni quando invecchiano».


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