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Recensione: Fino a quando la mia stella brillerà, di Liliana Segre e Daniela Palumbo

Recensione: Fino a quando la mia stella brillerà, di Liliana Segre e Daniela Palumbo

Libri Recensione di Stefania Bergo. Fino a quando la mia stella brillerà, di Liliana Segre e Daniela Palumbo (Piemme). Un romanzo necessario, che parla ai giovani lettori non solo di Olocausto, ma anche e soprattutto di indifferenza e sensi di colpa. 

Fino a quando la mia stella brillerà è un romanzo scritto da Daniela Palumbo che ha raccolto la testimonianza di Liliana Segre, allora bambina ebrea deportata ad Auschwitz. Il romanzo è edito nella collana Il battello a vapore, destinato quindi ai lettori più giovani, dai 12 anni in su.
Pur raccontando il buco nero di umanità che ha sventrato la razza umana durante la seconda guerra mondiale, Fino a quando la mia stella brillerà è una lettura che racconta in punta di piedi l'orrore dell'Olocausto attraverso gli occhi e le emozioni di una bambina, Liliana Segre. Una bambina come tante, bambina in un passato nemmeno tanto lontano, bambina come si è bambini oggi — come lo è mia figlia. Con una vita spensierata di giochi, amici, studio, passioni, interessi, affetti. Una vita che troppo presto ha iniziato a perdere i contorni, frastagliati dalla grettezza di un nemico che non si è palesato subito. Ha iniziato il suo attacco in sordina, con le prime restrizioni, le prime leggi — razziali — assurde che limitavano la libertà di quegli esseri umani colpevoli di essere nati con un sentimento religioso differente.

Non si spiega perché, Liliana, quando a otto anni è costretta a lasciare la scuola della sua città, Milano — doveva frequentare la terza elementare.

Ma la cosa che più la ferisce è l'indifferenza delle sue compagne di classe, della sua maestra. Perché magari una bambina non capisce il senso delle leggi razziali, ma l'indifferenza la capisce benissimo. È qualcosa che piano piano penetra fino alle ossa, sgretola i sogni di una giovane mente, le sue aspettative, le illusioni che gli esseri umani siano come una grande famiglia in cui tutti ci si aiuta e tutti si protesta contro le ingiustizie subite anche da uno solo dei suoi membri. Ma l'umanità non è una grande famiglia, è solo un'accozzaglia di individui che vivono uno rasente l'altro e, al bisogno — il proprio — si voltano di spalle per non vedere.

Daniela Palumbo ha scelto con Liliana Segre di sviluppare la trama di Fino a quando la mia stella brillerà in un modo a mio avviso molto efficace, diretto, proprio pensando all'età dei giovani lettori.

Nella prima parte viene narrata, in prima persona, la vita di Liliana dalla sua nascita agli otto anni. La vita di una bambina benestante, circondata da amici e affetti. Una famiglia che crea il proprio futuro, il proprio benessere, mandando avanti una ditta tessile e una scuderia, chiamata Balilla. Una bimba che perde la mamma troppo presto, ma con un padre meraviglioso che fa attenzione a non farle mai sentire la mancanza pur alimentando il ricordo di una madre mai conosciuta ma viva, nelle sensazioni, nell'aria che si respira nella sua bella casa elegante. Una famiglia allargata, in cui vivono anche i nonni, paterni e materni, fonte inestimabile di conoscenze e saggezza. E in cui vivono anche Susanna e Caterina, a servizio dalla famiglia Segre cui si legano fedelmente con reciproca stima. Una vita normale, serena, fatta di scuola, vacanze al mare, giochi e storie raccontate in giorni di pioggia, arricchita dalle foto dell'album di famiglia. L'abilità di Daniela Palumbo sta proprio in questo, nell'accendere un riflettore su una vita comune, in cui tanti bambini potrebbero identificarsi, e nel mostrare come quel riflettore ad un certo punto — nella seconda parte di Fino a quando la mia stella brillerà — abbia iniziato a bruciare le immagini, cambiando tutto. Per porre l'accento su un dettaglio terribile ma da tenere bene a mente: potrebbe capitare anche a noi, nulla ci mette al sicuro dalla crudeltà, perché quello che è accaduto dopo non è la punizione per una colpa commessa, ma la decisione assurda di una mente malata.

Molti sono gli amici della famiglia Segre che cercano di fornire una via di fuga almeno a Liliana, offrendosi di nasconderla, pur sapendo di rischiare essi stessi. Perché i veri amici, leali, questo fanno.

E Liliana Segre li ricorda tutti, con un affetto profondo e nostalgico, annoverando ciascuno di essi tra i Giusti.
Ma nulla mette al riparo Liliana e la sua famiglia dalla furia nazista. E la bambina — nella terza parte del romanzo — finisce ad Auschwitz. Separata subito dal suo papà di cui non saprà più nulla. Ma proprio l'amore di e per suo padre sarà la sua salvezza, ciò che la terrà in vita per oltre un anno di detenzione. Anche se restare vivi all'inferno forse non è una vera salvezza, è solo un inspiegabile istinto di sopravvivenza.
Daniela Palumbo raccoglie i ricordi di Liliana Segre e li vomita su carta. Non sono fintamente edulcorati, ma sono racconti di un orrore vissuto da bambina e, si sa, i bambini sperimentano la realtà con un filtro, che poi si perde crescendo, che aiuta loro ad adattarsi alle situazioni, anche le più terribili, senza perdere la speranza e l'innato bisogno di leggerezza. Quindi sono racconti crudi, diretti come pugni allo stomaco, ma calibrati sulla sensibilità dei giovani lettori, cui comunque non si possono raccontare favole per sempre, perché la conoscenza di certi avvenimenti è necessaria per andare oltre e non permettere che si commettano ancora gli stessi errori.

La terza parte del romanzo si sofferma appena sull'esperienza di Liliana Segre ad Auschwitz, come se il racconto dell'orrore non fosse così importante. Perché quello che deve essere raccontato ai bambini è il dopo.

Un ritorno ad una normalità che non esiste più. Non esistono più le proprie cose, i propri affetti. Si ritorna ad una routine di gente che vuole andare oltre e fa di tutto per scordare l'orrore della guerra. Addirittura negarne lo spettro più spaventoso, l'Olocausto. Perché è difficile credere che l'uomo possa arrivare a tanto. O forse, più semplicemente, perché sapere che mentre qualcuno continuava a vivere una vita apparentemente normale poco più in là si consumava l'aberrante degrado della nostra umanità, rendeva tutti complici, gettava su tutti una coltre di senso di colpa. E non è facile guardare negli occhi i sopravvissuti e sentire che nessuna scusa sarà mai abbastanza.
I sopravvissuti stessi, per anni, non hanno parlato. Quasi tutti. Un evento di tale portata va sedimentato per decenni — forse non sedimenta mai —, metabolizzato e poi raccontato, rivivendolo. Si arriva al punto che il lacerante dolore del ricordo non supera più l'urgenza di far sapere al mondo l'ingiustizia subita, proprio per evitare che accada ancora. E quel punto a volte scaturisce da un incontro, da un amore, da un'amicizia che condivide lo stesso fardello. Come è successo a Liliana.
Fino a quando la mia stella brillerà, di Liliana Segre e Daniela Palumbo, è uno dei tanti libri sull'Olocausto, un romanzo da leggere insieme ai nostri figli più piccoli o da far leggere in solitudine a quelli più grandi, pronti ad accogliere le loro domande e il loro turbamento. Perché l'educazione degli adulti di domani passa anche attraverso la forgiatura della loro coscienza.


Fino a quando la mia stella brillerà

di Liliana Segre e Daniela Palumbo
Piemme, Il Battello a vapore
Narrativa per l'infanzia 12+
cartaceo 8,41€
ebook 5,99€

Sinossi
Una testimonianza rivolta ai ragazzi, unica e commovente, su uno dei passi più cupi della storia dell'Uomo. La testimonianza di Liliana Segre, raccolta da Daniela Palumbo, inizia con la sua infanzia felice a Milano con il papà Alberto. Le leggi razziali però cambiano per sempre la loro vita; fino alla fuga (fallita) in Svizzera. Liliana e il padre vengono arrestati e deportati ad Auschwitz. Liliana ha 13 anni. Sopravviverà, ma il papà non tornerà. Ed è proprio a lui che Liliana dedica questo libro, che prosegue con il racconto del campo, della salvezza e del ritorno a casa. Ritorno difficile, segnato dalla sofferenza del vissuto personale ma anche dall'indifferenza dell'Italia del primo dopoguerra. Una sofferenza che verrà mitigata solo dall'affetto di una nuova famiglia e dal ruolo di testimone che Liliana assumerà negli anni successivi, soprattutto nei confronti dei giovani, simbolo di un futuro di speranza.


Stefania Bergo


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