Libri Comunicato stampa. Serraglio Italia, un libro di racconti di Roberto Bugliani. Venti storie, personaggi reali e attuali, un unico luogo: l'Italia.
Serraglio Italia
di Roberto BuglianiSantelli Editore
Racconti | Narrativa
ISBN 9788832040081
Cartaceo 14,67€
Ebook 6,99€
La giornata sfortunata d’un lavoratore che si confronta con la propria condizione di cassintegrato; le disavventure d’un turista italiano e dell’amico olandese Chris nella selva amazzonica; due passi in compagnia di Quasimodo e del suo amore per la bella Irma; la parabola sessantottesca d’una nota coppia d’uomini politici soprannominati il Gatto e la Volpe; Arcangelo e il diavolo che fa le pentole ma non i coperchi; la più riuscita interpretazione d’un attore arabo di quart’ordine fuori dal set; Genova 20 luglio 2001; vicissitudini d’un giovane precario al tempo della flessibilità del lavoro; Silverio va ai baracconi; Quintilio e la scomparsa d’Ivanka; Oronzo, la globalizzazione e il rapinatore; un commissario della mobile milanese alle prese con la confessione d’un emigrante greco; il capitano Z. e la strategia della tensione negli anni di piombo; la lap dance ai tempi del Billie B.; la scommessa di don Gigino…
Una pagina in anteprima
La Volpe in realtà era un lupo. E aveva il muso, le zampe, il pelo, la coda di lupo. Ma lo sguardo, che è l'avamposto dell'anima, era di Volpe. Grammaticalmente parlando, si trattava d'una Volpe un po' speciale, una Volpe eccezionalmente declinata al maschile.
Il Gatto, invece, era proprio un gatto. Un banalissimo, insipidissimo, pedestrissimo gatto, che non vantava pedigree di persiano, d'angora o di siamese, ma se ne stava buono buono al suo posto, nel posto di compare in seconda assegnatogli dalla gerarchia politica del Partito in cui entrambi militavano. Sul piano intellettivo, il Gatto brillava della luce riflessa emanata dalla Volpe, anche se talvolta il suo solido buon senso prevaleva sulla furberia sempre in vena d'espedienti del partner, evitando a quest'ultimo di farsi trascinare nel vortice d'astuzie così lambiccate che nessuno riusciva a capire, e il cui ordito, al momento di tirarne i fili per trarre i benefici del caso, era la Volpe medesimo a ingarbugliare ulteriormente senza pervenire ad alcun bandolo. Insomma, le furbate della Volpe rischiavano ogni volta di rivoltarsi a suo danno, e di farlo finire prematuramente in pellicceria.
A quel tempo, al tempo in cui si dipana la nostra storia, ovverossia verso la fine degli anni Sessanta del secolo scorso, Volpe e Gatto andavano sempre insieme e formavano una coppia affiatata nella quale scaltrezze stratosferiche dell'uno e sensatezze terra terra dell'altro s'integravano in un tutt'uno granitico che faceva da barriera alle ondate ribelli di quegli anni scapestrati d'assalto al cielo. Una coppia alla Cip e Ciop, alla Gianni e Pinotto, alla Sussi e Biribissi, insomma, nelle definizioni sbertuccianti del Movimento.
Un giorno del dicembre 1968, che aveva preso a fare un freddo cane che il Gatto, avverso per natura alle metafore animalesche, preferiva chiamare freddo boia, e che le braccia scheletriche dei platani dei viali cittadini erano incamiciate da maniche di brina d'un candore austero, la Volpe e il Gatto varcarono il massiccio portone della Facoltà di Lettere incrostato d'antica storia baronale e di controstoria contemporanea vergata dalla vernice spray di bombolette proletarie. Attraversarono a passi felpati l'atrio semideserto, dove attempati signori in completo blu scuro compresi nel ruolo d'improbabili studenti fuori-corso stazionavano dinanzi alla bacheca degli esami leggendone con eccessivo interesse il calendario, e s'arrestarono prudenti sulla soglia dell'Aula Magna sguinzagliando i loro occhi spioni all'interno, dov'era in corso l'Assemblea Permanente di Lotta indetta dal Coordinamento studentesco.
Subito una bordata di fischi incattiviti accolse le loro facce lunari, e con urticante disappunto i due sodali non poterono fare a meno di notare la gigantesca allegoria affrescata sulla parete di fronte dall'estro artistico del Movimento, che mostrava i corpi dei due sfrigolare al fuoco delle loro abiure politiche infilzati nello spiedo d'acciaio della lotta di classe girato dalle mani callose d'un erculeo operaio della Saint Gobain.
- 'Sti stronzi -, sibilò inviperito la Volpe dinanzi a quella infernale raffigurazione che si proponeva come visione profetica del loro destino prossimo venturo.
- Andiamocene -, fece eco il Gatto, che cominciava ad avvertire nel fondo schiena un solletichio non propriamente piacevole.
E senza aspettare che quegli scalmanati passassero dai fischi alle vie di fatto, i due intrusi s'impegnarono in un solenne dietrofront, ma non prima che la Volpe atteggiasse le labbra nella sua consueta smorfia di sufficienza che gli aveva attirato l'odio a ventiquattro carati di tutto il Movimento.
- Facciamo un salto in Federazione? - propose il Gatto dopo aver guadagnato l'uscita, ringalluzzito dall'aria frizzante del primo pomeriggio.
- È presto. A quest'ora non ci saranno nemmeno i soliti quattrogatti -, rispose perentorio la Volpe, incurante del fremito indispettito che agitò i baffetti del socio per quel modo di dire tratto con troppa leggerezza dal mondo animale.
- Piuttosto, accompagnami al Garibaldi. Devo vedere un tale.
Era il Garibaldi un bar situato sull'omonima piazzetta antistante il lungofiume, che apriva la sua porta a vetri ripetutamente infranta da sampietrini e candelotti lacrimogeni alla composita fauna di studenti squattrinati e movimentisti, i cui caffellatte duravano interi pomeriggi. Per amor di completezza corre a questo punto l'obbligo di ricordare che, al termine d'anni di pesanti sconfitte lunghi come secoli, fu il Garibaldi stesso lo scenario della disfatta finale, allorché i farlocchi studenti fuori-corso nel loro solito completo blu scuro, obbedendo a ordini dall'alto, misero in circolazione tra i militanti del Movimento l'acido gratis.
Adocchiato dunque un tavolino addossato alla parete di fondo del locale, i due vi s'installarono guardandosi attorno con atteggiamento circospetto, perché meno si facevano vedere in quel luogo e meglio era, non soltanto per la loro incolumità fisica, ma anche per la loro reputazione politica. Il Gatto si dimenava senza posa sulla sedia di fòrmica e alluminio come se fosse seduto sui carboni ardenti, e benché morisse dalla voglia d'un bel frappé alla menta non osava chiamare il cameriere occupato a lustrare con indolenza il ripiano di mogano del bancone per non attirare l'attenzione di qualche studente che potesse chissà mai riconoscerlo, mentre la Volpe lottava spasmodicamente con se stesso per vincere la tentazione d'estrarre dalla tasca interna del montgomery ermeticamente abbottonato il giornale di partito e di mettersi a sfogliarlo per ammazzare il tempo. Quantunque l'attesa non durò in realtà che una manciata di minuti, dopo un tempo che parve loro infinito ecco un tizio segaligno imbozzolato in un eskimo verde bottiglia entrare a testa bassa nel bar e dirigersi a passo spedito verso la coppia. Senza accennare a un saluto si sedette di fronte alla Volpe e ordinò al cameriere un chinotto. Al che il Gatto si rincuorò e si risolse a chiedere l'agognato frappé alla menta. La Volpe invece, fedele al suo ruolo di capo integerrimo, non ordinò alcunché.
- Stamani ho parlato con il Gio' - riferì il tipo con l'eskimo a voce bassa, impostata sui toni del complotto, alla Volpe. - M'ha assicurato che il direttivo di Lotta Continua è propenso a espellere dall'organizzazione l'Erani per revisionismo. E che la sua espulsione provocherà sicuramente una scissione nel gruppo. I nuclei di Medicina, Biologia e Scienze Naturali sono schierati dalla sua parte.
- Moolto beene - sentenziò la Volpe con una punta di compiacimento nella voce, lisciandosi soddisfatto i baffetti ben curati. Poi, rivolgendosi al Gatto: - Vedi, è andata proprio come avevo immaginato. Conosco i miei polli, io! Puntare sull'Erani s'è rivelata la mossa vincente. Se avessi dato retta a te, invece, che volevi lasciarli cuocere nel loro brodo come capponi, non si sarebbe cavato il classico ragno dal buco.
Il Gatto abbozzò il rimbrotto com'era solito fare, si rannicchiò sulla sedia abbassando sconsolato il capo, gli occhi puntati su una macchia giallastra che contrastava colla graniglia color antracite del pavimento, e il lampo di fastidio che gli attraversò per un attimo le pupille era dovuto più alla pletora delle stramaledette metafore animalesche (i ragni, poi, gli facevano proprio schifo) con cui la Volpe aveva infiorettato il suo dire che alla ramanzina del compagno, alla quale era oramai avvezzo.
Roberto Bugliani
Nato alla Spezia, studi universitari a Pisa e anni d'insegnamento nelle scuole medie della mia città. Ha compiuto viaggi di studio e d'intercambio solidale in paesi latinoamericani, soprattutto Messico ed Ecuador, ed è stato collaboratore e redattore di riviste letterarie. Ha pubblicato il romanzo di taglio sperimentale Il decennio perduto. Romanzo da verificare (1994); le raccolte di racconti Zucchero e altri veleni (1995); Serraglio Italia (2018); Un'occhiata fuori (2018); il reportage Dove comincia il giorno. Viaggi in Chiapas e Guerrero (1999), e con Roberto Bertoni l'antologia poetica Voci di Liguria (2007).
All'attivo ha tre raccolte di poesie, Cronache con paesaggio (2001); Di quand'ero poeta (e non lo sapevo) (2009); Versi scortesi (2012). Dallo spagnolo ha tradotto i romanzi ecuadoregni La città addormentata di Alicia Yánez Cossío e Le croci sull'acqua di Joaquín Gallegos Lara; La danza del serpente del messicano Carlos Montemayor; i due tomi del Subcomandante zapatista Marcos Dal Chiapas al mondo, e il saggio di René Báez Messico zapatista.
All'attivo ha tre raccolte di poesie, Cronache con paesaggio (2001); Di quand'ero poeta (e non lo sapevo) (2009); Versi scortesi (2012). Dallo spagnolo ha tradotto i romanzi ecuadoregni La città addormentata di Alicia Yánez Cossío e Le croci sull'acqua di Joaquín Gallegos Lara; La danza del serpente del messicano Carlos Montemayor; i due tomi del Subcomandante zapatista Marcos Dal Chiapas al mondo, e il saggio di René Báez Messico zapatista.
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