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Recensione: Pietra di pazienza, di Atiq Rahimi

Recensione: Pietra di pazienza, di Atiq Rahimi

Libri Recensione di Davide Dotto. Pietra di pazienza di Atiq Rahimi (Einaudi). Un affresco che si fa universale e giudice implacabile del proprio tempo, da rileggere oggi per cercare di comprendere il dramma del popolo afgano di questi giorni.

Rileggere oggi Pietra di pazienza di Atiq Rahimi, scrittore nativo di Kabul e naturalizzato francese, è un modo per cercare di comprendere il dramma del popolo afgano di questi giorni. Non si può nascondere che le cose fossero già difficili e insostenibili, in una condizione di allarme e di guerriglia perenni, senza sbocchi.
Il romanzo è un affresco che si fa universale, coinvolge l'umanità intera puntando il dito su una natura che oscilla tra tutti gli estremi possibili, creando paradisi e inferni. Quando si parla di inferno, è di sicuro un luogo dal quale non è dato fuggire. Se vi si è imprigionati – chissà perché – sono proprio le persone più fragili a dar fondo alle proprie risorse, fino a ergersi giudici implacabili del proprio tempo.

Il romanzo racconta una storia fin troppo semplice. Un padre di famiglia giace immobile su quello che assomiglia a un letto.

Dell’uomo vi è una descrizione precisa, il corpo inerte domina la casa, il respiro computa le ore del giorno. È o era un eroe che combatteva inseguendo presunti ideali di libertà, sfumati nel corso di una volgare rissa. Una pallottola gli si è conficcata nella nuca.
Ogni cosa parla di lui, ma non di colei che se ne prende cura, vera protagonista e punto di vista principale.
Tutto è sommerso nel mutismo e dall'inerzia dell'uomo.
Atiq Rahimi, Pietra di pazienza
Il marito è una presenza ingombrante e inconsistente, quella della donna assume maggior spessore tanto più acquista coscienza di sé.
Non diversamente accade alle figlie, voci che si inseguono tra le stanze. Nel racconto non vengono mai inquadrate, salvo quando al lettore si mostra un viso dolce sotto la zazzera incolta. Della zia si dice che sia scomparsa, ma pure qui gioca l'assenza-presenza di uno spirito benevolo cui affidare le bambine, protette dalla guerriglia che ormai deflagra di casa in casa.

I nomi non identificano i personaggi.

Marito, moglie e figlie rappresentano ruoli ben definiti, dai quali non è consentito uscire. Sono rari i nomi perché pochi possono permettersi l’individualità cui essi conducono. Avere consapevolezza di sé significa aprire gli occhi e accorgersi dello spazio che si occupa, rendersi conto di essere un corpo e non un'anima silente.
Ci vuol poco per osservare con occhi nuovi quel che resta dello sposo, rapportarsi con un eroe che non si capisce per chi e cosa abbia combattuto, incurante di mettere a repentaglio se stesso, l’unica risorsa della famiglia.

Pietra di pazienza di Atiq Rahimi è un risveglio che apre la mente e la bocca.

È la ragione del buon senso che si sfoga, al di là di credi religiosi e di ideologie. È una saggezza che riporta le cose al loro ordine e alla loro misura. Se prendesse il sopravvento risparmierebbe parte degli strazi ai quali si va incontro.
Ti prometto che non lo lascerò mai più andare a combattere come un coglione. Neppure in tuo nome.
Atiq Rahimi, Pietra di pazienza
Si potrebbe pensare a un atto di ribellione, ma non lo è affatto. Se in quanto madre e moglie non ha contravvenuto al suo ruolo, il compagno di vita si è mostrato ottuso e inosservante dei suoi obblighi. Soprattutto ora che, ferito e immobile, richiede a essa un sacrificio spropositato.
Una rissa, insomma, un alterco tra guerrieri della medesima frangia ha fatto di lui un corpo incosciente.
Le invocazioni religiose, pur offrendo un momentaneo conforto, non si rivelano sufficienti.

Contravvenire ai doveri del proprio ruolo comporta a lungo andare una insostenibile asimmetria nei rapporti umani che nega una qualsivoglia reciprocità.

La quale si fa irreversibile se intrappolata in un credo religioso o trapiantata nella cultura di un popolo.
Che vuol dire divenire consapevole di ciò? Significa rendersi conto di sacrificarsi inutilmente, di essere una donna alla quale tutto è chiesto senza nulla restituire.
Nel mondo occidentale probabilmente vi sono molte possibilità di reagire, di trovare scappatoie, di rompere i rapporti, ma la situazione di fondo non appare diversa.
Sembra quasi che di fronte a una non equa distribuzione di potere e doveri vi siano due strade possibili: ridurre l’ambito dei propri doveri acquisendo e conquistando nella società più potere (e questo viene chiamata emancipazione) con tutti gli annessi e connessi; ridimensionare il potere altrui riportandolo a certi limiti insistendo sugli obblighi reciproci e, soprattutto, sul dialogo.

In Afghanistan le cose si complicano, ci vogliono mezzi oltre che coraggio nel conquistare un barlume di indipendenza.

In mancanza, la necessità e non l'amore spinge a consacrarsi alla famiglia e alle responsabilità che ne derivano, a rischio di porre su di sé pesi insostenibili.
Senza di te, non ho più nessuno, sarei stata allontanata da tutti.
Atiq Rahimi, Pietra di pazienza
Si giunge così al significato del titolo. La pietra paziente raccoglie la confessione dalla quale conseguono una coscienza nuova e scoperte urgenti e importanti. Pietra paziente è la donna quando raccoglie i pensieri e gli altrui sfoghi. È il marito inerte davanti al quale si erge dalle macerie della guerriglia. È uno svuotarsi al fine di guardarsi meglio, liberarsi, giudicarsi e giudicare.

Nella forma, Pietra di pazienza di Atiq Rahimi è un monologo teatrale con una scrittura in terza persona che ne accentua l’effetto.

La terza persona è l’occhio esterno che guarda e non si pronuncia. A farsi pietra paziente sono quindi anche il lettore, lo spettatore, destinati a frantumarsi nella misura in cui, silenziosamente, si lascia agire il significato di quanto ricevuto.
La donna non pensa di avere un pubblico. Non si esprimerebbe mai in quel modo se qualcuno potesse udirla. Forse perché, finché si ritiene invisibile, è persino inconcepibile, per lei, un dialogo con se stessa.
Caso più unico che raro, dal libro è stato tratto il film Come pietra paziente, della regia dell'autore stesso, Atiq Rahimi.




Pietra di pazienza

di Atiq Rahimi
Einaudi
Narrativa
ISBN 978-8806223205
Cartace 9,02€
Ebook 6,99€

Sinossi 

Una donna veglia un uomo disteso in un letto. L'uomo è privo di conoscenza, ha una pallottola in testa, gli ha sparato qualcuno per un futile motivo. In un paese che assomiglia all'Afghanistan, in un tempo che potrebbe anche essere oggi. La donna parla senza interruzione, come non ha mai fatto prima. Racconta al marito, finalmente presente e muto, molte storie che fanno la loro storia e quella del loro paese. Prima sussurra, poi grida, si adira, ha paura. Piange. E ancora sussurra, piano, dolcemente.Si prende cura dell'uomo e insieme lo rimprovera. Lo rimprovera di aver voluto essere un eroe, di aver preferito le armi e la guerra a sua moglie e alle figlie. Di non avere mai parole per lei. A poco a poco, escono dalla bocca della donna parole proibite, parole ribelli. Una finestra coperta da una tenda con uccelli migratori affaccia sul mondo esterno. Tutto intorno infuria la guerra. In un crescendo serrato la donna inizia a svelare al marito piccole furbizie e grandi colpe. Menzogne necessarie per non essere ripudiata con ignominia. Forse, un limite c'è anche per la sang-e sabur, la pietra di pazienza. Quella pietra che nella mitologia persiana si tiene accanto per confidarle tutto quello che non si può rivelare a nessun altro. Riversando su di lei i propri malesseri, sofferenze, dolori, miserie. La pietra ascolta, assorbe come una spugna, tutte le parole, tutti i segreti finché un bel giorno non esplode. E quel giorno saremo liberati.
Davide-Dotto

Davide Dotto


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