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Recensione: Vajont Sessantatré, di Tommaso Percivale

Recensione: Vajont Sessantatré, di Tommaso Percivale

Libri Recensione di Stefania Bergo. Vajont Sessantatré. Dalla montagna il tuono di Tommaso Percivale (Einaudi ragazzi). Un libro che è un’esortazione ai giovani, ma non solo, ben scritto ed emozionante. Tiene legati alle pagine con una prosa raffinata e le molte riflessioni che solleva.

È un libro dedicato ai giovani lettori, non ha il dettaglio di un saggio, quindi. Ma racconta, fedele alla realtà, la vita di Tina Merlin, indissolubilmente legata a quella della tragedia del Vajont, quella che lei ha chiamato “genocidio”, perché ha spazzato via la popolazione di un intero paese: Longarone. Quasi duemila vite spezzate da una colonna di fango e detriti nel giro di quattro minuti. L’epilogo di una serie di scelte sbagliate iniziate trent’anni prima, con un’ambizione senza scrupoli, quella di costruire la diga più imponente d’Europa, con l’avidità di chi ha pensato fin da subito solo al profitto.
Quante vite umane servono per ottenere un buon profitto? Nel Vajont, millenovecentodieci. Tommaso Percivale, Vajont Sessantatre. Dalla montagna il tuono

I personaggi del romanzo sono stati inventati per «rispettare l’intimità del dolore» dei superstiti. Ma il personaggio di Tina Merlin è tratteggiato come una biografia romanzata.

Nata a Trichiana, la sua storia inizia con una delusione, quella di non essere riuscita a prendere la licenza elementare per le numerose assenze, dovute, peraltro, all’aiuto che si è trovata a dover dare in famiglia, come molte bambine del suo tempo. Ma a lei rode troppo, perché il suo sogno è quello di scrivere, di diventare giornalista.
Appena adolescente, comincia a guadagnarsi da vivere andando a servizio, prima a Genova, dove viene trattata come una bestia da soma e derisa, poi a Milano, dove finalmente trova dignità anche nell’umile lavoro. E soprattutto dove ha l’opportunità di crescere e avvicinarsi al suo sogno, apparentemente spezzato da bambina. Perché per fare la giornalista serve soprattutto l’amore per la verità, che per lei sempre è «al servizio dei lettori e non si piega ai voleri dei potenti».
Rientra al paese e si ritrova la guerra alla porta di casa, scegliendo, quasi inevitabilmente per il suo spirito indomito, di essere una staffetta per i partigiani, di cui anche suo fratello fa parte. E poi continua anche a guerra finita, lei che «aveva la giustizia dentro», a dar voce a chi viene soffocato, ad alzare la testa quando gli altri vorrebbero che la tenesse china, perché «non si finisce mai di essere partigiani».
Aveva cambiato le armi, ma la guerra era la stessa. Tommaso Percivale, Vajont Sessantatre. Dalla montagna il tuono

La storia di Tina Merlin si intreccia a quella della diga del Vajont, dicevo. Tommaso Percivale racconta la genesi dell’opera, fin dalle prime intenzioni dell’ingegnere progettista Carlo Semenza, prima della guerra.

Racconta della SADE, la società senza scrupoli che ha sempre insabbiato i moniti contro la costruzione della diga, i rilievi e le relazioni dei geologi, i pareri dei montanari nati in quelle terre, che ben conoscevano la natura e lo spirito del Toc, il monte che è crollato nel lago artificiale causando l’ondata che ha travolto il Vajont.
Sì, era già tutto previsto. Perché c’è stato anche chi il lavoro lo ha sempre svolto con coscienza e professionalità integerrima. Come il figlio di Semenza, geologo, che ha cercato di persuadere il padre dal continuare con la messa in opera della diga per il pericolo di frana della montagna; come Tina, che ha informato coi suoi articoli e raccolto le paure e le ingiustizie disseminati nella valle come i sassi del Toc, e per questo si è beccata una denuncia per «procurato allarme» – poi assolta. Voci inascoltate o allontanate dal progetto in quanto scomode. Perché agli imprenditori della SADE è sempre interessato solo il profitto.
Appoggiata dall’allora governo, sedotto dall’imponenza dell’opera che ben rappresentava lo spirito fascista, la SADE ha agito sminuendo o ignorando sistematicamente gli allarmi di quasi trent’anni di impresa. Eppure, dice Tommaso Percivale, sarebbe bastata una sola decisione presa nella giusta direzione e Longarone non sarebbe stato sommerso dal fango. E il fango non sarebbe diventato tomba di millenovecentodieci persone.

Tommaso Percivale, autore di romanzi per ragazzi, ha una prosa elegante e incisiva, racconta emozioni ed eventi intensi evocando immagini nitide.

Le case disossate emergevano dalle acque come mani che implorano salvezza. Tommaso Percivale, Vajont Sessantatre. Dalla montagna il tuono
Lo fa soffermandosi sulle persone, sulle loro paure, sulla loro forza. E forse è l’unico modo per dare dignità alle vittime. Sono morti tutti insieme in quei quattro maledetti minuti, ma «quello che era accaduto non era una “tragedia collettiva”, come l’avrebbero chiamata poi, ma un dolore personale, intimo e segreto».
Un attimo prima avevano una casa, un lavoro, degli affetti, e un attimo dopo erano rifugiati in casa d’altri. Tommaso Percivale, Vajont Sessantatre. Dalla montagna il tuono
Come suona tristemente attuale…

L’epilogo è noto, quasi a tutti.

La SADE non ha mai pagato per tutte quelle morti, resta, per così dire, un assassino a piede libero. Ma resta anche l’insegnamento di chi ha sempre perseguito la verità e il bene comune e onorato la propria professione senza svendersi mai.
Vajont Sessantatré è un’esortazione ai giovani – ma non solo –, ben scritto ed emozionante. Tiene legati alle pagine con una prosa raffinata e le molte riflessioni che solleva.
«Rimboccatevi le maniche» ci grida Tina con a sua bella voce chiara. «Parlate, indagate. E non abbiate paura di fare la cosa giusta, mai.» Tommaso Percivale, Vajont Sessantatre. Dalla montagna il tuono



Vajont Sessantatré
Dalla montagna il tuono

di Tommaso Percivale
Einaudi ragazzi
Narrativa per ragazzi 12+
ISBN 979-1254580424
Cartaceo 11,40€

Sinossi

All'ombra della diga più alta del mondo si dipana una tela di imbrogli e segreti che nessuno ha il coraggio di svelare. Solo una giovane donna, figlia della montagna, ha la forza di scagliarsi contro i soprusi della SADE. «Quelli della diga» stanno devastando la vita e la bellezza del Vajont e non si fermeranno davanti a nulla. Con un passato da combattente partigiana, Tina Merlin sa che la forza della giustizia è capace di cambiare il mondo. Decisa ma riservata, schietta ai limiti dell'aggressività ma onesta fin nelle ossa, Tina è una giornalista vera, che indaga e denuncia. Le sue domande sono capaci di scuotere le coscienze, le sue parole sono pugnali che squarciano il muro della menzogna. Tina si schiera con l'anima e il cuore al fianco della gente del Vajont. Capisce che gli imbrogli dei signori della diga nascondono una minaccia mortale. Il disastro incombe e nessuno fa nulla per evitarlo. Quante vite umane servono per ottenere un buon profitto? Una storia di lotta, coraggio e rabbia, ai piedi di una montagna che guarda e vede, e non sarà capace di perdonare.


Stefania Bergo


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2 commenti
  1. potete cortesemente dirmi chi é agata e quale ruolo ha nella vicenda? grazie mille

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    Risposte
    1. Buongiorno!
      Agata è una vecchia proprietaria di terreni che la ditta costruttrice della diga vuole requisire (in modo più o meno lecito). È lei che chiede a Tina di scrivere la verità sull'operato della SADE, dandole lo stimolo per raccontare tutto ciò che sapeva.

      Stefania

      Elimina

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